Meridionali che hanno fatto grande Torino. Sono tanti. E costituiscono straordinari esempi nel mondo della cultura, dell’economia, del lavoro, dell’arte e della musica. Purtroppo c’è chi per un atroce destino ha dovuto lasciare incompiuti tanti progetti. Persone geniali volate in cielo troppo presto. Come il gioiosano Franco Lucà, padre del mitico FolkClub, morto nel giugno del 2008 a Torino. A distanza di sette anni gli amici più stretti (a partire dal pittore Vincenzo Lucà) e i tanti estimatori, lo ricorderanno nella sua Gioiosa Jonica durante la manifestazione “Gioiosa Percussioni Festival”, inserita nell’ambito della terza edizione dei “Tamburi di San Rocco”, festival organizzato dall’Associazione Culturale Battente Italiana e dal Comune di Gioiosa Ionica, in collaborazione con il Comitato festa di San Rocco.
Il 27 agosto ci sarà la consegna del Premio Franco Lucà. Omaggio alla memoria di un talento gioiosano definito da Gabriele Ferraris su la Repubblica “l’intellettuale della musica, profeta del folk”. Con la sottolineatura: ”Le radici calabresi – era nato a Gioiosa Jonica e da ragazzo si era trasferito al Nord con la famiglia – non sono un mero dato anagrafico: come diceva una sua amica ed estimatrice, la folk singer Giovanna Marini, appartenevano alla «calabresità» di Franco la passione, l’entusiasmo, la cocciuta volontà che lo hanno guidato per tutta la vita, gli hanno consentito di realizzare un sogno che oggi è tra le realtà fondanti della cultura torinese”. Ancora Ferraris: “Il sogno si chiama Folk Club. Di per sé, poca cosa: uno scantinato vicino alla stazione di Porta Susa, un centinaio di posti a sedere e un palco minuscolo. Ma in vent’anni, su quel palco sono passati i più grandi musicisti: pure gente usa a frequentare palazzetti e teatri; che per lui, per Franco, e per la magia di quello scantinato, accettava di ritrovare una dimensione antica, un diverso contatto con il pubblico, e di rimettersi in gioco. Lì Vinicio Capossela ha inventato alcuni dei suoi concerti più sconvolgenti, lì è nata la stella di Gian Maria Testa, lì abbiamo ritrovato Pete Seeger e Donovan, e applaudito Irio De Paula e John Hammond, Eugenio Finardi e Teresa De Sio, Georges Moustaki e Odetta e infiniti altri. Da quattro anni, al Folk Club s’era affiancata la Maison Musique di Rivoli, un secondo tempio musicale che Lucà aveva riempito di fascini e d’irripetibili serate”.
Franco Lucà aveva tante idee in testa. Molte le ha realizzate. Puntava sempre sulle novità. Come l’Università della tradizione, il primo ateneo italiano della musica popolare. E proprio da Gioiosa Jonica, all’indomani della prematura scomparsa, è partita la proposta di intitolarla all’instancabile promotore che “per quasi quarant’anni è stato un motore di cultura, senza mai piegarsi alle fredde logiche del mercato. Lui, che di mestiere ha sempre fatto il perito assicurativo, era un magnifico folle, che accettava qualsiasi rischio, anche economico, pur di realizzare ciò in cui credeva”. Il successo non aveva modificato il suo modo di agire. Dopo il premio Tenco, ottenuto nell’ottobre del 2000, disse con molta semplicità: «Una grande sorpresa che mi dà un’ulteriore spinta a continuare su una strada tutt’altro che agevole». Era molto legato al paese dove era nato l’11 ottobre 1949. L’ultima sua visita in Calabria risale al 10 giugno 2007 per partecipare alla festa che il comune di Gioiosa Jonica aveva organizzato in onore del famoso direttore della fotografia Salvatore Totino, figlio di gioiosani e parente di Franco. Una serata voluta dal compianto sindaco Giuseppe Tarzia, durante la quale era emersa la grande tradizione culturale di Gioiosa Jonica, esaltata da Totino e Lucà. Un successo rilevante, oltre i confini nazionali. Un segno di positività, per coltivare anche la speranza dell’avanzamento economico e sociale.
L’intervento di Franco Lucà era stato molto limpido ed incisivo. Con un forte richiamo al valore delle radici. Da decenni in giro per il mondo, famoso, amico di grandi della cultura, di tanti big dello spettacolo internazionale, ma eternamente innamorato del borgo natio lasciato ad appena 10 anni. Aveva innanzitutto esaltato le capacità di Salvatore Totino, ricordando che si erano incontrati 16 anni prima a New York: “Conoscevo la sua testa; si vedeva che aveva cose belle dentro e questo presupponeva una crescita non indifferente. Così è stato”. Lucà faceva poi una riflessione sull’emigrazione e la dignità del lavoro dei calabresi. Un elogio agli onesti e ai coraggiosi: “Questo evento riconosce a tantissimi emigrati gioiosani radici così forti e così profonde da permettere loro di diffondere il nome di Gioiosa Jonica nel mondo, non come indice di malavita ma come indice di gente convinta di quello che fa, che si spezza la schiena fino a morire pur di dare dignità al proprio lavoro, alla propria storia e che, qualunque cosa succeda, non spezza mai queste radici che sono assolutamente profonde”. Questo accorato atto d’amore veniva apprezzato dal pubblico con un grandissimo e prolungato applauso.
Franco Lucà non aveva mai “spezzato le radici” con l’amata Gioiosa Jonica .Voleva infatti allestire per un mese, nel palazzo Amaduri dove il 27 agosto ci sarà la consegna del premio a lui intitolato, una mostra di parte della sua collezione di straordinari strumenti musicali della tradizione. Già esposta in due edizioni del Salone della Musica di Torino, la mostra ha poi avuto la sede definitiva nell’ex mattatoio di Rivoli. Il progetto era stato messo in piedi nel 2003 e aveva ottenuto la disponibilità del comune di Gioiosa Jonica e delle regioni Piemonte e Calabria. Precisate anche le finalità: “L’evento costituirà una originale attrazione culturale per tutta la regione Calabria, tenuto conto che Gioiosa Jonica è sede di una delle più caratteristiche ed antiche feste dedicate a San Rocco, con annesso ballo popolare, che richiama nell’ultima settimana di agosto almeno diecimila persone e coinvolge centinaia di musicanti e ballerini popolari d’ogni parte d’Italia. Occorre pure precisare che la presenza piemontese nel mese di agosto in occasione delle vacanze estive (ci sono splendide spiagge e mare pulito), tra il ritorno degli immigrati nativi e delle accresciute famiglie, è elevatissima e costituisce il raddoppio di quella residente stimata in circa 7000 unità”.
Il male incurabile non gli ha consentito di realizzare questo sogno. Un uomo forte. Per otto anni ha combattuto contro il tumore. “C’è qualcosa di prodigioso in quell’attaccamento alla vita che ancora l’11 aprile l’ha lasciato festeggiare al Regio i vent’ anni del FolkClub”, ha scritto la Republica. Davide Valfrè sottolineava: “Fino all’ ultimo non ha mai perso la lucidità. L’ultimo mese l’ha passato a organizzarci per proseguire il suo lavoro. Suo figlio Paolo a Rivoli, io al Folkclub. Mi ha consegnato la sua agendina segretissima con tutti i numeri privati degli artisti”. Una vita per la musica, raccontata in un libro molto interessante. Una lezione per quanti vogliono arricchire il loro patrimonio culturale attraverso inesplorate vie musicali. Dalla “sua Gioiosa” lontana geograficamente, ma sempre così vicina affettivamente, a 7 anni dalla morte un doveroso omaggio musicale. Franco è stato un innovatore illuminato. Un vanto per Gioiosa Jonica. Ha conquistato prestigio e stima in campo internazionale “con quella musica fatta per andarci dietro col canto e con le mani; fuori dalle mode, ispida e ruvida come la sua tempra calabrese”.
Domenico Logozzo
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