L’ecstasy è una droga “poco diffusa ma, nella maggior parte dei casi, può uccidere anche alla prima assunzione”. Parla Simona Pichini, ricercatrice dell’Istituto superiore di sanità, che intervistata dalla DIRE torna sulla vicenda di Lamberto Lucaccioni, il 16enne di Città di Castello morto lo scorso 19 luglio all’ospedale di Riccione stroncato da un’overdose di ecstasy.
Intanto c’è da registrare la decisione del questore di Rimini, Maurizio Improta, di chiudere per quattro mesi la storica discoteca Cocoricò di Riccione, teatro della tragedia. “Tutti cercano questa droga, ma nessuno sa che può essere fatale- prosegue Pichini- soprattutto se assunta insieme all’alcol. E questo i ragazzi devono saperlo. La legge non basta più da sola e quello che c’è da fare, ora, è una convinta controinformazione rispetto a quella sbagliata che gira su internet“.
L’ecstasy può essere letale ma non è così diffusa. Quanti sono i giovani che ne fanno uso in Italia? “L’ecstasy fa parte delle droghe sintetiche, che sono sostanze di nicchia consumate in una percentuale veramente ridotta: gli adolescenti e i giovani adulti (fino ai 24 anni) che dichiarano di averla provata almeno una volta nella vita, infatti, sono all’incirca l’1%”. Quali sono, invece, le droghe più diffuse? “Certamente le droghe più diffuse non in Italia, ma in tutta Europa, sono la cannabis e la cocaina. Per quanto riguarda la cannabis, la percentuale dei giovani che ne fanno uso sale al 23%, mentre per quanto riguarda la cocaina la percentuale si attesta intorno al 5%-6%”. Tornando all’ecstasy, perché è così pericolosa? “C’è stato un periodo in cui questo tipo di droga aveva quasi smesso di girare. Adesso, però,è tornata in auge perché l’effetto è forte e a volte letale: i produttori, rispetto a cinque o sei anni fa, ne hanno infatti aumentato la concentrazione, con dosi 7/8 volte più elevate rispetto al passato”. Oggi esiste un mercato legato alle nuove droghe? “Assolutamente sì. In particolare c’è il mercato del cosiddetto ‘mordi e fuggi’, che consiste nel lanciare una nuova droga sfruttando l’utilizzatore come cavia. È la storia per esempio della piperazina, una droga andata tantissimo in Australia, che però faceva vomitare tutta la notte e quindi dopo un anno ha smesso di girare”. In poche parole è l’utilizzatore a guidare il mercato… “Praticamente sì. Io produttore lancio una nuova droga, ma poi è chi ne fa uso a decidere se quella droga è buona o meno. Se la nuova sostanza fa più bene che male, insomma, sarà lo stesso utilizzatore a non volerla più; se invece piace, la droga per un po’ starà sul mercato. In ogni caso si tratta di sostanze che, proprio per l’effetto che hanno sui neurotrasmissori del sistema nervoso centrale, dopo alcune volte che vengono assunte hanno un effetto più negativo che positivo. Alla fine, quindi, accade che queste droghe escano da sole dal mercato”. Quanto sono pericolosi i messaggi che veicolano attraverso il web? “Moltissimo. Ed è per questo, ripeto, che c’è bisogno di una controinformazione: su internet, infatti, sono molti i giovani utilizzatori che scrivono che quella droga ‘è forte’ e che gli ha fatto bene, incitando i loro coetanei a farne uso”. Cosa si può fare per arginare questo fenomeno? “C’è bisogno di un’informazione che sia continua e capillare. C’è poi anche la necessità di formare tutte quelle persone che lavorano nei locali da ballo: mi riferisco per esempio ai barman, che banalmente dovrebbero chiedere al ragazzo l’età. Non dimentichiamoci, infatti, che in merito ci sono leggi ben precise che dicono che ai minorenni l’alcol non va somministrato; così come a chi è già in evidente stato di ubriachezza”. Quanto ai ragazzi, come si può trasmettere loro un messaggio corretto? “In Europa, in particolare in Austria e Gran Bretagna, sono stati fatti molti esperimenti che hanno funzionato benissimo. La chiave è stata far trovare fuori dalle discoteche non lo spacciatore, ma piccoli camper con all’interno esperti che analizzavano le sostanze e mostravano ai giovani quanto fossero dannose. Attraverso un’informazione scientifica, infatti, è più probabile che si venga ascoltati”. In che modo l’Iss si impegnerà sul tema della prevenzione alle droghe? “In cantiere c’è già un progetto che proveremo a presentare a settembre, sulla stregua di uno realizzato qualche anno fa sull’alcol e che andò molto bene. Il nuovo progetto riguarderà proprio le droghe sintetiche o ricreazionali, quelle che si vendono in discoteca, per intenderci”. In cosa consisterà? “Nello specifico ha l’intenzione di formare il personale dei locali da ballo, oltre che di informare i ragazzi attraverso cartoline, audiovisivi e altri materiali che li possano stimolare in senso positivo”.
Carlotta Di Santo-Dire
Lascia un commento