La Cina ha svalutato di nuovo lo yuan, dopo una prima svalutazione avvenuta ieri. La banca centrale cinese ha fissato il tasso di cambio odierno a 6.3306 contro il dollaro, con un calo dell’1,62%. Lo yuan tocca un nuovo minimo da 4 anni, arretrando per il secondo giorno consecutivo ed assestandosi a quota 6,43 sul dollaro, dopo che la banca centrale cinese ha fissato il midpoint, il punto medio nei confronti del quale e’ consentita un’oscillazione giornaliera massima, a 6,330 contro il dollaro, sotto i 6,229 dollari fissati ieri.
La banca centrale cinese ha definito queste mosse una tantum, nel quadro di un nuovo sistema di gestione dei cambi che dovra’ far piu’ riferimento al mercato. “Attualmente – spiega la banca centrale – non ci sono le basi per un sostenuto trend di deprezzamento”. Tuttavia i mercati non gradiscono queste mosse, che di fatto mirano a sostenere l’export cinese e si teme l’avvio di una guerra valutaria. Lo yuan in due giorni ha perso il 3,5% del suo valore in Cina e circa il 4,8% sui mercati globali. A risentirne oggi sono la rupia indonesiana e il ringgit malese, ai minimi da 17 anni, mentre il dollaro australiano e quello neozelandese scendono ai minimi da sei anni.
I deludenti dati che arrivano dalla Cina e la notizia della svalutazione dello Yuan, si riflettono ovviamente anche sui mercati europei e questa mattina tutte le principali borse del vecchio continente hanno aperto in ribasso. Alla base di ciò, la paura di un nuovo periodo di instabilità e la paura di una nuova frenata dell’economia. A Milano la giornata si è aperta con un crollo di 2,5 punti percentuali. Giù anche il prezzo del petrolio, che scende al di sotto dei 43 dollari al barile, toccando i minimi da 6 anni a questa parte.
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