Una indagine “complessa”, in un contesto “di reticenze e scarsa collaborazione” ma che alla fine non ha impedito alla Polizia di Stato di Brescia di recuperare “arma” e mezzo usato “per commettere il reato”. È il caso dell’omicidio dei coniugi Seramondi, titolari di una pizzeria di Brescia, uccisi nei giorni scorsi: fermati i due presunti killer, un indiano e un pakistano. Il motivo sarebbe legato alle rispettive attività commerciali. Come spiega la Polizia in una nota, l’indagine è stata “collegata anche ai fatti risalenti al primo luglio 2015 data risalente al tentato omicidio di Corri Arben, dipendente dei due coniugi vittime dell’omicidio, si è svolta in un contesto di reticenze e scarsa collaborazione sin dal primo fatto”. Gli investigatori hanno avuto “l’abilità di ricostruire un quadro complesso senza alcun elemento collegabile ad attività criminali né comuni né tantomeno di criminalità organizzata che venivano pure ipotizzate per le modalità di esecuzione dei due episodi”.
L’attenta disamina dei filmati inerenti il duplice omicidio “permetteva di ricostruire le modalità sia precedenti che contestuali all’azione criminale. I due autori infatti giungevano alle ore 8.20 in via Valsaviore a bordo di un motociclo di piccola cilindrata, trovando immediato riparo all’interno di un negozio in disuso, precedentemente dato alle fiamme, locale dove attendevano per circa due ore il momento propizio per l’efferata esecuzione. Successivamente, alle ore 10 circa, venivano inquadrati dalle telecamere i due autori, completamente travisati, che con assoluta freddezza attraversavano a bordo del motorino il piazzale, entravano nel locale e senza esitazione esplodevano i colpi mortali nei confronti dei coniugi Seramondi, modus operandi analogo a quello utilizzato da criminali professionisti in altri contesti ambientali”.
Inoltre, è risultato “fondamentale anche l’intervento immediato della Polizia Scientifica di Milano in supporto di quella bresciana, che grazie al sopralluogo riusciva ad evidenziare le impronte di tutti coloro che nelle ultime ore avevano avuto accesso alla scena del crimine. Proprio uno di questi elementi permetteva di risalire a un cittadino indiano il quale apparentemente non aveva alcun collegamento con il contesto commerciale o di pregressa conoscenza con le vittime”.
Difficoltoso, continua la nota, “è stato anche il rintraccio di quest’ultimo di cui da tre anni non si avevano particolari notizie, ma che un’approfondita attività d’intelligence permetteva di localizzare in località Casazza di Bergamo, luogo in cui gli investigatori effettuavano appostamenti ininterrotti per oltre quattro giorni. Solo nella giornata di ieri si è trovata la chiave di volta di tutto il complesso e inconsueto scenario, allorquando gli investigatori appostati nei pressi dell’abitazione dell’indiano, notavano sopraggiungere l’autovettura intestata al cittadino pakistano. Immediatamente gli accertamenti su quest’ultimo mettevano in luce i collegamenti con la famiglia Seramondi. Infatti quest’ultimo cittadino pakistano, proprietario del negozio ‘Dolce e Salato’, risultava già essere stato denunciato per il danneggiamento a mezzo incendio dell’omonimo esercizio commerciale”.
L’intervento della Squadra Mobile “ha permesso di recuperare l’arma del delitto e il mezzo utilizzato per commettere il reato”.
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