Ora è finalmente ufficiale. Dopo 54 anni di gelo, Stati Uniti e Cuba hanno definitivamente ristabilito le relazioni diplomatiche, procedendo alla riapertura delle rispettiva ambasciate, nelle Capitali Washington e L’Havana. Questo importante passo avanti è un primo risultato tangibile del disgelo cominciato lo scorso 17 dicembre, con lo storico annuncio dato da Barack Obama e Raul Castro, anche grazie alla preziosa mediazione di Papa Francesco.
Per la prima volta dal 1961, la bandiera cubana è stata issata al dipartimento di Stato americano. Nel primo pomeriggio è prevista la cerimonia ufficiale alla rappresentanza diplomatica dell’isola a Washington, a soli 3 chilometri dalla Casa Bianca: presente il ministro degli Esteri dell’Havana, Bruno Rodriguez, che in seguito verrà ricevuto dal collega statunitense, John Kerry, prima di tenere insieme una conferenza stampa. È la prima visita ufficiale di un ministro degli Esteri dell’isola castrista dal 1959. Apertura senza fanfare, invece, per la rappresentanza americana all’Havana dove i diplomatici attendono il viaggio dello stesso Kerry, previsto tra qualche settimana, per far sventolare con tutti gli onori la bandiera a stelle e strisce. Nonostante i passi avanti tra Washington e l’Havana, restano diversi nodi da sciogliere, tra i quali il tema delle violazioni dei diritti umani da parte del regime castrista.
Inoltre, pesa la questione delle compensazioni per le proprietà americane confiscate dopo la rivoluzione cubana nel 1959 e sulle quali sono stati aperti quasi 6mila contenziosi negli Stati Uniti per un valore tra i 7 e gli 8 miliardi di dollari. Infine, Washington vorrebbe il ritorno in patria di diversi fuggitivi ricercati negli Usa, come un ex attivista delle Pantere Nere, Joanne Chesimard, sotto accusa per l’omicidio di un poliziotto nel New Jersey nel 1973 e riparato a Cuba nel 1984. Dall’altra parte, come è stato ribadito qualche giorno fa da Raul Castro, che ha chiesto l’intervento diretto di Obama, Cuba continua a spingere per fine dell’embargo economico, a cui gli Stati Uniti sottopongono l’isola centroamericana da più di cinquant’anni.
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