Sono 47 i rinviati a giudizio a Taranto per il disastro ambientale dell’Ilva. Dai fratelli Fabio e Nicola Riva all’ex governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, dal sindaco di Taranto, Ezio Stefano, all’ex presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, dagli ex direttori dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, al direttore dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato. La procura non ha risparmiato praticamente nessuno degli indagati per il disastro provocato dall’acciaieria tarantina. Rinvio a giudizio anche per le società Ilva, Riva Forni Elettrici e Riva Fire. Non fa sconti il G.U.P. Wilma Gilli rispetto alle richieste della Procura, chiudendo oggi l’udienza preliminare del processo “Ambiente Svenduto”. Prosciolto invece l’ex assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, che aveva chiesto il patteggiamento e per il quale i pm avevano chiesto la condanna. Condannato a 10 mesi anche monsignor Marco Gerardo, ex segretario dell’arcivescovo di Taranto, Benigno Luigi Papa. Il religioso aveva chiesto anch’egli il patteggiamento.
Il processo è nato dall’inchiesta giudiziaria che, il 26 luglio del 2012, portò il G.I.P. Patrizia Todisco, con l’accusa di disastro ambientale, a sequestrare senza facoltà d’uso tutta l’area a caldo del siderurgico di Taranto – altiforni, acciaierie, cokerie, parchi minerali -, nonché ad effettuare i primi arresti, tra cui quelli dei proprietari dell’Ilva, Emilio e Nicola Riva (Emilio è poi morto nell’aprile 2014). Oggi, dunque, dopo un anno di udienza preliminare e anche un tentativo della difesa di alcuni imputati di spostare il processo a Potenza (ma la Cassazione ha rigettato l’istanza), il G.U.P. Gilli ha deciso sulla sorte dei 52 imputati. Il verdetto del giudice dell’udienza preliminare ha posto un primo punto fermo nella vicenda che attiene l’Ilva del passato (gestione Riva), mentre i commissari Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba sono impegnati sui nuovi piani industriale e su quello ambientale.
Il leader di Sel Nichi Vendola, ex presidente della regione Puglia, commentando la sua richiesta di rinvio a giudizio ha rilevato: “Sento come insopportabile la ferita che mi viene inferta da un’accusa che cancella la verità storica dei fatti: quella verità è scritta in migliaia di atti, di documenti, di fatti. Io ho rappresentato la prima e l’unica classe dirigente che ha sfidato l’onnipotenza dell’Ilva e che ha prodotto leggi regionali all’avanguardia per il contrasto dell’inquinamento ambientale a Taranto”. Il ministro all’Ambiente, Gian Luca Galletti, non ha voluto esprimere giudizi e ha richiamato l’attenzione sul ruolo delle istituzioni per garantire un futuro all’azienda e alla popolazione del territorio. “Non spetta a noi commentare quello che fa la magistratura,ha detto. “La storia passata dell’Ilva, e non mi riferisco al processo, è una storia brutta e noi stiamo lavorando perché da questa storia brutta ne possa venire la migliore possibile date le condizioni. Ci stiamo impegnando perché l’azienda sia risanata dal punto di vista ambientale e possa continuare a vivere dal punto di vista industriale. Il che vuol dire, salvaguardare i posti di lavoro ma anche le persone che lavoreranno all’Ilva”.
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