La solenne Parata della Santa Russia in onore del Settantesimo Anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica contro il Nazismo

“Non dimenticate il contributo russo alla Vittoria. La scommessa di Hitler è stata una lezione terribile per tutto il Mondo. Ora la Storia ci chiama di nuovo ad essere vigili. La Vittoria continuerà sempre ad essere il vertice eroico della Storia del nostro Paese ma ricordiamo anche i nostri Alleati nella coalizione anti Hitler. Il […]

“Non dimenticate il contributo russo alla Vittoria. La scommessa di Hitler è stata una lezione terribile per tutto il Mondo. Ora la Storia ci chiama di nuovo ad essere vigili. La Vittoria continuerà sempre ad essere il vertice eroico della Storia del nostro Paese ma ricordiamo anche i nostri Alleati nella coalizione anti Hitler. Il Giorno della Vittoria è la nostra Festa comune. Poiché la Grande Guerra Patriottica è stata una vera e propria Battaglia per il futuro di tutta l’umanità. Ringraziamo i popoli di Regno Unito, Francia e Stati Uniti per il loro contributo alla Vittoria” (Presidente Vladimir Putin). Hurra! Risuonano i rintocchi dell’Orologio del Cremlino. È la Festa degli Stati Uniti di Europa con la Santa Russia. È la Festa di chi ancora crede nella Vittoria sul nazifascismo che oggi riesplode in una irriconoscibile Europa anticristiana, antisionista, antisemita e russofoba, dall’intelletto fuori sincrono con il proprio istinto naturale di sopravvivenza. È la Festa della Grande Vittoria sul Nazismo e sul Fascismo, quel 9 Maggio 1945, quando l’Europa riconquistò la Libertà nonostante la Guerra Fredda della Cortina di Ferro imposta dai Signori della Guerra nel “secolo breve”. È la Festa, quella del 9 Maggio 2015 nel Giorno della Vittoria sulla Piazza Rossa di Mosca, alle ore 10 locali (le 9 dell’orario italiano) con la Parata della Vittoria, che segna il definitivo spartiacque tra chi ama la Pace, la Democrazia, la Giustizia, lo Stato di Diritto e la Libertà, e chi ama lo stato di guerra mondiale permanente per rendere schiavi stati, popoli e nazioni della Terra, ad uso e consumo dei Warlords e delle oscure camaleontiche forze del male. La solenne imponente patriottica Parata della Santa Russia in onore del Settantesimo Anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica contro il Nazismo, è la Festa degli Stati Uniti di Europa che ancora non esistono. Il 9 Maggio è la Festa degli Europei liberi e forti (1945-2015), non del vecchio sterile Occidente che con infamia diserta il solenne invito della Russia. Il Ministro della Difesa Sergei Shojgu presiede gli onori militari sulla Piazza Rossa e dal Cremlino dà inizio alla Parata con il Segno della Croce sotto la sacra Icona russa del Cristo Risorto. L’Europa e gli Usa dei G7 non sono presenti a Mosca. È il loro giorno dell’infamia che peserà per sempre sulla Storia di questa vecchia Europa succube dei neonazisti, magari con la pretesa di sconfiggere gli islamisti senza la Russia e la Cina. Il 9 Maggio 2015 è finita l’Europa democratica della Bandiera Azzurra con le 12 Stelle dorate? Era una festa anche per noi Italiani quella di Mosca. Della nostra Vittoria sul male. Ma il regime Renzusconi-Mattarella ha fatto credere a 60 milioni di persone l’esatto contrario. Che da oggi quella Vittoria non è più la nostra. Che non ne abbiamo più diritto anche se dobbiamo continuare a festeggiare la retorica del 25 Aprile e del 2 Giugno. Per l’ennesima volta su RaiNews24 giustificano le sanzioni dell’Europa, assente a Mosca, contro la Russia, con la presunta “invasione russa dell’Ucraina”! Pura propaganda. Dove sono le prove? Chi ha invaso veramente l’Ucraina? Gli Usa o la Russia? Il 9 Maggio è allora la Festa degli Stati Uniti dell’Europa che non c’è. Non di Bruxelles. Non dell’euromoneta. Ma del Popolo degli Stati Uniti di Europa, ancora da svegliare! Perchè non ancora libero. Se in Italia non è un giorno di Grande Festa per la Vittoria contro Hitler e Mussolini, il Maggio di ogni anno, allora i politicanti italioti dovrebbero vergognarsi tutti. Nessuno escluso. Ignoranti senza cultura, senza memoria e senza storia, cioè senza futuro. L’Occidente voleva isolare la Russia? Ma a Mosca c’era tutto il resto del Mondo, a cominciare dalla Grande Cina che fabbrica i nostri computer e pad per il diletto dei nostri figli. Cioè il Nuovo Occidente sulla Terra. Quelli che conquisteranno il Cosmo. Sono giunti a Mosca i Presidenti di Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan. Inoltre hanno preso parte i leader di Cina, India, Sudafrica, Venezuela, Vietnam, Cuba, Repubblica Ceca, Slovacchia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Cipro, Zimbabwe, Mongolia, Palestina, Abcasia, Ossezia del Sud, il Segretario Generale Nazioni Unite e il Direttore generale dell’UNESCO. Il consigliere del Presidente russo, Yuri Ushakov, comunica che sono arrivati a Mosca circa 40 rappresentanti di Stati esteri. Adesso, cari Italiani, siamo la periferia museale estrema e selvatica del “Paese dei fuochi” dove le mafie e la corruzione dilagano nelle istituzioni preparando la strada agli islamisti tagliagole e tagliateste. È quello che meritiamo di essere insieme a Varsavia, Kiev, Vilnius, Riga e Tallin. La Russia, consacrata al Cuore Immacolato di Maria Santissima per espressa volontà della Madre di Dio, come dalla Madonna comunicato ai tre Santi Pastorelli di Fatima dal 13 Maggio 1917 in Portogallo, ha festeggiato in grande stile il 70mo Anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale e della sconfitta del Nazismo in Europa. È stata la più imponente Parata nella Storia della Russia, vi hanno preso parte quasi 16mila uomini, 200 mezzi di terra e 140 di aria. L’Italia dei retori del 25 Aprile e del 2 Giugno come celebra la sconfitta del nazifascismo? La Vittoria dell’Armata Rossa contro il Nazismo di Hitler nella Seconda Guerra Mondiale, i Russi la chiamano Grande Guerra Patriottica. Il momento più solenne delle celebrazioni è la Parata della Vittoria sulla Piazza Rossa di Mosca, il 9 Maggio di ogni anno. Riscrivere la Storia della Seconda Guerra Mondiale, come la propaganda russofoba va predicando in Europa e negli Usa, è uno degli strumenti per realizzare il pericoloso progetto di un mondo unipolare, di un Nuovo Ordine Mondiale senza la Russia. Alla Parata della Vittoria le vergognose diserzioni dei leader occidentali della Unione Europea e degli Usa, retori di pace, lavoro, giustizia, democrazia, prosperità, verità e libertà, sono unanimemente giudicate un’infamia all’Umanità e alla Pace sulla Terra. Il Nobel Mikhail Gorbaciov condanna le assenze dei leader occidentali come un “segno di disprezzo” verso chi ha combattuto subendo forti perdite e ritiene che la scelta della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, di andare nella capitale russa il 10 Maggio senza però assistere alla Parata, come del resto la “gattaiolata” del ministro italiano degli Esteri il 9 Maggio, sia frutto delle pressioni Usa. Furono 28 milioni i Caduti Russi nella Seconda Guerra Mondiale per sconfiggere il Terzo Reich con la conquista di Berlino. Il racconto del Presidente Putin, nell’attuale scenario geopolitico dell’Europa, con o senza gli Usa, rivela le due sfide del Vecchio Continente mentre il Mediterraneo affoga nel sangue di migliaia di profughi naufraghi delle guerre perse dalla Nato in Estremo Oriente: quella economica delle potenze emergenti dell’Asia e quella paramilitare dell’integralismo islamico popolare che invaderà anche l’Italia. Per poterle sostenere e vincere, è fondamentale avere la Russia dalla nostra parte. Occorre l’ingresso della Russia nella Nuova Nato attraverso il potenziamento del Consiglio Russia-Nato già esistente. È ridicolo pensare di risolvere le 101 emergenze planetarie senza o contro Mosca! Chi c’era a Mosca, ci sarà ancora e scriverà la Storia. Chi non c’era, macchiandosi di infamia, è destinato a guardare al passato, al nazifascismo, come valvola di sfogo politico-industriale per nuovi terribili conflitti europei su scala cosmica. Per il 70mo Anniversario della Grande Vittoria la Russia festeggia la più importante data della sua Storia del XX Secolo. Lo slancio della Festa mette in risalto il fatto che la memoria della Seconda Guerra Mondiale è una garanzia della Pace. L’Italia del 25 Aprile e del 2 Giugno che ama la Russia, ne è ben consapevole. I politicanti burocrati italioti che con il Fascistellum Italicum si apprestano a fare a fette la Costituzione della Repubblica Italiana, forse un po’ meno. Il Ministro della Difesa russo Sergei Shojgu presiede gli onori militari sulla Piazza Rossa. Dal Cremlino dà inizio alla Parata della Vittoria con il Segno della Croce, proprio sotto la sacra icona russa del Cristo Risorto. Quest’anno dopo la Parata, altre 250mila persone hanno portato le foto dei parenti che hanno combattuto in guerra: chi è stato ucciso, chi venne ferito, chi si espose al sacrificio per salvare i propri cari o per mettere in salvo soltanto degli sconosciuti. Sono le icone dell’eroismo del popolo russo, il trionfo del cittadino comune. Tra cui il papà di Putin. I Tricolori russi ornano i punti strategici della capitale. Dal Kutuzovskij Prospekt, la principale arteria in direzione Cremlino, sino alla Piazza del Trionfo, dove la statua del poeta Vladimir Majakovskij crea accanto agli stendardi la sensazione di un viaggio nella Storia. Putin si è messo alla testa della marcia: tra le mani, al pari di alcuni tra i 250mila partecipanti, un ritratto del padre che in quella Guerra ha combattuto per la libertà. Putin ha ringraziato il contributo dato dagli Alleati alla vittoria sulla Germania nazista. “La vittoria continuerà sempre ad essere il vertice eroico della Storia del nostro Paese – osserva Putin – ma ricordiamo anche i nostri Alleati nella coalizione anti Hitler. Ringraziamo i popoli di Regno Unito, Francia e Stati Uniti per il loro contributo alla vittoria”. L’ateismo di stato del comunismo sovietico è un lontano ricordo, per volontà della Santissima Vergine Maria. Può forse sembrare obsoleta, assurda e stridente la colossale Parata militare sulla Piazza Rossa per il 70esimo Anniversario della Vittoria russa sul Nazismo definito la “peste nera” del Novecento. Però quelle micidiali armi russe servono alla suprema Difesa della Russia contro le forze del male che sulla Terra sono vive e vegete. Sotto un cielo non così sereno come nel 2014, leggermente velato qua e là da qualche nuvola, sfilano 15mila soldati russi, 1.300 militari stranieri, 200 mezzi corazzati e 143 tra aerei ed elicotteri, nella più imponente Parata della Russia contemporanea. La maggior parte dei leader occidentali declina l’invito del Presidente Vladimir Putin e del Cremlino, dicono a causa della “crisi ucraina” evidentemente sceneggiata da Usa, Nato e Unione Europea in aperta innaturale espansione ad Est nei territori che furono del Patto di Varsavia. I cittadini europei ne sono consapevoli e sperano ancora nella Pace grazie alla Santa Russia di Putin in pectore Premio Nobel. Più della metà dei 68 leader mondiali invitati siede in tribuna. Dieci anni fa, per il 60mo Anniversario erano invece presenti 53 tra capi di stato e di governo. Tra i presenti del 9 Maggio 2015 spicca Xi Jinping, Presidente della Cina con cui il Cremlino ha stretto una partnership energetica, spaziale, militare strategica a tutto campo. Oltre a lui, i Presidenti di India, Sudafrica e Cuba, insieme al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon. Assente l’Italia degli Alpini e dei Bersaglieri, dei retori della Resistenza e dei riformisti da strapazzo che non avrebbero certo sfigurato alla Parata della Vittoria sulla Piazza Rossa! Ma tant’è. Agli ordini superiori si obbedisce come cagnolini, anche se il Popolo italiano, defraudato nel 2011 del proprio governo legittimo e sempre più offeso, umiliato e povero, la pensa diversamente. La Parata militare del 9 Maggio è per la Russia l’occasione di sfoggiare la propria sfolgorante potenza in quella che è una vera e propria vetrina dei più moderni mezzi militari russi. Il piatto forte di portata planetaria per la Pace, nella Sfilata è il carro armato T-14 “Armata”, nuova punta di diamante dell’esercito russo europeo nella Nuova Nato. Ma sono presenti anche numerosi altri mezzi corazzati nuovi di zecca e complessi missilistici in grado di annientare lo Stato Islamico in pochi secondi. Il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, non partecipa alla Parata ma depone dei garofani rossi sulla Tomba del Milite Ignoto russo ai piedi delle mura del Cremlino, qualche metro più in là di Putin, accennando un inchino nel ricordare i 28 milioni di Caduti russi nella Seconda Guerra Mondiale per sconfiggere il Terzo Reich. Cinquemila Russi hanno combattuto in Italia contro i nazifascisti. Ricordiamo il soldato Nikolaj Kartashov, ucciso dai nazisti sulla strada tra Teramo e Ascoli Piceno, come si legge nel Diario del compianto Don Giovanni Saverioni in Abruzzo. I Russi furono molti di più in Europa dei 184mila Americani che immolarono le loro giovani vite per la nostra Libertà. Il comunismo e la persecuzione contro i sacerdoti cattolici italiani operata da alcuni partigiani, ahinoi, ne eclissarono la memoria. In testa al gruppo, formato da ministri e capi di Stato e di governo, il Presidente russo Vladimir Putin. Accanto a lui il leader cinese Xi Jinping e il kazako Nursultan Nazarbaiev. Il 10 Maggio è la cancelliera tedesca Angela Merkel a deporre una corona di fiori al Milite Ignoto russo prima di essere ricevuta da Putin. “Non dimenticate il contributo russo alla Vittoria – rivela Putin – la scommessa di Hitler è stata una lezione terribile per tutto il Mondo. Ora la Storia ci chiama di nuovo ad essere vigili”. Le manovre per destabilizzare la Russia falliranno. Di chi è la Vittoria? Nel discorso dal podio d’onore sulla Piazza Rossa, durante la Parata militare, il Presidente Putin, che è il comandante in capo delle Forze Armate russe, invita a non dimenticare il contributo russo alla Vittoria, cosa che spesso il Cremlino ricorda al vecchio Occidente assente. “Abbiamo liberato dal Nazismo i Popoli europei – rimarca Putin – l’Urss ha dato il colpo più duro al nemico”, da Putin definito “forza oscura”. Il Presidente Putin chiede di osservare un minuto di silenzio per commemorare le vittime della Grande Guerra Patriottica, come i Russi chiamano la guerra dell’Armata Rossa, bambini compresi, contro i nazisti (1941-1945). Putin pronuncia un breve discorso di 10 minuti e si congratula con i Russi per la ricorrenza definita “santo giubileo”. Accanto a lui, in seconda fila, siede il Segretario Generale Ban Ki-moon. L’Italia non c’è. Ogni anno, dal 1965, il minuto di silenzio si osservava solo alle 18:55 dell’ora di Mosca in tutto il Paese, quando le tv federali trasmettevano il programma speciale “In memoria di quelli che sono morti per combattere il nazismo”. La tradizione oggi si arricchisce. Il leader russo riconosce il contributo offerto per la Vittoria da tutti i popoli che hanno combattuto Hitler, compresi Usa, Francia, Gran Bretagna e gli antifascisti di diversi Paesi, tra cui gli stessi tedeschi. E denuncia “i tentativi di creare un mondo unipolare”. Parole che possono essere interpretate come una critica nei confronti dei Warlords, i falchi della Terza Guerra Mondiale per spopolare la Terra alla maniera de Il Pianeta delle Scimmie. “Negli ultimi decenni – dichiara Putin – i principi base della cooperazione internazionale sono stati ignorati sempre più spesso”. L’ex segretario e presidente sovietico, Mikhail Gorbaciov, Premio Nobel per la Pace, critica l’assenza dei leader occidentali, parlando di un “segno di disprezzo” verso quanti lottarono contro il nazismo, frutto dalle pressioni americane. “Ignorare questa opportunità di mostrare la loro attitudine rispetto alla lotta intrapresa dall’Unione Sovietica contro il fascismo diventa un segno di disprezzo verso chi ha sofferto grandi perdite, verso lo sconfinato coraggio mostrato da questo popolo nel combattere la peste nera”, dichiara un Gorbaciov convinto che “sarebbe stato impossibile ottenere questa Vittoria senza la Russia”. Lo dimostra pure la serie fantascientifica americana “Star Trek Enterprise” negli episodi 1 e 2 della quarta stagione, nell’universo alternativo dove Hitler conquista la Casa Bianca a causa dell’assassinio di Lenin! La Parata del 9 Maggio 2015 è stata la più significativa nella storia della Russia moderna, con la partecipazione di oltre 16mila persone in divisa, fra cui 10 team militari stranieri. La Sfilata, composta in quattro parti, ha visto il dispiegamento di formazioni storiche, il passaggio di militari a piedi e meccanizzati, e di schieramenti aerei da parata. In totale, 200 unità militari, 143 elicotteri ed aerei, comprese le colonne con 200 automezzi. Altre cinquanta unità militari erano previste a sostegno in caso di guasti o imprevisti. La parte sostanziale della Parata era rappresentata dalle nuove attrezzature militari russe. Nelle varie prove svoltesi nei giorni scorsi molte di queste erano coperte da fodere. Ma il 9 Maggio in tutto il loro splendore le attrezzature militari di ultima generazione sono state osservate dagli spettatori per la prima volta nel Giorno della Vittoria, quando la Russia festeggia il Den’ Pobedy che, sia nelle scuole sia nella percezione comune dei cittadini, viene vista come uno scontro tra Russi e Nazisti, iniziato il 22 Giugno 1941 quando Hitler con l’Operazione Barbarossa, tradendo il patto con Stalin, lanciò l’invasione dell’Unione Sovietica insieme ai fascisti italiani della “peste bruna”. I manuali di Storia raccontano che la Grande Guerra Patriottica è parte integrante della Seconda Guerra Mondiale, ma tutti gli altri aspetti storici, dalla guerra in Europa iniziata da Hitler il 1° Settembre 1939 a quella contro il Giappone e allo sbarco in Normandia degli Alleati, vengono menzionati come eventi collaterali a quella che resta la Guerra e la Vittoria dei Russi contro il Nazismo. La capitolazione del Terzo Reich venne firmata con gli Alleati il 7 Maggio 1945 ma entrò in vigore alla Mezzanotte dell’8 Maggio 1945 quando in tutta Europa si celebra il Giorno della Memoria. L’Armata Rossa combatteva a Berlino, e Stalin volle rivendicare quello che considerava il contributo decisivo dell’Urss nella sconfitta di Hitler con una capitolazione senza condizioni che i Tedeschi dovevano consegnare ai Russi. L’Ammiraglio Keitel firmò la resa al Maresciallo Gheorghy Zhukov la sera dell’8 Maggio 1945, quando a Mosca a causa della differenza del fuso orario, era già il 9 Maggio. Per cui questa data è in verità quella ufficiale della Memoria della Vittoria per l’Europa insieme alla Russia. Il Giorno della Vittoria è diventato Festa soltanto nel 1965. Da allora è un giorno non lavorativo che comincia con una Sfilata militare in Piazza Rossa, e segue la coreografia della prima Parata della Vittoria, il 24 Giugno 1945. Le Sfilate si sono tenute solo ogni cinque anni nel periodo post-sovietico, ma negli ultimi tempi con il Presidente Putin sono diventate annuali. Agli ingredienti tradizionali dei festeggiamenti sono stati poi aggiunti gli incontri tra i veterani e i giovani nei parchi e nelle piazze, un palinsesto di film e concerti di classici sulla guerra e i magnifici fuochi d’artificio la sera. La Russia ha perso 28 milioni di vite nella Seconda Guerra Mondiale, pagando sul campo di battaglia il prezzo più alto di tutti. Negli anni post-comunisti la celebrazione della tragedia che ha colpito ogni famiglia russa, ha assunto anche toni di rivincita: la Vittoria totale su Hitler rimane il paradigma del ’900 russo non soggetto a revisione storica, ossia la cartina al tornasole dei fatti che oggi indubbiamente costringono a stare dalla parte dei giusti nelle “crisi” europee pilotate dalle forze oscure del male. La Parata poi assume a tutti gli effetti i connotati di un momento di unità nazionale europea e di autostima che resta intoccabile al dibattito per la risoluzione delle attuali guerre in corso sulla Terra e che commuove e riempie di orgoglio la stragrande maggioranza dei Russi, degli Europei occidentali e del Nuovo Occidente, Cina e India comprese. La Bandiera rossa della Vittoria, quella issata sul Reichstag, la Medaglia della Vittoria tempestata di diamanti meritata solo da una dozzina di Patrioti, la canzone “Giorno della Vittoria” eseguita da Lev Leschenko, la polenta distribuita da cucine da campo modello Anni ’40 nelle strade, dipingono ancora oggi una scenografia russa rimasta quasi immutata dall’epoca sovietica. Negli ultimi anni, sempre grazie a Putin, si sono aggiunti il nastrino nero-arancio dei reggimenti della Guardia d’onore, diventato l’emblema anche dei Patrioti filorussi nell’Est ucraino bombardati da Kiev. Neppure a Stalin, che dopo decenni di rimozione riappare su manifesti, fiancate di autobus e distintivi per commemorare la Vittoria sul Nazismo, vengono risparmiate critiche dallo stesso Putin che ha apertamente condannato i crimini commessi dal dittatore contro il Popolo russo. Tra gli eroi moderni della Vittoria dal 2015 ci sono i “bikers” Lupi della Notte che contano tra i loro fan anche Putin: con le loro Harley volevano marciare fino a Berlino, ma sono stati bloccati dalla Polonia che auspica un folle inasprimento delle sanzioni economiche contro la Russia. Perversi effetti nazionalistici che nel XXI Secolo minacciano tutte le libere istituzioni democratiche europee, compresi gli strumenti di difesa come la Nato ormai occupati da oscuri burocrati dal grilletto nucleare facile! I Lupi della Notte (Nochnye Volki) vennero fondati nel 1989 come primo club di motociclisti ufficiale nell’allora Urss. In 25 anni di attività hanno unito alla passione per le moto anche l’impegno sociale e, negli ultimi anni, politico. Nel 2012 ad un motoraduno da loro organizzato a Sebastopoli aveva preso parte anche Vladimir Putin. Nel 2014, nei giorni caldi del Referendum costituzionale legittimo, sono stati in Crimea per garantire la sicurezza della città e proteggere gli edifici ufficiali da possibili provocazioni dei militanti del Maidan. In occasione del 70mo anniversario della Vittoria stanno ripercorrendo l’itinerario dell’Armata Rossa attraverso Bielorussia, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Germania, fino a Berlino. Per questo motivo le autorità tedesche hanno revocato ad alcuni motociclisti il visto Shengen. È previsto un ricorso. Il Presidente Putin racconta sulla rivista “Russkij Pioner” dei suoi genitori durante la guerra, di suo fratello, delle incredibili coincidenze verificatesi durante la sua vita. I suoi genitori non potevano e non volevano odiare i loro nemici. “Mio padre non amava parlarne. Ma quando parlava e ricordava qualcosa con i suoi coetanei – osserva Putin – ero vicino. Ho tutte le informazioni sulla guerra e su quello che è successo alla mia famiglia grazie alle conversazioni tra gli adulti. Prima della guerra mio padre lavorava in fabbrica e viveva con la madre a Petrodvorets, vicino Leningrado (San Pietroburgo). Lì avevano costruito la propria casa. La fabbrica, dove mio padre lavorava, era militare, cosa che gli evitò la chiamata al fronte. Tuttavia – ricorda Putin – scrisse una lettera in cui chiedeva di combattere nel fronte. Lo mandarono in un’unità di sabotaggio. Era un piccolo distaccamento. Diceva che c’erano 28 persone, il comandante era un tedesco, cittadino sovietico, ma tedesco. Li mandavano dietro le linee nemiche per far saltare ponti, linee ferroviarie…Una volta uno di loro li aveva traditi. Giunsero in un villaggio, poi andarono via e quando fecero ritorno li aspettavano i nazisti. Di 28 uomini ne sopravvissero 4. Ventiquattro vennero uccisi. Li inseguivano attraverso i boschi, mio padre rimase vivo perché si nascose in una palude dove trascorse diverse ore, respirando attraverso una canna. Ha raccontato che mentre era nella palude, sentiva i soldati tedeschi che erano a pochi passi da lui…Era già l’inizio dell’Autunno, faceva freddo…In seguito vennero mandati nell’esercito regolare a Nevsky Pyatachok. Probabilmente era il punto più caldo di tutto l’assedio di Leningrado. Le nostre truppe – spiega Putin – mantenevano il controllo di una piccola base, 4 chilometri di larghezza e 2 di profondità. Doveva essere il punto da cui lanciare il contrattacco per rompere l’assedio. Tuttavia irruppero in un’altra zona. Ci furono combattimenti molto pesanti. Intorno alle alture veniva bombardata ogni cosa. I tedeschi sapevano che da lì sarebbe potuta partire una controffensiva, pertanto cercarono di cancellare Nevsky dalla faccia della Terra. Qui mio padre rimase ferito. La ferita era grave. Il resto della sua vita lo ha trascorso con delle schegge nella gamba. La pianta del piede non si piegava. I medici preferirono non toccare le piccole schegge per non frantumare l’osso. Hanno salvato il piede. Aveva una disabilità e in qualità di disabile di guerra gli diedero un appartamento. Naturalmente non subito dopo la guerra, ma quando già lavoravo nel KGB. Era il nostro primo appartamento non condiviso. Un piccolo appartamento con 2 camere da letto. Fu una grande gioia. Era rimasto ferito durante un raid alle spalle dei tedeschi: arrivarono in un bunker germanico, da lì, come disse mio padre, uscì un omone, li guardò…Non potevano alzarsi perché erano sotto il mirino. Quest’uomo tirò fuori una granata, poi un’altra e le gettò contro di loro…La vita è una cosa semplice. E crudele. Era già Inverno, la Neva era ghiacciata, era necessario attraversare il fiume e naturalmente non poteva camminare. Le possibilità di raggiungere i suoi compagni erano poche – ricorda Putin – in quanto la Neva veniva bombardata con l’artiglieria e le mitragliatrici. Casualmente si trovò proprio lì il vicino di casa. Proprio il suo vicino lo trascinò e lo portò in ospedale. Dove poi aspettò fino a quando non venne operato e disse a suo padre: “È tutto, ora vivrai, invece io andrò a morire”. Se ne andò. Mio padre credeva che il suo vicino di casa fosse stato ucciso. Solo negli Anni ‘60, non ricordo esattamente l’anno, incontrò il suo salvatore. Era entrato in un negozio per comprare da mangiare e lo vide. Una possibilità su un milione…Mia madre raccontava come andava da papà in ospedale, dove giaceva ferito. Avevano un figlio, aveva 3 anni. La fame, l’assedio…Mio padre le dava le razioni dell’ospedale. In segreto da medici e infermieri. Mamma le nascondeva e le portava a casa per dare da mangiare al bambino. Dopo mio padre cominciò ad accusare svenimenti per la fame, i medici capirono cosa stava accadendo e non la lasciarono più passare. Dopo le portarono via suo figlio. Per salvare i bambini dalla fame, venivano mandati negli orfanotrofi per ulteriori evacuazioni. Si ammalò lì, mia madre disse che si trattava di difterite, e non sopravvisse. Non sapevano dove l’avevano sepolto. Proprio l’anno scorso persone a me non conosciute, di propria iniziativa hanno lavorato negli archivi ed hanno trovato documenti su mio fratello. Nome, cognome, patronimico e data di nascita coincidevano. Era indicato il luogo di sepoltura: Piskarevsky. Era specificato anche il luogo preciso. Mio padre prese le stampelle e tornò a casa dopo che portarono via suo figlio, mia madre era rimasta sola e gli permisero di andare. Mentre si avvicinava a casa, vide che i medici portavano via i cadaveri dall’androne. Vide mia madre. Gli sembrava che respirasse. I medici dissero: “È ancora viva!” – “Morirà in strada – dicevano gli infermieri – Non sopravviverà”. Si scagliò contro di loro con le stampelle e li costrinse a riportarla a casa. Sopravvisse. Ed ha vissuto fino al 1999. Mio padre è morto alla fine del 1998. Sono nato tardi. Mia madre mi ha messo al mondo a 41 anni. Dopo la fine del blocco di Leningrado, si trasferirono dai genitori di mio padre nella provincia di Tver, fino alla fine della guerra vissero lì. Mio padre aveva 6 fratelli, 5 morirono. Erano morti i parenti di mia madre. Non c’era famiglia dove non era morto qualcuno. Ma non provavano odio per il nemico, cosa incredibile. Non riesco ancora a comprenderlo appieno. Mia madre diceva: “Che odio può esserci contro questi soldati? Erano persone semplici che morivano in guerra”. Queste parole le ricordo fin dall’infanzia”, racconta il Presidente Putin. La Parata della Vittoria nel 2015 coinvolge 27 città e quasi 80mila militari in Russia. A Mosca è sempre un evento senza precedenti. Quest’anno alla Sfilata delle truppe straniere con militari di 10 Paesi (per la prima volta, indiani, cinesi, serbi e mongoli), segue la Marcia dei rappresentanti di una ventina di reggimenti, accademie e flotte (tra le “new entry”, le cadette con il fiocco bianco nei capelli e i Cosacchi del Don), il passaggio dei mezzi e delle armi (con il debutto del missile termonucleare intelligente Yars, SS-27 secondo la classificazione Nato) e il sorvolo delle unità aeree e dei gruppi acrobatici. Per tutta la Capitale, mostre, concerti, spettacoli e “happening” coinvolgono le maggiori star della lirica, del pop e del cinema. Davanti al Teatro Bolshoi si danno tradizionale appuntamento i veterani, ormai pochissimi. Alla Sfilata ne sono stati invitati 2200, ma alla prova generale non c’erano. Dopo un gigantesco spettacolo in Piazza Rossa la serata si è conclusa con 10mila fuochi d’artificio che i Moscoviti accorrono ad ammirare sulle alture della città, tra i tavoli dei ristoranti sui grattacieli prenotati da mesi. Il nobile tentativo di invitare i capi di stato e di governo stranieri sulla tribuna d’onore della Piazza Rossa, il 9 Maggio 2015, è stato il principale desiderio della diplomazia russa negli ultimi anni. I risultati non sono stati consolanti per chi non vi ha partecipato. Per i Russi infatti il problema della loro assenza è un non-problema. Kiev si è rifiutata di mandare soldati alla Sfilata di Mosca e il presidente Petro Poroshenko ha chiaramente disertato (secondo il Cremlino, non è stato nemmeno invitato) perché ha preferito assecondare gli ordini superiori europei partecipando all’insensata sceneggiata retorica burocratica dell’8 Maggio, spacciata per le celebrazioni ufficiali europee della Vittoria sul nazifascismo. Se per l’Europa è un giorno di Memoria dei Caduti, tutti avrebbero dovuto onorare Mosca e la Russia, e non la burocrazia palaziale delle armi dispiegate oggi in Ucraina contro i Russi. Allora il messaggio politico del Giorno della Vittoria AD 2015 è chiarissimo. Secondo Putin i festeggiamenti sono un’occasione importante per ricordare che la Russia quando si difende è sempre vittoriosa. E che tentare di dimenticare la crisi economica e il folle isolamento internazionale imposto dai Warlords, è possibile con alleanze alternative: India, Turchia, Cuba, Palestina e Cina. La Vittoria totale sul Terzo Reich di Adolf Hitler, con la conseguente spartizione dell’Europa tra gli Alleati e Stalin prima e durante la Guerra Fredda, è stata per 70 anni la giustificazione delle rivendicazioni della Russia sui suoi stati satelliti che oggi invece considerano la Liberazione dai nazisti come l’inizio di un’altra occupazione, quella sovietica con la Cortina di Ferro, durata fino al 1989. La obsoleta Nato oggi sta militarizzando gli stati ex sovietici dell’Europa Orientale, minacciando direttamente Mosca. Perchè? Le interpretazioni ormai opposte della Storia coincidono con la spaccatura politica e, al di là dei dispetti diplomatici e dei ricordi storici, il Cremlino insiste sul suo ruolo fondamentale per la Pace in Europa e nel Mondo, cioè sulla corretta interpretazione della Seconda Guerra Mondiale, in senso antinazista e antifascista, per imporsi nella risoluzione della crisi ucraina e di tutti gli altri conflitti sulla Terra. Putin sa bene che oggi la Russia può fare la differenza per la Pace mondiale. Con o senza l’Unione Europea e gli Usa dei russofobi. Tra i numerosi eventi in programma per celebrare il Settantesimo Anniversario della sconfitta del Nazismo, in Russia uno non si terrà: la mostra di fotografi americani e britannici, dal titolo “Trionfo nella tragedia, alleati nella Seconda guerra mondiale”. Che a Ekaterinburg è stata cancellata. “Motivi tecnici”, spiega alla Bbc la direttrice del Museo di storia locale, Irina Evdokimova, “improvvisi problemi in un edificio molto vecchio”, la palazzina di fine ’800 dove si trova la galleria fotografica. “Siamo un museo statale, non possiamo scegliere quando fare i lavori”. Le foto erano già state appese e la manager della galleria, Raisa Zorina, è più esplicita nel dire che “bisogna sapere leggere tra le righe”. I Consolati di Regno Unito e Usa che avevano invitato 150 persone all’inaugurazione probabilmente non maneggiano bene l’arte della Memoria storica anche se si chiedono che fastidio potevano dare degli scatti storici di Robert Capa e Cecil Beaton nel raffigurare lo sbarco in Normandia e i campi di concentramento liberati, onorati da Putin. Che lo scorso anno partecipò alla grande manifestazione del 6 Giugno in Normandia, offrendo una Lezione storica a tutti coloro che oggi disertano la comune Memoria storica russa per la Pace in Europa. L’anniversario del 1945 è la nuova Grande Battaglia diplomatica del Cremlino. I cortesi rifiuti restano più numerosi delle adesioni? I mea culpa non mancano. Dei vip occidentali solo Angela Merkel ha deciso di volare a Mosca, ma il giorno successivo. Dopo anni in cui l’Anniversario era l’occasione per ricordare l’unico momento in cui Mosca, l’Europa e l’Occidente erano alleati, da mesi la diplomazia russa combatte la battaglia contro il revisionismo storico imposto dalla propaganda di neofascisti e neonazisti accademici e politicanti. Qualunque allusione al fatto che il prezzo della Vittoria russa sia stata la Guerra Fredda con il passaggio dell’Europa dell’Est sotto la mano comunista o alla spartizione della Polonia nel 1939 tra Hitler e Stalin, viene davvero accolta con furiose denunce di “falsificazione della storia”? E quando il parlamento di Kiev equipara il nazismo e il comunismo come due regimi totalitari che hanno occupato l’Ucraina, davvero il Cremlino grida al “sacrilegio”? La propaganda nazista non è mai defunta in Europa perchè mette in seria discussione la verità storica dei Vincitori. I frutti li abbiamo già visti con le decime di migliaia di morti nelle guerre dei Balcani, negli Anni Novanta del XX Secolo, quando i militari italiani in missione si ammalavano di radiazioni causate dal massiccio impiego di munizionamento americano a base di uranio impoverito, in piena Europa. La Russia deve mostrare al mondo la gloria della sua Vittoria per l’Europa nella Guerra che non a caso chiama la Grande Guerra Patriottica, un conflitto totale tra Russi e Tedeschi, cominciata nel 1941 con il tradimento operato da Hitler. Per l’opinione pubblica è intoccabile la Storia e ormai si sovrappone alla Guerra difensiva che la Russia combatte da sempre contro tutti i “disertori”. Se a Kiev governano i “nazisti aiutati dagli Alleati” del 1945, dovremmo tutti preoccuparci alla luce della Guerra nei Balcani quando la Russia preferì tacere nonostante tutto quello scempio che Papa Francesco ricorderà tra alcuni giorni. Se la Duma vara la legge contro la propaganda nazista, che ha già portato al sequestro dei soldatini in uniforme tedesca in un negozio di giocattoli di Mosca, e alla condanna di una giornalista di Smolensk che ha messo su Facebook la foto della sua casa ai tempi dell’occupazione, con una svastica, mentre nei Paesi baltici arrivano le truppe Usa per esercitazioni militari assurde quanto le “parate” in territori europei mai “liberati” dagli americani nel 1945, allora come Italiani dovremmo tutti temere il peggio. Non la Russia che sa difendersi molto bene. La russofobia, da sempre alimentata ad arte, in 200 anni ha già prodotto centinaia di milioni di morti in Europa. Se si parla addirittura di proibire tutti i film dove appaiono i nazisti, da “Schindler’s List” ai classici sovietici, e il governo russo ha già creato una commissione per “prevenire gli eccessi”, come quello della mostra di Ekaterinburg, è perchè l’Occidente non ha ancora fatto i conti con la Verità storica. Italia compresa. La fine della Seconda Guerra Mondiale non può essere ricordata sulla Terra senza o contro la Russia. Il Primo Ministro della Kirghizia, Temir Sariev, nel partecipare alle celebrazioni tenute a Bishkek, ha esortato i suoi concittadini a ricordare sempre le imprese e l’eroismo dei reduci e di chi ha lavorato nelle retrovie. Il Presidente della Bielorussia, Alexandr Lukashenko, ha dichiarato che le lezioni della guerra non devono mai essere dimenticate: “oggi vediamo che le tragiche lezioni sono state dimenticate, ancora una volta sta trionfando il diritto della forza piuttosto che la forza del diritto. Il mondo e l’Europa si stanno avvicinando a un limite pericoloso”. Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha inviato a Vladimir Putin un telegramma, congratulandosi con il presidente, il governo e tutto il popolo della Russia. A New York il consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente Usa, Susan Rice, parlando ai reduci della guerra, ha dichiarato che il mondo non dimenticherà mai l’eroismo e la storia delle generazioni vissute ai tempi della guerra: “a distanza di 70 anni da questa svolta cruciale, noi stiamo ricordando il sacrificio di coloro che hanno dato la loro vita per un futuro migliore. Sul Fronte orientale i popoli di Russia, Ucraina, Bielorussia e di tutte le ex-repubbliche dell’Urss subirono le perdite più gravi”. Secondo Susan Rice, “la comunità internazionale continuerà a ricordare il Giorno della Vittoria, affinché la sua Memoria non sparisca facendo gioire il male che vive in questo mondo”. Se, come sembra, il vecchio Occidente sta facendo un errore cercando di isolare la Russia di Putin, disertando i festeggiamenti europei del 70mo Anniversario della Vittoria, allora tutti devono temere le oscure forze del male. La scelta di non essere presenti a Mosca, è prima di tutto una mancanza di rispetto al contributo decisivo della Russia alla Vittoria su Hitler nel 1945. Il sangue versato dagli 11 milioni di soldati russi per una causa che è anche la nostra Europea, merita ben altra considerazione. Quello che i nostri politicanti, produttori e registi cinematografici stanno facendo è un errore di prospettiva imperdonabile. Quella tribuna d’onore vuota sulla Piazza Rossa, il 9 Maggio 2015, senza il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella i cui altisonanti discorsi per il 25 Aprile e il 2 Giugno risuonano nello spaziotempo, sulla quale di fianco a Putin siedono il Presidente cinese, il Presidente indiano e gli altri leader dell’Asia, non certificano certo l’isolamento della Russia. Certificano semmai il fallimento degli euroburocrati, della vecchia Europa, degli Usa e dell’obsoleto Occidente museale, in preda al panico per i propri “derivati” pompati a più non posso nell’economia mondiale! Nell’attuale scenario geopolitico l’Europa, con o senza gli Usa, ha di fronte due sfide, quella economica delle potenze emergenti dell’Asia e quella paramilitare dell’integralismo islamico popolare, alimentato dai Warlords e dai trafficanti di esseri umani. Per poterle sostenere e vincere, è fondamentale avere la Russia dalla nostra parte. Amica dell’Italia. Occorre l’ingresso della Russia nella Nuova Nato con basi militari russo-italiane condivise. Perché allora isolare la Russia di Putin? Cui prodest? È ridicolo pensare di risolvere le 101 emergenze planetarie senza o contro Mosca! Questo ci ricordano la leggendaria bandiera della Vittoria e la bandiera della Federazione Russa, mentre il gruppo della Guardia d’onore del Reggimento Preobrazhensky sfila presso il comando militare e la tribuna cerimoniale con i veterani e gli ospiti. Poi inizia la parte aviaria della Parata aperta dal bombardiere strategico Tu-160M. Ben 15 tra MiG-29 e Su-25 dipingono sul cielo di Mosca il numero 70. Si esibiscono le famose pattuglie acrobatiche dei “Russian Knights” e “Swifts”, formati da 5 Su-27 e 4 MiG-29; quindi gli 8 caccia intercettori pesanti MiG-31. Seguono i bombardieri Su-25 sm, Su-34; i caccia Su-27 e MiG-29; il gruppo di 8 caccia bombardieri Su-34 e 8 bombardieri Sukhoi Su-24M; gli 8 caccia multifunzionali Su-30 e Su-35, alle loro spalle 5 MiG-29 SMT modernizzati. I piloti dell’Aviazione russa mostrano il rifornimento in volo di diversi tipi di aerei: il bombardiere strategico Tu-160, la coppia di bombardieri Su-34, sotto l’ala del rifornitore IL-78 la coppia di bombardieri Su-24 e di caccia intercettori MiG-31. Segue la coppia di bombardieri strategici supersonici Tu-160 “Cigno Bianco”. Volano gli elicotteri d’attacco Ka-52 “Alligator”, i migliori al mondo di questa classe. Dietro di loro segue la pattuglia acrobatica di elicotteri Mi-28N “Cacciatore Notturno”. In cielo si vedono anche 5 elicotteri Ansat-Y e, per la prima volta, sopra la Piazza Rossa gli elicotteri da trasporto e combattimento Mi-35M. Segue il gruppo di elicotteri da trasporto Mi-26 e di 4 elicotteri Mi-8AMTSH. Quindi gli elicotteri da combattimento e trasporto Mi-8MTV5. Chiude la Parata dei mezzi militari il blindato di prospettiva a ruote con la piattaforma Boomerang, con in vista le bandiere delle Forze Armate della Federazione Russa. In marcia si muovono in colonna, il sistema di difesa aereo missilistico Pantsir-S, i sistemi di difesa missilistici aerei S-400 “Triumph”, le cui caratteristiche non hanno eguali al mondo, costituendo il grosso della cintura di difesa russa tra Europa e Asia. Come osserva Eugenio Roscini Vitali, Colonnello dell’Aeronautica Militare Italiana in congedo, sulla Rivista Italiana Difesa, “secondo quanto dichiarato dal CEO dell’agenzia per le esportazioni di materiale militare Rosoboronexport, Anatoly Isaikin, e pubblicato dalla testata moscovita The Moscow Times, Cina e Russia hanno sottoscritto un contratto per la fornitura di un numero non precisato di sistemi missilistici mobili superficie-aria (SAM) S-400 Triumf (SA-21 Growler). Per Rosoboronexport la Cina diventa così il primo partner estero ad acquisire questo tipo di sistemi d’arma, fino ad ora riservati alle forze armate russe. Progettato da Almaz-Antey Concern come versione aggiornata del popolare S-300, il Triumph è prodotto dalla MKB Fakel, azienda di Stato con sede a Khimki che dal 1953 realizza sistemi missilistici superficie-aria per la Difesa, dall’S-75 Dvina (SA-2 Guideline) entrato in servizio nel 1957, a tutta la famiglia S-300 (SA-10 Grumble, SA-12 Giant/Gladiator, SA-20 Gargoyle), passando per l’S-200 Angara/Vega/Dubna (SA-5 Gammon), l’S-125 Neva/Pechora (SA-3 Goa) e il 9K33 Osa (SA-8 Gecko). L’S-400 – spiega il Col. Eugenio Roscini Vitali – è stato disegnato come sistema d’arma capace di intercettare e colpire aerei da guerra e missili da crociera e balistici che volano ad una velocità da 0 a 4.8 km/s (17.000 km/h, Mach 14), con limite assoluto di 5 km/s (18.000 km/h, Mach 15). Il sistema risponde in meno di 10 secondi e può individuare fino a 36 obiettivi contemporaneamente in un raggio che va da 40 a 400 km, distanza definita in base al tipo di missile utilizzato (9M96E 40 km; 9M96E2 120 km; 48N6 250 km; 40N6 400 km). Isaikin non ha reso noti i particolare del contratto, ma nel Novembre scorso il quotidiano Vedomosti aveva già anticipato l’affare in un articolo nel quale venivano riportate voci secondo cui Pechino si era espressa favorevolmente all’acquisto di sei battaglioni S-400 per un costo totale di 3 miliardi di dollari”. Il Cremlino aveva annunciato nel Giugno 2014 il rischieramento di sistemi di difesa aerea S-400 Triumph (SA-21 Growler) in Kamchatka. “Secondo quanto dichiarato dal portavoce della Flotta del Pacifico, Roman Martov – osserva il Col. Eugenio Roscini Vitali – le batterie mobili verranno assegnate ai reggimenti della Divisione anti-aerea che opera nell’estrema Russia orientale. La notizia, pubblicata dall’agenzia di stampa RIA Novosti, precisa che, per quanto riguarda la preparazione dei reparti, le unità di Difesa Aerea di Petropavlovsk-Kamchatsky hanno già effettuato un periodo di addestramento presso il Centro di Gatchina, base aerea delle Forze russe a sud di San Pietroburgo. Entro il 2014 la Russia dovrebbe equipaggiare altri due reggimenti con sistemi missilistici SA-21 Growler, unità che si andranno ad aggiungere a quella di Petropavlovsk-Kamchtsky e alle sei già operative nell’oblast di Mosca, nella regione orientale di Primorye, di fronte al Giappone, nell’enclave sul Baltico di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania, e nel Distretto militare meridionale. Entro il 2020 dovrebbero essere 28 i reggimenti dotati di S-400, ognuno dei quali organizzato in due o tre battaglioni muniti di quattro sistemi d’arma ciascuno”. Sulla Piazza Rossa sfila anche il sistema di difesa aerea missilistica “Top M2U”, progettato per respingere un massiccio attacco aereo del nemico. Al posto del carro armato T-90 entra poi in scena il famoso tank Armata che diventa il principale carro armato dell’esercito russo. “Dopo l’apparizione del T-14 Armata alla Sfilata del 9 Maggio 2015 sulla Piazza Rossa a Mosca – osserva Fabio Ragno, Colonnello dell’Esercito Italiano in Ausiliaria, sulla Rivista Italiana Difesa – alcune precisazioni sono necessarie. In primo luogo riguardo la sagoma, che appare del tutto diversa rispetto al draft apparso un po’ ovunque ed in qualche modo “ufficializzato” dalla stampa russa. In realtà la torretta non si presenta affatto piatta ma ha un profilo decisamente di tutto rilievo ed è sormontata da una piccola torretta secondaria in cui, come riporta l’agenzia russa “Sputnik”, è alloggiata una mitragliatrice da 7.62 mm manovrata a remoto. Questo dunque è l’armamento secondario che non comprende, al momento, il cannoncino da 30 mm e una mitragliera da 12.7 mm. Il condizionale però è d’obbligo perché il T-14 Armata è destinato a riservare altre sorprese. Come riporta infatti l’agenzia “Tass” in un’intervista a Vyacheslav Khalitov (vice AD del gruppo costruttore “Uralvagonzavod”), con la denominazione “Armata” dev’essere inteso il prototipo di una piattaforma suscettibile di sviluppo sia per i carri sia per altri veicoli da combattimento”. Sic! “Possiamo impegnarci in ogni progetto – rivela Khalitov – perché abbiamo creato una piattaforma universale con una varietà di configurazioni, e questo ci permette di montare sullo chassis qualsiasi speciale allestimento o armamento”. È possibile quindi che il carro visto sfilare sulla Piazza Rossa non sia la versione-base definitiva. “Per conoscerlo – rivela Fabio Ragno – si dovrà attendere probabilmente fino al prossimo Settembre, quando si terrà a Nižnij Tagil, negli Urali, la 10ma esposizione internazionale Russia Arms Export 2015”. Il nuovissimo carro da combattimento MBT (Main Battle Tank) T-14 Armata è una novità importante: sarà in grado di alterare gli attuali equilibri di forza nel mondo? Secondo il giornale tedesco Stern, “il germanico Leopard-2 e l’americano M1-Abrams sono stati sviluppati 35 anni fa. Hanno subito numerosi aggiornamenti, ma le loro caratteristiche di base non differiscono molto dal progetto iniziale. Il T-14 Armata è il primo carro di costruzione realmente avanzata”. La questione in effetti si presenta in questi termini. “Ogni armamento – rileva Fabio Ragno – per quanto abbia valide caratteristiche ed aggiornamenti, è comunque destinato a una inevitabile obsolescenza dovuta alla continua evoluzione tecnologica ed alla superiorità che possono acquisire gli avversari. Nel caso di un mezzo complesso come un carro da combattimento, l’evoluzione non si limita infatti soltanto al miglioramento della capacità offensiva (l’armamento principale, il cannone) o protettiva (la corazzatura, l’ingombro della sagoma), ma riguarda anche le capacità motoristiche e di mobilità (motori a turbina o policarburante, il consumo, la velocità), l’hardware e il software di bordo, l’armamento antiaereo, antimissile e controcarro nonché, in vario grado, le diverse capacità prestazionali (superamento di corsi d’acqua e pendenze, capacità e celerità di tiro in movimento, trasportabilità, tempistica nella sostituzione di motore, cingoli e ricambi, e queste solo per citarne alcune) un insieme di elementi per i quali non sempre è sufficiente supplire con kit di ammodernamento”. Come si presenta il T-14, dato che in assoluto è il più recente tra i carri da combattimento? “Come riporta la rivista britannica IHS Jane’s colpisce innanzitutto la modernità del design, che presenta una linearità essenziale e nell’insieme, almeno in apparenza rispetto agli omologhi carri occidentali (M1A2 Abrams, Leopard-2, Challenger-2, Leclerc, Ariete, Merkava IV), un certo contenimento della sagoma. L’equipaggio è composto da 3 uomini ed è alloggiato nella parte frontale dello scafo in quella che viene definita una cellula di sopravvivenza corazzata multistrato, con visione all’esterno attraverso un doppio sistema panoramico di telecamere. La torretta, piatta e vuota, assieme alle armi, è manovrata da remoto. È provvista di un cannone di nuova generazione da 125 mm a canna liscia (mod. 2A82-1M) cui è attribuita una precisione di tiro superiore del 15-20 percento rispetto al modello precedente (2A46M) montato sul carro base dell’Esercito russo T-72/90. Inoltre, sembra che il T-14 possa essere dotato di un nuovo cannone da 152 millimetri, mai montato finora su un carro da combattimento. Riguardo il caricamento, il sistema è interamente automatizzato (fino a 32 proiettili, su una riserva di 45 colpi di varia tipologia), così come l’acquisizione dell’obiettivo, il puntamento e la regolazione del tiro in funzione del movimento e della velocità del carro”. Le sorprese della torretta del T-14 però non finiscono qui. “Come armamento secondario, perlomeno come appare in alcune realizzazioni grafiche, sulla torretta sono montati in senso coassiale un cannoncino da 30 mm per la difesa contro gli elicotteri o velivoli lenti ed una mitragliera da 12,7 mm per tiro contro fanterie nemiche e obiettivi vicini, capace anche di intercettare proiettili o razzi anticarro rilevati a mezzo radar Doppler fino alla velocità di 3 km/secondo. L’armamento secondario è comunque variabile in relazione ai diversi allestimenti (carri IFV, APC o ARV), potendo anche risultare di 2 mitragliere coassiali e di 1 cannoncino oppure una mitragliatrice ed un cannoncino, oltre a due sistemi di missili guidati anticarro Kornet-EM. Venendo alla corazzatura – ricorda l’Ufficiale – anche qui sembra siano stati compiuti importanti passi in avanti. Secondo un report dell’US ARMY – FMSO (Foreign Military Study Office, pag. 51-53), la corazzatura multistrato passiva del T-14 è realizzata in acciaio sottoposto a processo di rifusione sotto scoria (ESR) abbinato a nuovi materiali compositi, in grado di proteggere da ogni lato il carro contro il munizionamento più avanzato e le mine. In aggiunta, il T-14 è anche dotato di una protezione attiva denominata “Afganit”, capace di fermare missili o proiettili anticarro non intercettati dall’armamento difensivo”. Secondo la valutazione finale nel report FMSO, “si tratta di un sistema di difesa attivo anche verso attacchi dall’aria. La versione più recente dell’elicottero Apache non ha garanzia di distruggere un T-14 con i propri missili. La difesa attiva copre l’intera sagoma della torretta a vari livelli, assicurando una completa protezione delle componenti più importanti del carro”. Sostanzialmente, com’è del resto logico che sia, la valutazione pragmatica degli statunitensi si focalizza su quello che certamente è l’aspetto per loro più rilevante, cioè la capacità di colpire e distruggere il potenziale avversario, come del resto i progettisti russi, a loro volta, nello sviluppare il T-14, hanno valutato le minacce rappresentate dai mezzi occidentali, la cui situazione è questa. “Il carro più diffuso è l’americano Abrams nelle varie versioni (M1, M1A1 e M1A2) prodotto nell’arco di un trentennio in oltre 9.000 esemplari, di cui circa 8.000 per l’Esercito Usa. Subito dopo si colloca il Leopard 2 prodotto in circa 3.500 esemplari che si trovano però, a differenza dell’Abrams, quasi interamente schierati nel teatro europeo. Quindi il Challenger 2 britannico, in circa 400 esemplari, il Leclerc francese, circa 860 esemplari, la metà acquisiti all’estero, e l’italiano Ariete, in circa 200 esemplari”. I carri Abrams e Leopard 2, cioé il grosso dello schieramento occidentale, sono stati finora ritenuti superiori al carro russo T-90. Ora, in che modo è destinata ad evolversi la situazione? “Viste le anticipazioni, il T-14 viene unanimemente considerato un mezzo con caratteristiche superiori ma, altrettanto unanimemente, viene anche detto che il T-14 deve prima dimostrare il suo valore sul campo, in senso non metaforico ma reale, dato che anche le più severe sperimentazioni possono non evidenziare problematiche di vario genere che si estendono poi anche ad altri settori. Ad esempio la nuova versione M1A2 dell’Abrams, con i successivi rafforzamenti della corazzatura, ha raggiunto le 62 tonnellate (l’M1 iniziale ne pesava circa 56), determinando consumi abnormi di carburante e una conseguente riduzione dell’autonomia, imponendo un’adeguata logistica di aderenza che, in qualche modo, ne limita comunque l’operatività. L’Esercito russo sembra comunque non avere nessuna riserva sul progetto T-14, tant’è che dallo stesso chassis (“universal platform”), come si è detto, sono già in allestimento le varianti IFV (Infantry Fighting Vehicle), APC (Armoured Personnel Carrier) o ARV (Armoured Recovery Vehicle)”. Il piano di produzione è già avviato ed entrerà a pieno regime nel 2016 con una produzione annuale di 500 carri T-14, per arrivare entro il 2020 a creare una forza corazzata di 2.300 nuovi carri da combattimento T-14. “Sempreché non vi siano nuove sorprese. Come infatti riporta “Russia Today”, il progetto del T-14 Armata già prevede la sua evoluzione in un mezzo da battaglia interamente robotizzato”. A Mosca il 9 Maggio 2015 sfila anche il carro armato di ultima generazione T-90A, in grado i distruggere target terrestri ed aerei a grande distanza. Passano i mezzi militari moderni. In testa la colonna di carri armati Tiger e Kornet-D. Sulla Piazza Rossa passa il mito della Grande Guerra Patriottica: il leggendario carro armato T-34. Il mondo lo ha riconosciuto come il miglior carro armato del periodo bellico. Sfilano le Guardie d’onore della divisione “Dzerzhinsky” del ministero dell’Interno della Russia, dell’Accademia della Protezione Civile della Russia e dell’Istituto di Mosca delle Guardie di frontiera dell’FSB. Quindi i più giovani partecipanti alla Parata: i sorridenti allievi della Scuola Militare “Suvorov” e dell’Accademia Navale “Nakhimov”. Presso la tribuna passano il reggimento delle truppe ferroviarie e il battaglione combinato delle truppe di difesa nucleare, chimica e biologica, corpo che nell’Aprile 1986 partecipò alle operazioni di soccorso alla centrale nucleare di Chernobyl. Marciano i marinai di Sebastopoli. La Flotta del Mar Nero è rappresentata dagli ufficiali e cadetti della Scuola Superiore Navale “Nakhimov”. Quindi il reggimento composito delle truppe aviotrasportate: i paracadutisti sono equipaggiati con l’attrezzatura da combattimento “Ratnik”, complesso modulare di protezione, comunicazione, navigazione e di fuoco, da incutere timore a Rambo! Marcia il reggimento delle forze di difesa aerospaziale. L’Accademia Militare Aerospaziale “Mozhaysky” è il principale centro di formazione e ricerca per gli specialisti che si occupano del lancio dei missili della famiglia “Angara”. Le forze strategiche missilistiche russe sono rappresentate sulla Piazza Rossa dagli ufficiali e cadetti dell’Accademia Militare “Pietro il Grande” che prepara il personale per la gestione dei complessi missilistici Topol-M e Yars. Quindi il reggimento composito delle forze navali, aeree e terrestri russe. Per la prima volta prendono parte alla Parata le affascinanti allieve del Collegio Statale di Mosca. Poi le forze di terra, di mare e di cielo dell’Esercito di liberazione della Cina; l’unità di èlite dell’Esercito serbo, la Guardia d’onore delle forze armate della Mongolia, uno dei più antichi reggimenti dell’Esercito dell’India, “i Granatieri”, le unità cerimoniali delle forze armate della Repubblica dell’Azerbaigian, il reggimento distaccato delle forze armate della Repubblica di Armenia, il reggimento distaccato delle forze armate della Repubblica di Bielorussia, i cadetti dell’Istituto Militare di fanteria delle forze armate della Repubblica del Kazakistan, la Guardia Nazionale cerimoniale della Repubblica del Kirghizistan e i militari dell’Istituto del ministero della Difesa della Repubblica del Tagikistan. Aprono la parte storica della Parata i portabandiera con le insegne dei 10 fronti della fase finale della Seconda Guerra Mondiale. Passano marciando solennemente i militari nelle uniformi dei soldati e partigiani della Grande Guerra Patriottica. Migliaia di cittadini si sono arruolati volontari per proteggere la patria russa e la propria casa. Sfilano i gruppi con le insegne della Vittoria, la bandiera nazionale della Federazione Russa e le insegne delle forze armate della Russia. Tutte le Parate militari sulla Piazza Rossa sono aperte dai percussionisti della Scuola Militare di Mosca. Quella del 9 Maggio 2015 è davvero la Parata russa più imponente di tutti i tempi, ignorata dai leader occidentali in tempo di Pace. Il ministro della Difesa e generale dell’Esercito russo, Sergej Shoigu, termina la rassegna dei reggimenti delle forze armate e si dirige verso la tribuna centrale per il rapporto al Presidente e comandante supremo delle forze armate della Federazione Russa, Vladimir Putin. Poi Sergei Shoigu si muove per salutare i militari delle varie unità delle forze armate. Nel 1943-1944 le truppe avevano innalzato le bandiere di guerra nell’attacco a Kursk, nelle battaglie per la liberazione della Crimea e di Sebastopoli, della Bielorussia e dell’Ucraina e per la rottura dell’assedio di Leningrado, la liberazione della Moldavia e delle Repubbliche Baltiche. Nel 1941 le truppe con le insegne di guerra si erano recate al fronte di Mosca per respingere i nazisti direttamente dalla Parata militare sulla Piazza Rossa. Il Presidente Putin partecipa poi alla cerimonia della posa dei fiori alla Tomba del Milite Ignoto presso il Cremlino. La cerimonia coinvolge anche gli ospiti stranieri che si sono recati a Mosca in occasione del 70mo anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, pur non avendo partecipato alla Parata. Poco prima, Putin incontra i membri delle delegazioni estere al Cremlino. Se la Russia ha festeggiato in grande stile il Settantesimo Anniversario dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e della sconfitta del nazismo, allora significa che il pericolo per l’Italia è altrove. Il 9 Maggio 2015 sulla Piazza Rossa, in tribuna d’onore, ci sono il Premier greco Alexis Tsipras e il Presidente di Cipro Nikos Anastasiades. La Francia hanno scelto di mandare il proprio ministro degli Esteri mentre la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America solo gli ambasciatori. L’assenza dei leader europei è al centro della discussione in tutto il mondo, Italia compresa. Secondo il presidente dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) Tiberio Graziani, le radici di questo atteggiamento irrispettoso sono evidenti, nonostante il Giorno della vittoria, della memoria e dell’orgoglio russi non avesse niente a che fare con la politica. “Il fatto che i rappresentanti dei Paesi membri del cosiddetto Sistema Occidentale, a parte alcune eccezioni, abbiano platealmente disertato la festa del 9 Maggio, conferma purtroppo la loro dipendenza, prima di tutto geopolitica, dall’alleato statunitense. Ribadisce altresì la miopia degli attuali governi europei. Ai fini dei propri interessi nazionali e delle stabilità continentale e regionale, i Paesi membri dell’Unione Europea dovrebbero, al contrario, proprio in occasione di manifestazioni di questo tipo, celebranti la fine di una disastrosa guerra mondiale ed inter-europea e la ritrovata concordia, dare prova, con la loro presenza concreta, della volontà di risolvere le attuali divergenze. L’invito del Cremino loro rivolto, presumo sottintendesse specificamente tale auspicio. La diserzione dei leader occidentali non contribuisce certamente a rasserenare quel clima di fiducia e di reciproco rispetto che, in casi di crisi, occorre invece promuovere e sostenere”. I mass media occidentali hanno platealmente ignorato le date dell’8 e del 9 Maggio 2015: nessuno ha mai spiegato ai cittadini europei e americani che dei 70 milioni di morti almeno 28 milioni furono soldati e civili sovietici e che senza la Russia sarebbe stato impossibile ottenere questa Vittoria e vivere tutti questi anni il periodo di Pace promesso dalla Madonna a Fatima. In Occidente si parla cosi poco del contributo della Russia alla liberazione dell’Europa dal nazifascismo. “Nel corso della lunga stagione bipolare, in Occidente e particolarmente in Europa, vale a dire nella parte occidentale della massa eurasiatica attualmente presidiata militarmente dalla Nato, si è parlato molto di antifascismo e della lotta al nazifascismo, quasi sempre strumentalmente, molto spesso anche a sproposito. Le narrazioni veicolate intorno alla lotta al nazifascismo dai partiti e dai movimenti europei gravitanti nella sfera politico-culturale sovietica da una parte, e dalle istituzioni e dai governi occidentali filo-statunitensi dall’altra parte riflettevano, propagandisticamente, in quel particolare periodo storico, la contrapposizione Est-Ovest. Oggi il contributo sovietico viene misconosciuto, a cagione principalmente del crollo dell’Urss e della liquidazione del Patto di Varsavia. La memoria storica riguardo alla II Guerra Mondiale in Europa (in particolare in Europa orientale) sembra essere cinicamente salvaguardata dalle truppe Nato, è dunque una memoria storica a senso unico, tesa a sostenere culturalmente le politiche euroatlantiste”. Tuttavia, nonostante la propaganda russofoba, tantissime persone comuni, in Italia, si sentono parte della Festa della Vittoria e ci sono anche politici che pensano che sia ingiusto e irrazionale trattare la Russia in questo modo. L’ex Premier Silvio Berlusconi, deposto in Italia nel 2011 con un “colpo di stato bianco”, violando così apertamente la Costituzione Italiana e la volontà del Popolo sovrano, nella lettera al Corriere della sera, parlando della miopia dell’Occidente, scrive forse troppo tardi: “Davvero pensiamo, dopo decenni di Guerra Fredda, che sia una prospettiva strategica lucida quella di costringere la Russia a isolarsi?”. Berlusconi non è il solo tra i Conservatori Repubblicani Italiani ad essere convinto che nell’attuale scenario geopolitico l’Occidente abbia di fronte due sfide, quella economica e quella politica e militare dell’integralismo islamico, per sostenere le quali è fondamentale mantenere la partnership con la Russia. “Non ho letto la lettera dell’ex premier Berlusconi. È difficile non concordare con le affermazioni berlusconiane. Tuttavia distinguerei. Il tentativo di isolare la Federazione russa è parte costituente della prassi geopolitica e geostrategica di alcuni ambienti statunitensi che sostengono l’espansionismo militare, economico e finanziario nordamericano nella massa euroasiatica. Questi ambienti non hanno a cuore ovviamente il destino dell’Europa, giacché la considerano una periferia del Sistema Occidentale. In particolare, in termini limitatamente geostrategici, la considerano una testa di ponte lanciata sulla massa euro-afroasiatica. Il caso della crisi ucraina è, da questo punto di vista, esemplare. Bruxelles ha dapprima avventurosamente dato speranze ad ambienti ucraini filo-occidentali in merito a un’immediata inclusione di Kiev nella UE, senza avere tuttavia né la forza né la coerenza politica per sostenere tale iniziativa, in seguito si è allineata agli interessi di Washington e del Pentagono che hanno alimentato la crisi con Mosca, proprio ai fini di un isolamento internazionale di quest’ultima. L’Europa subisce l’attivismo Usa per diversi motivi: prima di tutto perché i suoi membri sono incardinati all’interno dell’Alleanza egemonica del Patto Atlantico; in secondo luogo perché, nonostante siano passati quasi 60 anni dal primo atto formale (mi riferisco Trattati di Roma del 1957) finalizzato alla integrazione europea, ancora non si sente matura per istituire un proprio sistema di difesa e neanche pronta a delineare una propria e coerente politica estera”. L’assenza dei leader europei offre un’ulteriore spinta alle alleanze alternative che la Russia sta stipulando con Paesi come Cina, Cuba, India e Turchia. “Per quanto riguarda le variegate alleanze alternative, osserviamo che Mosca le promuove da molto tempo, in ambiti diversi. Mi riferisco al club dei Paesi Brics, alla Organizzazione della conferenza di Shanghai, all’Unione eurasiatica, alle rinnovate intese con la Turchia in merito al Turkish South Stream. La diserzione dei leader occidentali potrebbe accelerare il consolidamento di tali alleanze”. La collaborazione tra questi Paesi e la Russia potrebbe portare alla fine del mondo unipolare ideato e guidato dagli Stati Uniti d’America. “Ritengo che lo scenario che abbiamo davanti è già in nuce multipolare”. Si può non condividere e criticare la politica della Russia moderna quanto si vuole, ma la Vittoria dell’Armata Rossa nella Seconda Guerra Mondiale, costata 28 milioni di vite, contro la Germania nazista è un dato di fatto. Tentare di cancellare la Storia, significa progettare simili catastrofi future. Secondo Luigi Marino, Presidente dell’Associazione culturale “Maksim Gorkij” e Presidente Regionale ANPI, organizzatore della conferenza “Il ruolo dell’Urss nella sconfitta del nazifascismo”, tenuto l’8 Maggio a Napoli, in Occidente si tende a sottovalutare il ruolo dell’Unione Sovietica nella vittoria nella Seconda Guerra

Mondiale sul nazifascismo. “Sì, purtroppo è così. Un antifascista napoletano, l’illustre storico Gaetano Arfé, combattente partigiano in Valtellina, diceva che più di un revisionismo storiografico, noi stiamo assistendo negli ultimi anni e soprattutto dopo la caduta dell’Urss, ad un vero e proprio sovversivismo storiografico, se non ad una forma di negazionismo del ruolo dell’Unione Sovietica nella sconfitta del nazifascismo. Questo è molto grave soprattutto perché si tende a cancellare nella memoria delle nuove generazioni il grande sacrificio di vittime che è costata all’Unione Sovietica la Vittoria. Negli ultimi decenni si cerca di occultare oppure di ridurre il grande sforzo che è costato milioni di vittime, più di 20 milioni per l’Unione Sovietica. Ma per ogni morto c’è almeno un invalido, un ferito e le conseguenze della guerra sono state disastrose. Ecco perché noi riteniamo che sia un’ingiuria alla storia quello di negare il grande ruolo dell’Urss. Negli ultimi anni ci sono rigurgiti nazifascisti in tutta Europa. Anziché affrontare il problema dicendo una parola di verità su quello che è avvenuto, si esalta il ruolo delle altre potenze vincitrici, soprattutto di quelle angloamericane e si nega il ruolo dell’Unione Sovietica. È un grosso errore non solamente in termini storiografici, ma anche in termini di difesa dei valori dell’antifascismo: valori di libertà, giustizia, progresso sociale e pace. L’Europa ha avuto 70 milioni di vittime, le morti civili hanno superato quelle militari. Per costruire la Pace occorre la Verità storica. È un errore negare il sacrificio che gli altri hanno fatto per sconfiggere la piovra del nazifascismo. C’è un problema: il sistema mediatico fa passare il pensiero unico. Malgrado gli sforzi di molte associazioni democratiche di fare chiarezza su questi avvenimenti, il sistema mediatico nel suo complesso opera in termini anti-russi e tende a ridurre il ruolo dell’Unione Sovietica di allora e della Russia di oggi. Devo purtroppo dire che anche da parte della Russia non c’è a volte una risposta puntuale alle calunnie e alle deformazioni della storia. Non c’è una risposta incisiva sui tentativi di omologazione tra quelli che sono stati il totalitarismo fascista e la politica dell’Unione Sovietica. A me e a molti questo dispiace, perché i rapporti tra l’Italia e l’Unione Sovietica, l’Italia e la Russia sono stati sempre ottimi, tranne lo stretto periodo bellico. Sono rapporti di amicizia e relazioni proficue. Parliamo di rapporti antichi soprattutto sul piano della cultura e della volontà di Pace, che caratterizza i nostri popoli. Io ho studiato e vissuto in Russia e so il desiderio di Pace e Fraternità tra i popoli che caratterizza la vostra educazione”. Non ci sono parole migliori per esprimere il desiderio di Pace, forte e molto attuale anche oggi, visto il contesto internazionale e la guerra in Ucraina. La Storia dovrebbe farci ricordare bene gli errori del passato, a patto che questa Storia non venga cancellata. Il gesto “in calcio d’angolo” del ministro degli Esteri italiano Gentiloni, presente alla deposizione dei garofani rossi al mausoleo russo del Milite Ignoto e all’incontro al Cremlino con Putin, non cancella tutto l’imbarazzo delle diplomazie internazionali: partecipare o no alle celebrazioni della Vittoria della Russia sul nazismo nella Seconda Guerra Mondiale? Dinanzi all’insostenibilità della tesi, prevalente sino a non poco più di un mese fa, d’ignorare il ruolo politico e militare della Russia nella sconfitta del nazifascismo, che avrebbe aggravato la tensione che si respira nei rapporti diplomatici fra Europa e Russia, oggi le cancellerie europee più importanti, agendo a geometria variabile, senza un accordo comune, vanno a Mosca non a stringere la mano a Putin, bensì a portare un gesto di saluto, con una chiave di lettura distensiva, ma certamente non comune a tutta l’Unione monetaria Europea. L’Italia, come al solito, per non dispiacere nessuno, ha scelto la consueta via di mezzo. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, a margine di un convegno dell’Ispi, dichiara: “L’Italia, come la Francia e altri Paesi europei parteciperà alla cerimonia di deposizione dei fiori alla Tomba del Milite Ignoto, al Giardino Alezandrovskij, e all’incontro al Cremlino domani, in occasione delle celebrazioni che si terranno a Mosca, nella giornata commemorativa del 70esimo anniversario della vittoria russa nella Seconda Guerra Mondiale, perchè è giusto ricordare l’enorme contributo che l’allora Unione Sovietica ha dato alla liberazione dell’Europa dal nazifascismo e le milioni di vittime russe. L’Italia però – prosegue Gentiloni – non parteciperà alla Parata militare che aprirà le celebrazioni, perchè è altrettanto giusto dare un segnale di distinzione rispetto a quello che è successo nell’ultimo anno con l’annessione della Crimea e con le tensioni in corso a Est dell’Ucraina”. Agli Storici l’ardua sentenza! Le commemorazioni della Vittoria russa sulle truppe naziste hitleriane hanno portato in Russia anche il Ministro degli esteri tedesco. Ricevuto dal suo omologo Lavrov, il ministro Frank-Walter Steinmeier ha reso omaggio a Volgograd, la Stalingrado di sovietica memoria, ai Caduti dell’omonima battaglia che segnò le sorti del secondo conflitto mondiale, esprimendo il cordoglio del popolo tedesco: “chiedo perdono a nome della Germania per le incommensurabili sofferenze che i tedeschi portarono qui, in questa città e in tutta la Russia, in tutte quelle parti dell’ex Urss che oggi costituiscono l’Ucraina e la Bielorussia e in tutta l’Europa”. Scuse che sarebbero state gradite anche da parte dei politici italiani in quanto i fascisti parteciparono all’invasione del 1941 compiendo anche stragi! Invece, nulla. Allora, a nome del Popolo Italiano, le facciamo alla Russia noi giornalisti liberi, con il presente contributo. Presenti alla Parata anche il Presidente della Repubblica dell’India, Pranab Mukherjee, e il Presidente della Repubblica di Serbia, Tomislav Nikolic. Sempre citando fonti del Ministero della Difesa, il quotidiano “Izvestia” scrive che il 9 Maggio in Piazza Rossa hanno sfilato i “soldati del futuro”, 600 uomini con moderni equipaggiamenti “Ratnik” che includono una cinquantina di elementi, compresi armi da tiro, sistemi di puntamento e di difesa, mezzi di comunicazione, di navigazione satellitare e di localizzazione del bersaglio. I nuovi equipaggiamenti vengono testati nell’Esercito russo dal Gennaio 2015. Alla Parata sulla Piazza Rossa hanno partecipato 5000 uomini in più rispetto alla Sfilata del 2014. Per la prima volta sono stati presentati i missili da difesa costiera “Bal” e “Bastion”, il semovente d’artiglieria “Koalitsiya-SV”, i nuovi blindati delle truppe aviatrasportate BTR-MD “Rakushka” e BMD-4M, nonché il veicolo ad elevato livello di protezione “Taifun-U” creato negli Urali. Quest’ultimo è considerato il nuovo principale mezzo da trasporto dell’Esercito russo. Il veicolo è destinato al dispiegamento delle truppe fino alla zona delle operazioni. Il carro armato T-14 Armata con il cannone da 125 mm può sparare anche dei missili nucleari. La formazione della Parata aerea AD 2015 include 150 aerei ed elicotteri (nel 2010 erano 127 e l’anno scorso 69). La novità è rappresentata dalla nuova pattuglia acrobatica “Krylja Tavridy” (Ali della Tauride) su aerei da addestramento Yakovlev Yak-130, costruiti a Irkutsk in Siberia, e dai bombardieri strategici Tupolev Tu-160 (Blackjack), Tu-95 e Tu-22MZ. In pochi lo sanno o lo ricordano, ma la prima Parata della Vittoria non si tenne il 9 Maggio del 1945, ma il 24 Giugno del 1945, un mese e mezzo dopo la firma dell’atto di resa militare della Germania. Il 9 Maggio rimase però giorno festivo nell’allora Urss solo fino al 1949. Dal 1949 al 1965 fu un giorno lavorativo regolare e la festa venne ripristinata per volere di Brezhnev. La Parata però non si tenne ogni anno, ma si svolse solo nel 1965 e nel 1985, per il 20mo e il 40mo anniversario della Vittoria. Dal 2008 alla Parata partecipano di nuovo i mezzi delle Forze armate russe. La Sfilata dura circa un’ora e mezza. A sfilare sono ufficiali, sergenti e soldati delle divisioni militari dell’Esercito russo, comprese le pattuglie d’onore delle Forze Armate russe di terra, della Marina, delle Truppe Aviotrasportate, della Cavalleria ed i cadetti delle Scuole militari. Sempre celebri sono le esibizioni dei “Russkie Vityazi” su Sebastopoli. Se l’anniversario della Vittoria è il Settantesimo, il numero che ricorre più spesso è il 4. Riducendo ad una cifra la data della prima Parata, 24/06/1945, si ottiene sempre il numero 4 (2 + 4 + 6 + 1 + 9 + 4 + 5 = 31 = 3 + 1 = 4) e lo stesso avviene prendendo la data di quest’anno, 09/05/2015. Il 4 è il numero simbolo di concretezza, sviluppo e progresso, proprio come fu per la Russia e il mondo intero dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Lo stesso a cui è chiamata oggi la Russia di fronte alle sanzioni ed alla contrapposizioni che esercita il vecchio sterile Occidente. La Parata del 9 Maggio 2015 è la quarta, dopo le tre ripetizioni ufficiali svoltesi il 29 Aprile ed il 4 e 7 Maggio. Anche nel lontano 1945, le Parate furono 4: a quella, già ricordata, del 24 Giugno, si aggiungono quella del 4 Maggio, quando le Forze armate sovietiche sfilarono sulla porta di Brandeburgo a Berlino, del 7 Settembre sempre a Berlino con le truppe della coalizione alleata su iniziativa del generale Zhukov ed infine il 14 Settembre ad Harbin, dopo la resa del Giappone (2 Settembre 1945). Se Mosca è vestita a festa, il resto d’Europa sembra sperimentare qualcosa di allucinante, vitreo e funebre. Il proprio fallimento. Il destino che attende chi perde la propria memoria storica. Se per il 70mo anniversario della Vittoria, Mosca sorride nelle strade, nelle piazze, nei parchi e nei mezzi di trasporto dove risuonano le note delle canzoni patriottiche russe degli anni di guerra e di pace vittoriosa, nel resto d’Europa si sperimenta la paura per l’inevitabile declino etico, morale, giuridico, economico, culturale, scientifico, tecnologico, religioso e sociale. Nella vecchia Europa palaziale in verità non si festeggia nulla! Se a Mosca i musei storici della Vittoria sono aperti e visitabili, e nelle vie del centro della capitale russa le installazioni multimediali e le esibizioni di gruppi musicali e teatrali, rallegrano l’Estate russa, in Europa si sperimenta l’oblio e la tristezza della propria decadenza. Se la piazza del Teatro Bolshoi si anima con il tradizionale incontro dei giovani con i veterani, mentre il cuore pulsante delle celebrazioni è il Parco della Vittoria, in attesa del momento clou, il grandioso spettacolo pirotecnico che chiude la festa alle ore 22 di Mosca, in Europa l’aria che si respira si fa di giorno in giorno sempre più opprimente perchè tutto sembra pianificato dalle oscure forze del male. I media di regime tacciono, ma i cittadini europei l’hanno capita la morale di questa ignobile offesa arrecata dai politicanti alla Russia amica. I cittadini comuni elevano oggi un chiaro messaggio ai Russi: “perdono per la Pace!”. Il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, aveva dichiarato che Mosca non vede alcun problema nel fatto che i leader di alcuni Paesi abbiano deciso di non venire in Russia per le celebrazioni del 70mo della Vittoria. “Alcuni hanno preso questa decisione per motivi ideologici, cercando di strumentalizzare anche questo giorno sacro per continuare la loro politica di contenimento e isolamento della Russia, altri si sono lasciati guidare dai primi, e qualcuno si è semplicemente spaventato – osserva Lavrov in un’intervista al canale “Rossiya-24”, rilevando che non occorre farne una tragedia – ciò non incide in alcun modo su quello che questa Festa rappresenta per tutti noi”. Eppure cinquemila partigiani russi parteciparono alla Liberazione dell’Italia dal giogo nazifascista. Una vicenda forse poco conosciuta, al centro dell’evento “Soprotivlenie bez granic” (Resistenza al di là delle frontiere), organizzato ad Astana il 25 Aprile 2015 dal Centro studi italiano “Il Camaleonte” in collaborazione con la direzione della Biblioteca nazionale e il Consiglio dei Veterani di Astana, l’Associazione Russkij Mir di Torino. All’incontro è stato proiettato il documentario “Nicola Grosa moderno Antigone” di Mario Garofalo. L’Astana del 2015, questa nuova capitale del Kazakistan che sorge ambiziosa al centro della steppa con i suoi grattacieli e le sue architetture lanciate verso il futuro, sembra così lontana dall’Europa del 1945, dalle macerie fumanti delle sue città devastate dalle bombe e dai popoli ancora increduli che la guerra fosse finita. Eppure, l’interesse per l’iniziativa è stato molto vivo da parte delle istituzioni locali e degli eterogenei partecipanti, che hanno osservato con interesse la mostra fotografica sui partigiani sovietici in Italia ed hanno riempito la sala da 160 posti a sedere in cui, prima della proiezione, tre Veterani hanno parlato della loro esperienza personale in quella lontana Europa sconvolta. A Torino, nel Campo della gloria, 48 cubi di marmo accolgono le salme di 1126 persone. Si tratta di partigiani che hanno perso la vita lottando contro al fascismo, e non solo italiani: ci sono anche combattenti russi, francesi, austriaci, tedeschi, polacchi, jugoslavi e cecoslovacchi. L’identità di molti di essi rimane ignota e così le loro storie personali. La Resistenza al nazifascismo in Italia ed in Europa, è stata sopratutto un doloroso percorso formativo di autodeterminazione di persone che si sono assunte la gravosa responsabilità di contrastare direttamente, con le armi, il potere fascista e l’occupazione tedesca. Queste persone non erano soldati di un esercito straniero, ma disertori, renitenti, operai, contadini, casalinghe, studenti, prigionieri evasi, organizzati da politici antifascisti riemersi dai loro nascondigli, rientrati dall’esilio o fuggiti dal carcere. Le motivazioni che spinsero ciascuno di essi a resistere sono molteplici, ma fu il loro rifiuto di un sistema criminale e guerrafondaio di oppressione razzista a gettare le basi delle società sorte nel Dopoguerra in Europa. Il caso dei circa cinquemila partigiani russi in Italia è emblematico: si trattava di soldati dell’Armata Rossa, rinchiusi nei lager nazisti, che erano stati poi inviati in Italia come forzati, oppure come soldati della Wehrmacht, e molti vissero la fuga e la partecipazione alla Resistenza come una possibilità di redimersi dall’onta della prigionia o della collaborazione. Si inserirono nelle brigate partigiane e, a volte, fondarono reparti costituiti pressoché interamente da combattenti russi, nell’Italia nord-orientale e centrale spesso li troviamo a fianco degli jugoslavi evasi dai campi di prigionia italiani, in Liguria ed in Piemonte dov’erano generalmente inseriti nelle Brigate Garibaldi. Tra di essi molti furono i caduti e lo Stato italiano conferì 6 medaglie d’oro ai partigiani russi: Daniil Avdeev, Nikolaj Bujanov, Pore Musolišvili, Aleksandr Nakorčemnyj, Vladimir Pereladov e Fëdor Poletaev. Nel portare il 25 Aprile ad Astana, si è cercato di raccontare un po’ queste storie incrociate, per trasmettere, sopratutto ai molti studenti presenti, il senso di solidarietà che esisteva tra i partigiani italiani e russi, loro compagni in una lotta comune di Liberazione che aveva luogo sia in Italia sia in Unione Sovietica. Sono passati settant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato il più disastroso conflitto della Storia sulla Terra resta un compito non facile, perché si scontra spesso con la tendenza fin troppo umana a dimenticare, “a passare oltre”, a giustificare. Forse proprio per contrastare questa tendenza esistono le ricorrenze, i giorni che le istituzioni dedicano appunto al ricordo, alla rievocazione del passato su cui il presente si fonda, per non dimenticare chi siamo, da dove veniamo, da dove nascono i valori che ci vengono insegnati anche dalla Costituzione della Repubblica Italiana oggi sotto assedio. La mostra di Astana presenta al pubblico i protagonisti di quella lotta, quei giovani di settant’anni fa. Settant’anni che, per i Veterani che hanno partecipato, sono molti e nello stesso tempo pochi. Grazie all’evento, gli ospiti, soprattutto i giovani ma non solo, hanno appreso il carattere transnazionale della Resistenza che in Italia celebriamo il 25 Aprile e il 2 Giugno. Ecco perchè era importante la partecipazione di tutta l’Europa Politica all’Evento russo del Giorno della Vittoria, il 9 Maggio 2015 a Mosca. Per mostrare che il mondo istituzionale e quello della cultura sono attenti a questi temi e valori, e che sono pronti a riflettere insieme sul passato comune dei nostri popoli. Per la Pace. Nel Perdono reciproco. Ma sempre nella Memoria della Verità storica dei fatti che non possono essere stravolti. Per nessuna ragione geopolitica! Alla vigilia del 75mo anniversario dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la rappresentante della Commissione Europea, Marta Rayherts, pare abbia dichiarato che “il Secondo Conflitto Mondiale è stato scatenato dalla Russia”. Il ministero degli Esteri russo ha bollato le sue affermazioni “come blasfemia traditrice, che cancella la linea tra il bene e il male ed offende la Memoria dei 28 milioni di cittadini sovietici che hanno dato la vita per salvare il mondo dalla peste nera”. Nell’esprimere la logica sintonia con le valutazioni del ministero degli Esteri russo, non dobbiamo dimenticare che non esce nulla di nuovo dalla bocca di uno dei politici europei di secondo piano, scarsamente distinguibili tra di loro per il pallore alieno. Cinque anni fa, alla vigilia del 70mo anniversario dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale, in Occidente e in alcune ex repubbliche sovietiche era stata implementata una massiccia campagna di propaganda antirussa. Le tesi sulla parità delle responsabilità dell’Unione Sovietica e della Germania per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale uscivano da quasi ogni cancelleria europea. Finora questo genere di dichiarazioni e risoluzioni si buttavano come spazzatura in un sacco d’immondizia. Calunniare i combattenti morti contro il nazifascismo nella “civile” Europa, però è diventata una “moda”, uno “status symbol” e un nuovo “valore”. Il negazionismo della Verità storica deve essere punito per Legge. “Ipotizzare che i politici, politologi e gli avvoltoi della stampa di ogni genere improvvisamente si siano allontanati dalla Storia e si siano adoperati per la ricostruzione della verità storica perchè non possono mangiare – osserva Oleg Shishkin nel rivelare le cause di questo fenomeno – è in grado solo una persona estremamente ingenua. Non siamo innanzi a ricerche storiche, ma alla politica storica. Di conseguenza la revisione della storia della Seconda Guerra Mondiale non è un problema storico, ma politico e più precisamente geopolitico”. Il progetto guerrafondaio dei Warlords è legato ai fortissimi interessi strategici delle influenti forze dei complessi militari industriali pubblici e privati dell’Occidente, degli Usa in particolare, che il compianto Presidente americano J.F.K., 60 anni fa, aveva cercato di riconvertire nell’impresa spaziale umana di conquista della Luna. Pertanto la scommessa nel “risiko” storico sul teatro europeo non è nè il denaro nè i pezzi di territorio ex sovietico, ma il futuro stesso della Russia come Stato sovrano, civiltà indipendente e centro politico-economico autonomo. Anche se, in caso di successo dei Warlords, il denaro e il territorio naturalmente verranno gradualmente tolti alla Russia. Con quello che ne consegue. La Terza Guerra Mondiale che, a differenza di quanto profetizzato in Star Trek, causerà molte più vittime dei 600 milioni di morti suggeriti da Gene Roddenberry per le sue “guerre eugenetiche”. Se la Russia lo permettesse, le verrebbero tolte non solo le proprie risorse naturali. Le dimensioni e la struttura della popolazione verranno portate ai parametri ottimali secondo il punto di vista di Washington DC. La Federazione Russa verrà divisa in feudi indipendenti. Il sistema Yalta-Potsdam delle relazioni internazionali è frutto dell’esito della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1945 il ruolo decisivo dell’Unione Sovietica nella sconfitta della Germania nazista e dei suoi alleati (Italia e Giappone) non è stato contestato da alcuno, compresi gli Stati Uniti d’America, la Francia e il Regno Unito. Come uno dei creatori del sistema Yalta-Potsdam, l’Unione Sovietica non è solo uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma il principale rivale degli Stati Uniti d’America nel mondo. Quel ruolo l’Urss lo ha conservato fino al suo scioglimento. All’inizio degli Anni ‘90, dopo essersi sbarazzata di un concorrente scomodo per il dominio assoluto, Washington DC ha preso la strada per la costruzione di un caotico mondo unipolare. Anche se la Russia era rimasta debole, rimaneva tuttavia un ostacolo sulla strada intrapresa dagli Usa. Per modificare lo status della Russia sulla scena planetaria, è stata avviata una campagna per riscrivere la storia della Seconda Guerra Mondiale. I vincitori del fascismo vengono dipinti in Occidente come aggressori e responsabili della Guerra! Si insegna la nuova “storia” della Seconda Guerra Mondiale in modo tale che non risulti essere una sorpresa che molti studenti americani ed europei non sappiano chi abbia combattuto tra il 1939 e 1945. Ma sicuramente sanno che è l’Occidente, e non qualcun altro, ad aver salvato il mondo dal nazifascismo! Ruoli determinati da Washington DC nel gioco geopolitico globale degli Stati Uniti d’America, sono ricoperti dai Paesi dell’Europa orientale. I loro leader, trapiantati a dovere dopo opportuna coltura eugenetica nelle nuove serre ideologiche che non hanno nulla da invidiare allo stalinismo e ai piani del dottor Sung, si prodigano nel dimostrare agli Americani la loro fedeltà e disponibilità per infangare la Russia e i Russi, persino a loro danno e tragedia! Persino bombardando il proprio popolo. È il caso emblematico dell’Ucraina. Ecco servito l’impeto caratteristico delle élite dei Paesi nazionalistici neo-membri della Nato: è naturale che il comando dell’Alleanza Atlantica lo utilizzi per i suoi scopi, allargando a dismisura i propri palazzi nella nuova “Urss” occidentale. Ma l’atteggiamento sprezzante verso i Paesi dell’Europa orientale di tanto in tanto viene fuori. Nel Maggio 2014 in Lettonia fece scandalo il comportamento dei marinai della Nato a Ventspils. Ecco quello che ha scritto il Sindaco Aivars Lemberg in una lettera al Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen: “I marinai della Nato a Ventspils si comportano come maiali, ignorando le leggi della Lettonia e le norme del distretto speciale di Ventspils. Ubriachi urinano in luoghi pubblici e nelle vetrine, vomitano e bevono alcool in strada, cosa vietata. Hanno persino strappato i fiori delle aiuole per regalarli alle prostitute. Si comportavano come occupanti che non riconoscono la sovranità della Lettonia e delle sue leggi”. Nessuno ne parla in Italia, naturalmente. Silenzio stampa! Gli sfoghi hanno grande valore. Dopotutto i politici dell’Europa, in particolare della cosiddetta Nuova Generazione, sono raramente così schietti. Che tipo di sovranità della Lettonia aveva in mente il sindaco di Ventspils? Ai tempi della Perestroika lo slogan della lotta per l’indipendenza era ampiamente utilizzato dai politici baltici in corsa, per prendere il potere lasciato vacante dall’Unione Sovietica. Dopo l’indipendenza, hanno immediatamente ceduto alle lusinghe della UE e degli Usa che promettevano il nuovo paradiso liberale. Ora, sempre più poveri, sono sorpresi che gli uomini della Nato si comportino come “volgari invasori”. Che piangano sul latte versato! La politica storica delle nuove giovani nazionalistiche élite dell’Europa orientale, con lo sguardo al vecchio Occidente pensa di risolvere i suoi problemi. Il più importante è quello di conservare il potere e la proprietà derivante dal saccheggio dell’eredità russa. La politica storica prevede fatti e argomenti a sostegno delle posizioni antirusse dei “separatisti” che hanno preso il potere nelle ex repubbliche sovietiche. Cinque anni fa l’allora Presidente dell’Ucraina, Viktor Yushchenko, celebrò il 350mo Anniversario della battaglia di Konotop, molto lontana dall’essere una delle più importanti della guerra russo-polacca del 1654-1667. Il prossimo Settembre la leadership della Lituania si prepara a celebrare il 500mo Anniversario della battaglia di Orsha, in cui le forze alleate del Granducato di Lituania e del Regno di Polonia sconfissero le truppe della Voivoda di Ivan Chelyadnin e Mikhail Bulgakov-Golitsa. Non importa se a Smolensk i polacchi e i lituani accusarono una grave battuta d’arresto e la guerra russo-lituana continuò per altri otto anni. La vittoria di Orsha era stata vanificata. Gli storici ucraini e baltici continuano a sudare le proverbiali sette camicie alla ricerca di un evento storico in cui il loro popolo abbia affrontato l’Esercito russo. Hanno un altro compito importante: sbianchettare i collaborazionisti alleati dei nazisti che giurarono fedeltà ad Adolf Hitler, il führer del Terzo Reich. Non a caso le autorità ucraine hanno dedicato una commovente attenzione dagli inizi degli Anni ‘90 all’Esercito Insurrezionale Ucraino e ai combattenti della Divisione “Galizia”. È comprensibile la premura delle autorità estoni per i veterani della 20ma Divisione “Grenadier” delle Waffen SS e dei loro colleghi lettoni per i reduci delle Divisioni dalla 15ma alla 19ma dei Granatieri Waffen SS. Dopotutto erano “patrioti del loro Paese” che avevano lottato contro “l’occupazione sovietica”. Come i punitori ucraini e baltici abbiano massacrato la popolazione civile sul territorio di Russia, Bielorussia e Polonia, oggi sembra si possa tranquillamente dimenticare! Il giornale “Rossiyskaya Gazeta” ha pubblicato un articolo di Leonid Radzikhovsky, in cui rassicura i suoi lettori che nell’Agosto del 1939 Stalin fece in modo di “spartirsi il bottino con Hitler”. In realtà riguardava con chi Hitler avrebbe combattuto dopo la sconfitta della Polonia. La firma del patto Molotov-Ribbentrop risolse la questione a favore della Russia, nel senso che la Wehrmacht marciò verso Ovest, mentre l’Urss guadagnò tempo per prepararsi alla battaglia decisiva con la Germania e liberarsi della minaccia di una guerra su due fronti: il conflitto armato contro il Giappone su Khalkhin Gol era ancora in corso. Dieci anni fa Alexander Alexandrovich Zinoviev su “Literaturnaya Gazeta” scrisse: “La Seconda Guerra Mondiale era socialmente eterogenea. Conteneva due tipi di guerra: per la spartizione del mondo e sociale. Questa è una guerra tra due sistemi sociali, tra comunismo e capitalismo. La guerra della Germania nazista contro l’Unione Sovietica era in realtà un tentativo dell’Occidente di schiacciare la società comunista in Urss. Tuttavia la guerra sociale è la parte principale e fondamentale della Seconda Guerra Mondiale. Infine non è stata una guerra con responsabilità ripartite tra i partecipanti al conflitto. L’iniziativa è partita dall’Occidente”. Oggi l’odio alla Russia si maschera meglio con l’avversione verso Putin, diventato Presidente ad interim nel 2000, dopo le dimissioni di Boris Eltsin. Nel Marzo dello stesso anno fu eletto e 4 anni dopo rieletto Presidente della Russia. Dal 2008 al 2012 ha lavorato come capo del governo e nel Marzo 2012 ha di nuovo vinto le elezioni presidenziali, entrando in carica il 7 Maggio. In questi 15 anni Putin ha dimostrato una formidabile capacità di afferrare l’essenza delle cose con intelligente realismo. Non poche delle sue frasi e battute sono diventate celebri e storiche. Eccone alcune. “Ammazzare nel cesso”. Questa sua frase, forse la più celebre, Putin l’ha pronunciata nel Settembre 1999, quando era ancora primo ministro del governo. “In Cecenia gli aerei della Russia colpiscono, e continueranno a colpire, soltanto le basi dei terroristi, e così sarà, in qualunque posto questi terroristi si trovino. Continueremo a perseguitare i terroristi dappertutto: se sarà un aeroporto, lo faremo in aeroporto, se, perdonatemi, li beccheremo in gabinetto, li ammazzeremo nel cesso. Basta, non se ne parla più”. Poi, “è affondato”. Nel Settembre del 2000 Putin rilascia un’intervista alla CNN. Quando Larry King gli chiede che cos’era successo al sottomarino nucleare russo “Kursk”, Putin risponde: “è affondato”. Le sue parole suscitano polemiche in Russia, molti disapprovano la sua risposta come cinica. Tuttavia, 10 anni dopo, lo stesso Larry King, personaggio davvero leggendario, dichiara che la risposta di Putin era “brillante”, rilevando che dal punto di vista televisivo quello era stato uno dei momenti migliori dell’intervista. “Un uomo di stato deve avere, come minimo, la testa sulle spalle”. A Hillary Clinton, che aveva detto che Putin era un uomo senz’anima, il Presidente russo risponde: “Penso che un uomo di stato debba avere, come minimo, la testa sulle spalle. Per promuovere i rapporti interstatali bisogna essere guidati dagli interessi fondamentali dei propri Paesi e non dalle emozioni”. Pura logica vulcaniana! “Non c’è nessuno con cui parlare. Se io sono un democratico vero? Ma sì che sono democratico, vero e assoluto. Ma il problema, sapete qual’è? Ci sono soltanto io, altri così nel mondo non esistono. Da quando si è spento Mahatma Gandhi, non c’è più nessuno con cui parlare”, si lamentava Putin nel 2007. I giornalisti hanno spesso fatto a Putin domande sull’Unione Sovietica. Nel 2005 il Presidente russo risponde che “il crollo dell’Unione Sovietica è la più grande catastrofe geopolitica del nostro secolo”. Cinque anni dopo dichiara: “Chi non rimpiange la disgregazione dell’Urss, non ha cuore, chi vuole ricrearla così com’era, non ha cervello”. Dopo la riunificazione della Crimea e della città di Sebastopoli con la Russia, avvenuta nel 2014, il Presidente Putin afferma che “nel cuore, nella coscienza della gente, la Crimea è sempre stata e rimane parte innegabile della Russia. La Crimea di fatto può essere soltanto russa”. Anche l’amico Silvio Berlusconi è nella sua benevolente dottrina. “Berlusconi viene processato, perché dorme con le donne. Se fosse stato gay – osserva Putin – nessuno lo avrebbe toccato con un dito”. E capiamo finalmente le assurde politiche di Google e Apple in Russia! “Probabilmente non sono un buon cristiano. A chi ti percuote sulla guancia, occorre porgere l’altra, ma a questo non sono ancora moralmente pronto. Se ci percuotono, dobbiamo rispondere, altrimenti continueranno a farlo”, confessa Putin nel 2012. “Dio ci ha creati uguali”. Nel Settembre del 2013 Putin pubblica sul New York Times un articolo nel quale commenta le parole del Presidente Obama sull’eccezionalismo della nazione americana. “È molto pericoloso incoraggiare le persone a sentirsi straordinarie – avverte Putin – qualsiasi sia la ragione per cui questo viene detto. Quando chiediamo la benedizione al Signore, non dobbiamo dimenticarci che Dio ci ha creati uguali”. Parole sante se si pensa che ogni guerra persa non si esaurisce nel momento in cui cessano i bombardamenti, ma porta una reazione a catena. I profughi migranti che stanno sbarcando sulle nostre coste italiane ne sono una drammatica conseguenza. Come le pericolose esercitazioni Nato in piena Europa, nell’imbarazzante silenzio assordante di telegiornali e talk-show. “L’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico non ha più confini. In Europa, dopo essersi estesa a sette Paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia demolita con la guerra nel 1999, sta incorporando l’Ucraina. Le forze armate di Kiev – scrive il giornalista Manlio Dinucci sulle pagine de Il Manifesto il 5 Maggio 2015 – che da anni partecipano alle operazioni Nato in diverse aree (Balcani, Afghanistan, Iraq, Mediterraneo, Oceano Indiano), vengono sempre più integrate in quelle dell’Alleanza sotto il comando Usa. Il 24 Aprile è stato firmato un accordo che le inquadra di fatto nella rete di comando, controllo e comunicazione Nato. In Africa, dopo aver demolito la Libia, la Nato sta potenziando l’assistenza militare all’Unione Africana, cui fornisce anche pianificazione e trasporto aeronavale, nel quadro strategico del Comando Africa degli Stati Uniti”. Manlio Dinucci racconta come stanno mutando i quadri della geopolitica internazionale, mentre l’Italia viene invasa dai disperati naufraghi frutto di guerre perse anche dagli Italiani. “Oggi si sono aperti due fronti che sono una specie di tenaglia in cui noi siamo presi in mezzo. Al fronte chiamiamolo meridionale che concerne Libia, Siria, Yemen, ora si è aggiunto il fronte settentrionale, con il fronteggiamento che assume caratteri sempre più pericolosi con la Russia, ricercato, voluto e provocato. Piazza Maidan è stata semplicemente l’innesto di un’operazione a lungo preparata. Ora, dopo una prima fase dell’operazione detta Noble Jump tenutasi in Aprile, in Giugno si terrà la seconda fase in Polonia, con la partecipazione anche di forze tedesche e italiane, e al largo della Scozia è in corso un’altra operazione che si chiama Joint Warrior”. Capito perchè i politicanti europei hanno disertato la Parata di Mosca? “Viene definita dalla Nato la maggiore esercitazione aereo-navale svoltasi sotto l’egida dell’Alleanza. Vi partecipano 50 navi da guerra e 70 cacciabombardieri a duplice capacità nucleare. Ricordiamoci che non si fanno mai esercitazioni che non prevedano una simulazione di attacco nucleare. Tutto questo serve a preparare l’operazione Trident Juncture 2015, la maggiore esercitazione militare che la Nato tiene dalla caduta del muro di Berlino a oggi. Si svolgerà in Italia con operazioni collaterali in Spagna e Portogallo, dal 28 Settembre al 9 Novembre 2015. Un’esercitazione a cui parteciperanno tutte le Forze Armate di tutti i Paesi della Nato. Questo è l’Autunno che ci aspetta. Su questo punto il problema è un’opinione pubblica che ha subito un continuo martellamento con le armi di distrazioni di massa: prima di preoccuparci della militarizzazione dei territori, dovremmo preoccuparci della militarizzazione delle menti”. La soluzione per la stabilità in Libia e per le politiche migratorie, viene decisa molto lontano dall’Italia non più libera, indipendente e sovrana (Art. 1 Costituzione della Repubblica). “La guerra del 2011 è stata un’operazione decisa dalle cupole del potere a noi sconosciute, non dal Presidente degli Stati Uniti o dalle cancellerie europee. Non si può immaginare che soltanto dopo pochi mesi dalla stretta di mano della Clinton al figlio di Gheddafi, al quale giurava l’intenzione degli Stati Uniti di avere rapporti sempre più stretti con la Libia, si ribalti completamente la situazione. La Libia improvvisamente diventò il nemico numero uno e naturalmente l’Italia si accodò, dimenticando 30 anni di dominio coloniale e il patto di non aggressione, tralasciando che fosse il Paese più avanzato dell’Africa da un punto di vista socio-economico e che Gheddafi si stava trasformando. La sua figura fu il frutto della storia, che parte da trent’anni di colonialismo italiano”. La campagna sui morti del Mediterraneo (migliaia dati in pasto ai pesci che consumiamo!) ha coperto pagine e pagine dei nostri quotidiani: questa tragedia immane, sempre ricordata da Papa Francesco, ha avuto l’impulso catastrofico che sta ormai assumendo dal momento in cui si è demolito lo Stato libico, poco prima del golpe bianco consumato in Italia contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Silvio Berlusconi. “E ci sono le prove del New York Times che ha fatto un’inchiesta su come Usa e Nato hanno preparato l’operazione contro la Libia infiltrando agenti e guadagnandosi dalla loro parte gruppi tribali che avevano ostilità con Tripoli e poi soprattutto armando e addestrando gruppi islamici che fino a poco tempo prima erano nella lista ufficiale delle fazioni terroristiche. Tra cui i primi nuclei di quello che sarà il futuro ISIS-ISIL-IS. E ora si piange sui morti del Mediterraneo. Anche sui giornali di sinistra ho cercato, invano, minimi agganci a questo discorso”. Qual è la Lezione che dobbiamo imparare dal dramma che stiamo vivendo perché non si finisca nella solita retorica? “Esattamente questo: che la guerra non si esaurisce nel momento in cui cessano i bombardamenti ma porta una reazione a catena e ora noi ne vediamo le conseguenze” anche in Italia. Perchè l’abbiamo persa, la “guerra al terrore”! Si spiega anche in questi termini la volgare assenza istituzionale del Belpaese alla Parata della Vittoria. Ma la Storia continua. L’8 Maggio, per la prima volta, nel porto di Novorossiysk sono entrate delle navi della Marina cinese, come comunicato dal capitano Igor Dygalo dell’ufficio stampa del Ministero della Difesa russa. “Il gruppo della marina dell’Esercito di Liberazione del Popolo della Cina, composto di fregate Linyi e Weifang, giunge l’8 Maggio nella base navale di Novorossiysk per partecipare agli eventi dedicati ai 70 anni della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica”, dichiara il capitano Dygalo. Le navi cinesi già si trovavano nel Mar Nero percorrendo la rotta ad esse assegnata che passa a Sud-Est della penisola di Crimea. Il portavoce della Marina russa informa che il 12 Maggio le fregate cinesi lasciano la base di Novorossiysk per recarsi nel Mediterraneo dove parteciperanno all’esercitazione congiunta russo-cinese “Interazione navale-2015”. Mentre il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier conferma che la Nato e la Russia hanno ristabilito contatti militari. “Sono molto contento che ora stiamo riprendendo lo scambio di informazioni di natura militare, penso che sia importante per entrambe le parti”, dichiara dopo l’incontro con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov a Volgograd. Steinmeier personalmente si era battuto per la ripresa dei contatti tra la Nato e la Russia nell’incontro dello scorso anno dei ministri degli Esteri dei Paesi dell’Alleanza Atlantica. Tuttavia alcuni consideravano la ripresa della Linea Rossa, che era esistita per molti anni, come una concessione. Tale valutazione per il capo della diplomazia tedesca è errata. Ai primi di Maggio aveva parlato della ripresa della Linea Rossa tra la Nato e la Russia, il “Frankfurter Allgemeine Zeitung”. Il giornale tedesco, citando una fonte, aveva scritto che avrebbero avuto un contatto diretto con Mosca il comando delle forze alleate Nato in Europa, nonché il presidente del comitato militare dell’Alleanza. Era stato inoltre riferito che l’idea di ripristinare la Linea Rossa, esistita durante l’era sovietica, appartiene a Steinmeier. Nel frattempo il Presidente russo Vladimir Putin dichiara che la Russia ha aumentato il ritmo di modernizzazione delle proprie Forze armate. “In generale la corretta realizzazione delle disposizioni da me assegnate per opera del ministero della Difesa, delle agenzie specializzate e del settore industriale della difesa ha portato all’aumento del ritmo di riarmo dell’Esercito e della Marina”, osserva Putin in una riunione sullo sviluppo del complesso militare-industriale. Secondo il Presidente russo, “il compito prioritario è ora quello di preservare questi ritmi. C’è bisogno di rispettare chiaramente i programmi approvati e le tempistiche”, rivela Putin che ha incaricato di tenere sotto controllo le questioni connesse con le forniture delle infrastrutture necessarie per i nuovi e aggiornati mezzi militari e per l’addestramento di personale qualificato. Sembra come risposta alla follia nazionalistica che è senza limiti di spaziotempo. Il ministro degli Esteri polacco, Grzegorz Schetyna, ritiene che le sanzioni della UE contro la Russia debbano essere estese fino alla fine del 2015 o nel 2016. “Penso che saranno prolungate. La questione è se fino alla fine del 2015 o se fino all’anno prossimo. Dipende dall’attuazione degli accordi di Minsk. Se sarà piena o se sarà soddisfacente – riferisce il ministro polacco in un’intervista al settimanale “Wprost” – le condizioni degli accordi di Minsk sono molto specifiche. Devono essere realizzate prima di poter cominciare a parlare del fatto che le sanzioni non saranno prolungate”. Capita l’antifona? In precedenza il Cancelliere tedesco Angela Merkel aveva dichiarato che il Consiglio d’Europa di Giugno 2015 avrebbe valutato l’estensione delle sanzioni contro la Russia. La Merkel ha inoltre aggiunto che la questione della revoca delle sanzioni è legata all’attuazione degli accordi di Minsk. Mentre “i consiglieri americani pretendono di accelerare la demolizione dei monumenti agli eroi della Grande Guerra Patriottica in uno dei Paesi dell’Europa dell’Est” – rivela alla TASS il Ministro degli Esteri della Federazione Russa, Sergej Lavrov – sono arrivati a questo, che in uno dei Paesi dell’Europa orientale che fu liberato dall’Armata Rossa, emissari americani pretendono da parte del governo locale di accelerare la demolizione dei monumenti agli eroi della Grande Guerra Patriottica”. Secondo Lavrov, gli Usa cercano di rendere dipendenti da loro il numero più alto possibile di Stati in Europa. Nella crisi ucraina, come ritiene Lavrov, la Casa Bianca sta cercando di evitare il rafforzamento della partnership tra la UE e la Russia. Fatto gravissimo, se risultasse confermato. In precedenza il responsabile del Ministero degli Esteri in un’intervista a RIA Novosti aveva dichiarato che i diplomatici statunitensi sia sul luogo che appositamente inviati da Washington DC cercano di fermare le relazioni di tutti i Paesi europei con Mosca. Italia compresa. Fatto inaudito e ingiustificabile. Il quotidiano britannico Telegraph, nel frattempo, pubblica una clamorosa notizia secondo cui poco prima della Seconda Guerra Mondiale, Stalin sarebbe stato pronto a inviare un milione di soldati al confine con la Germania come deterrente. Saltò tutto per colpa di Londra e Parigi! È lecito prepararsi a riscrivere in parte i libri di Storia. Nulla che già non si sapesse, tuttavia ora ad affermarlo è il Telegraph, autorevole quotidiano britannico alieno da faziosità o comunque da una qualsivoglia simpatia nei confronti della storia comunista. Come nella “guerra fredda temporale” di Star Trek Enterprise, torniamo indietro al 1939, alla vigilia del conflitto che avrebbe insanguinato l’Europa trascinando l’intero continente nell’abisso della Seconda Guerra Mondiale che secondo il Telegraph sarebbe stata evitabile. Ma qualcuno non volle evitarla. Alieni o terrestri? La verità è rimasta avvolta nel segreto per 70 lunghi anni, ma alla fine è riaffiorata: l’Urss nel 1939, poco prima del famoso patto Molotov-Ribbentropp che portò alla spartizione della Polonia e all’inizio della guerra, sarebbe stata pronta a inviare oltre un milione di soldati al confine con la Germania coinvolgendo Francia e Gran Bretagna in un’alleanza anti-nazista. Chissà che cosa avrebbe fatto l’Italia di Mussolini. L’alleanza però non si fece e la responsabilità fu tutta di Parigi e Londra: evidentemente speravano che Hitler attaccasse proprio l’Urss. Si tratterebbe di documenti secretati e tenuti nascosti fino a oggi, documenti la cui esistenza finalmente potrebbe provare che l’Urss fu costretta a venire a patti con i nazisti proprio per colpa delle cancellerie occidentali. Un accordo di questo tipo, come riporta il quotidiano britannico, avrebbe potuto cambiare il corso della Storia del XX Secolo, prevenendo la follia di Hitler. Ma veniamo ai fatti. Nel 1939 il Cremlino manda un’offerta formale agli ufficiali francesi e britannici invitandoli a mettere in piedi un’alleanza militare per contenere le forze di Hitler. I nuovi documenti sono stati visionati dal “The Sunday Telegraph” e mostravano la lista delle unità militari che i generali inviati da Stalin misero a disposizione dell’alleanza. Francia e Inghilterra però preferirono non rispondere all’offerta sovietica, pervenuta il 15 Agosto 1939, costringendo così inevitabilmente l’Urss a firmare poco dopo un patto di non aggressione proprio con Hitler. Il patto Molotv-Ribbentropp sarebbe infatti stato firmato il 23 Agosto, solo una settimana prima che i nazisti attaccassero la Polonia dando fuoco alle polveri della Seconda Guerra Mondiale. L’invasione della Polonia, il 1° Settembre, però non sarebbe mai accaduta se l’Occidente avesse stretto la mano dei Russi. L’offerta del Cremlino venne inoltrata dal ministro della Guerra, Klementi Voroshilov, e dal capo dell’Armata Rossa, Boris Shaposhnikov, i quali promisero che la Russia avrebbe potuto impiegare ben 120 Divisioni di fanteria, ciascuna da 19.000 uomini, 16 Divisioni di cavalleria, 5.000 pezzi di artiglieria, 10.000 carri armati e più di 5500 aerei da combattimento, tutte Forze russe da sistemare al confine con la Germania. Ma l’ammiraglio britannico Sir Reginald Drax, che comandava la delegazione inglese, disse che era autorizzato solo a discutere e non a stringere accordi. I documenti della proposta dell’accordo da parte sovietica sono sempre stati tenuti nascosti dai libri di Storia occidentale e, come ha sostenuto Simon Sebag Montefiore, autore del libro “Giovane Stalin”, è stato subito chiaro che molti dettagli contenuti in questi documenti non erano nemmeno conosciuti dagli storici: “Il dettaglio dell’offerta di Stalin sottolinea ciò che si conosceva, ovvero che i britannici e i francesi hanno perso una colossale opportunità nel 1939 per prevenire l’aggressione tedesca che originò la Seconda Guerra Mondiale. Ciò mostra che Stalin fu più determinato di quanto non credessimo nell’offrire quest’alleanza“. I documenti che coprono il periodo che va dal 1938 fino al Settembre 1939 provano inoltre che il Cremlino sapeva delle pressioni senza precedenti che Francia e Inghilterra subirono nel caso della Cecoslovacchia per accontentare Hitler con la questione dei Sudeti. Infine la responsabilità maggiore forse fu della Polonia, Paese che non voleva assolutamente l’Armata Rossa nei suoi confini per combattere la Germania. Per questo Varsavia fece di tutto per instillare dubbio e rancore tra Mosca, Londra e Parigi e far così saltare il banco dell’alleanza. Questo fu quindi quanto successe, e c’è da dire che molti in Gran Bretagna speravano proprio che i nazisti attaccassero l’Urss. Del resto Churchill in tempi non sospetti disse di ammirare il Duce, il cui unico errore secondo lo statista britannico fu quello di non sapersi scegliere le alleanze”. Pochi leader decidono la sorte di centinaia di milioni di persone sulla Terra. Qualche giorno fa sono state segnalate le acrobazie del governo ucraino, febbrilmente intento in una spericolata revisione storica mirante, nella sostanza, a cancellare il ruolo-guida svolto dalla Russia nella lotta contro il nazismo. Questa operazione serve a creare una narrazione alternativa degli eventi sorretta da artifici illogici e fantascientifici, da enfatizzazioni e omissioni. In questa rappresentazione fittizia il contributo nazionale ucraino viene prima ideologicamente neutralizzato attraverso una depurazione dai suoi simboli di appartenenza al mondo russo e poi scorporato dal complesso dello sforzo dell’Urss con il fine esplicito di equiparare aggrediti ed aggressori, invertendo subdolamente i ruoli storici della Germania nazista e della Russia comunista. Il pezzo sul governo ucraino era sarcastico, ed in effetti le contorsioni degli uomini di Kiev sono facili da mettere alla berlina. Ma se si pensa alle celebrazioni del 25 Aprile in Italia, il sorriso ci si gela sulle labbra. Infatti nel Belpaese fino al 2 Giugno di ogni anno si assiste ad un percorso molto simile, con l’unica differenza che tutto avviene così lentamente, mentre si distrugge la Costituzione della Repubblica Italiana, che non si ha letteralmente nemmeno il tempo di rendersi conto dello svolgersi del processo storico annichilente. Il perno dell’operazione italiana di revisione è stato svolto dalle forze eredi del PCI che da un lato hanno mantenuto la propria presa, di natura burocratico-organizzativa, sul culto civile dell’antifascismo e sui riti presidenziali delle celebrazioni del 25 Aprile e del 2 Giugno, mentre dall’altro hanno attuato un progressivo slittamento in senso Atlantico in politica estera e riformista nelle questioni economiche e costituzionali. Questa inversione a “U” dei riferimenti ideali si è trasmessa lentamente ma inesorabilmente al momento rievocativo e cerimoniale grazie al nuovo Regime Renzusconi-Mattarella. Ne è risultato un progressivo annacquamento del valore politico della Resistenza nella Costituzione Italiana, una sua depurazione dalle istanze sociali e dalle attese di allineamento internazionale (in senso filo-russo o perlomeno costituzionale) di cui era in grande maggioranza portatrice, ed una sua ridefinizione quale mera “lotta per la Libertà” svincolata da un preciso contesto storico. Ricordiamo che in Italia una Destra moderna conservatrice repubblicana ancora non esiste! Fatto altrettanto inaudito in uno Stato di diritto. In questo modo masticata e digerita, la celebrazione civile dell’antifascismo del 25 Aprile è divenuta una formula puramente retorica, un mero anelito alla libertà personale, familiare, imprenditoriale, particolarmente congeniale alla sua riproposizione in chiave Atlantica e riformista, ma necessariamente illiberale. Questa operazione culturale, comune a tutto l’Occidente, ha prodotto col tempo i suoi amari frutti di deformazione della memoria storica della Resistenza. Si vedano i noti risultati di un sondaggio di opinione condotto in Francia nel 1945, nel 1994 e nel 2004, avente ad oggetto l’identificazione della “nazione che più ha contribuito” alla vittoria sul Nazismo. I risultati di questo sondaggio, in pratica la percezione del contributo alla guerra si è letteralmente invertita nel popolo francese che ora ritiene gli Stati Uniti d’America il primo Paese vincitore nella stessa misura con cui pensava all’Unione Sovietica nel 1945, possono stupire solamente le persone più distratte. Agli altri è del tutto chiaro che la perfetta saldatura ideale raggiunta fra le forze cosiddette progressiste europee, l’ideologia riformista ormai assurta a pensiero unico e il blocco Atlantico non poteva che aprire le porte ad un completo riorientamento di tutte le forze che avevano promosso e combattuto la Resistenza in Europa. Basterà osservare il grafico che riproduce le perdite di personale militare nel secondo conflitto mondiale per rendersi conto della forza mistificatoria di questa operazione. Si può agevolmente notare dalla consultazione di questi dati che non solo l’86 percento dei soldati caduti negli eserciti Alleati era di nazionalità sovietica, ma anche l’86 percento delle perdite umane dell’Asse si verificarono nei campi di battaglia orientali. Il che, sia detto per inciso, smentisce pure il mito della supposta inefficienza bellica del comando russo creato dalla storiografia occidentale. In conclusione e con una semplificazione brutale ma efficace, il rapporto fra contributo militare russo e contributo militare statunitense potrebbe rendersi così: 184mila Americani versus 11 milioni di Russi caduti in battaglia. Il Grande Cinema ne è al corrente? Così, sostenere che la Seconda Guerra Mondiale è stata in fin dei conti un conflitto fra Russi e Tedeschi correlato da alcuni fatti d’arme periferici di minor conto, è più un’approssimazione che una forzatura. Di tutto ciò non rimane ormai traccia nella memoria comunitaria europea occidentale sedimentatasi, a onor del vero, in Paesi materialmente liberati dalle forze anglo-americane come l’Italia. Per quanto riguarda il caso italiano, si potrebbe scegliere come simbolo di questa mutazione genetica della memoria storica la scena dell’esercito americano che libera il campo di concentramento di Auschwitz nel film “La vita è bella” di Roberto Benigni che oggi non osa neppure difendere la Costituzione della Repubblica Italiana per non offendere la sensibilità riformista del PD di Renzusconi e Mattarella. Un risultato che ricorda molto da vicino le capriole del governo ucraino. È possibile smascherare questa vile operazione revisionista? Per farlo occorre accostare le posizioni degli uomini che parteciparono alla Resistenza e quelle di chi se ne proclama erede politico, magari accampando pretese sulla custoria della loro Memoria per renderla strumento di egemonia e criminalizzazione dell’avversario. Un accostamento di cui si possono fornire degli esempi. Nel programma elettorale del Fronte Popolare, le forze politiche che fornirono un apporto numerico di circa quattro quinti alla Resistenza, presentato alle elezioni dell’Anno Domini 1946, si legge: espropriazione della proprietà terriera, partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, difesa dell’industria nazionale “fonte essenziale di lavoro e di vita per il nostro popolo”, assistenza efficace all’artigianato, democratizzazione dei grandi Istituti di credito e sostegno allo sviluppo del Mezzogiorno. Il Professor Antonio Pesenti, responsabile dello sviluppo della piattaforma economica delle forze di sinistra nell’immediato Dopoguerra, era fautore di un robusto intervento pubblico in economia, in particolare nell’attività bancaria, in quanto “se lo Stato lasciasse completamente libere le banche, e quindi tutti gli altri istituti di credito del Paese, di compiere una politica strettamente legata a quelli che sono gli interessi dei gruppi dominanti del Paese, ciò significherebbe naturalmente lasciar compiere una politica contraria agli interessi generali della Nazione. (…) Uno Stato non interventista è appunto di fatto in favore di quelli che sono i gruppi socialmente dominanti”. Non è paradossale che forze che hanno privatizzato la maggior parte degli assetti pubblici nazionali, che obbediscono pedissequamente alle richieste europee di “riforme” e di riduzione delle prerogative statali, che hanno fiaccato per via legislativa la possibilità per i partiti di accedere al finanziamento pubblico, consegnandoli quindi ai giochi di oscure lobby che non sono quelle alla luce sole negli States, e che hanno assistito, senza apparente sconcerto, alla dissoluzione di buona parte del nostro patrimonio industriale e costituzionale, pretendano di rappresentare i Partigiani Eroi della Resistenza in Italia? Altro esempio è l’imbarazzante “innamoramento” di tanti esponenti del cosidetto Partito Democratico e degli esponenti della sinistra parlamentare per il governo (davvero ucraino?) di Kiev. Dopo i flirt fra il Presidente della Camera Boldrini ed Evgenia, la figlia di Julia Timoshenko, al tempo della sua visita a Roma (“La crisi ucraina dimostra che l’Europa può agire con forza e in maniera unitaria per difendere i diritti umani e contribuire alla stabilità”, disse al tempo la Presidente, mentre la mamma della sua interlocutrice parlava di sterminare la minoranza russa con armi nucleari!) dopo i pellegrinaggi a Kiev dell’on. Pittella durante l’insorgenza del Maidan, ora addirittura si legge che i parlamentari del Partito sarebbero accorsi ad accogliere Arsen Avakov, ministro degli interni ucraino, in visita a Roma. Il ministro ucraino, ricevuto abbastanza freddamente dal ministro Alfano, ha ringraziato i parlamentari di PD, che lo hanno molto meglio accolto, “per il loro sostegno del governo, impostosi con un pronunciamento incostituzionale, dell’Ucraina”. Arsen Avakov è l’uomo che avrebbe organizzato la prima “operazione antiterrorismo” nel Donbass, la scorsa Primavera 2014. L’uomo che avrebbe rimpianto di non aver “raso al suolo” gli uffici dell’amministrazione locale di Donetsk occupati dai dimostranti, ribadendo un concetto già peraltro espresso lo scorso Ottobre e che ben inquadra le modalità di intervento del governo di Kiev in relazione anche alla strage occorsa il 2 Maggio 2014 ad Odessa, che gli Italiani ignorano. Qual era la parte, durante la Resistenza italiana, che perpetrava stragi preventive a scopo intimidatorio nei confronti della popolazione? I Russi o i Nazisti? Ecco, sì, i Nazisti. Difficile capire come il Partito Democratico possa tenere insieme la celebrazione della Resistenza, la infame diserzione della Istituzioni italiane alla Parata della Vittoria in Russia il 9 Maggio 2015 e il sostegno politico per chi oggi stronca la Resistenza altrui con gli stessi metodi dei nazisti. I Partigiani russi che combatterono il Nazismo nelle file della Resistenza italiana furono circa cinquemila. Un contributo estremamente importante, visto che il movimento partigiano, al netto dell’esplosione degli ultimi giorni, rimase sempre attestato numericamente su qualche decina di migliaia di combattenti. Di questi 5.000 Partigiani russi, 429 morirono in Italia, lontani dalla loro terra, per lo più senza che le famiglie potessero mai conoscere le circostanze della loro morte. Erano giunti in Italia come prigionieri. Poi, liberatisi, avevano raggiunto le formazioni partigiane in montagna. Mauro Galleni, autore di una monografia loro dedicata li descrive in questo modo: “complessivamente i partigiani sovietici erano combattenti dotati di un forte senso morale. Sin dal primo momento si diedero un codice di comportamento non scritto, molto severo, qualche volta anche eccessivo”. I criminali fascisti e comunisti che uccisero i nostri preti e seminaristi erano di tutt’altra bestiale natura. Tutto il mondo è paese. Eraldo Gastone, nome di battaglia Ciro, li ricordò così: “erano uomini combattivi, sensibili, allegri, tristi, burloni, temerari, disciplinati, qualche volta anche il contrario. Erano uomini che amavano la vita, amavano mangiare e bere, amavano le donne. Un aspetto tutt’altro che negativo”. Uno di loro, il maggiore Kononov, che combatté in una brigata Garibaldi del Cuneese, pronunciò questo discorso: “Noi partigiani Russi, spalla a spalla con i partigiani Italiani, vogliamo sempre combattere contro i Tedeschi e i fascisti, per ottenere giustizia e libertà. Noi ringraziamo i partigiani Italiani che ci hanno così bene accolto. Noi non lo dimenticheremo mai, noi giuriamo solennemente che vogliamo combattere su tutti i fronti, contro i grandi nemici: nazismo e fascismo! A noi non fanno paura fuoco, acqua e morte. Sempre avanti contro i nazisti e i fascisti. Viva la grande amicizia fra partigiani Italiani e partigiani Russi! Viva la grande Armata Rossa! Viva l’alleanza russo-anglo-americana che combatte contro il nazifascismo e lo porta alla morte! Viva tutte le organizzazioni partigiane che combattono per l’idea della giustizia e della libertà!”. Chissà se il maggiore Kononov, chissà se i suoi compagni partigiani, accetterebbero oggi come eredi quelli che si sono proclamati tali, che dismettono lo Stato di diritto e la Costituzione della Repubblica, che inneggiano alle repressioni e che vomitano ogni giorno sulla Santa Russia una propaganda che profuma di razzismo nazifascista. Non vogliamo fare il gioco di chi si appropria dei sentimenti dei Caduti. Ci limitiamo a festeggiare il 25 Aprile e il 2 Giugno con le parole del maggiore Kononov: “Viva la grande amicizia fra partigiani Italiani e partigiani Russi!”. Pesa il blocco delle importazioni provenienti dai Paesi dell’Unione Europea? Da allora è passato quasi un anno. Tiriamo le somme di questa situazione. Secondo l’economista Jean Sebastian L. Lucidi, non tutti i Paesi europei sono stati al gioco voluto dagli Usa e non tutti hanno giocato allo stesso modo. C’è chi dice No alle sanzioni contro la Russia. Chi vi ha aderito e chi si è defilato. I Paesi UE dell’euromoneta, compresa l’Italia del 25 Aprile e del 2 Giugno, hanno aderito in pieno, sostanzialmente per un deficit di democrazia, indipendenza e sovranità, in aperta violazione dell’Articolo Uno della Costituzione della Repubblica Italiana. I Paesi che hanno opposto resistenza sono stati: l’Ungheria di Orban, la Bulgaria ed ora la Grecia che con il nuovo governo anti-austerità di Tsipras nell’ultima visita a Mosca, ha siglato con Putin, degli accordi commerciali per aggirare le sanzioni tra Mosca e Atene. Si è parlato anche di solidarietà cristiana “ortodossa” tra le due capitali. Se fosse vera, ha portato a dei risultati interessanti, come la concessione del passaggio del gasdotto russo in Grecia (South Stream) che doveva passare in Italia (bravissimi Renzusconi-Mattarella!) ma che grazie alle sanzioni è andato in fumo come la sovranità degli Italiani. Per il passaggio in Grecia del gasdotto russo, alle casse di Atene andranno dai 3 ai 5 miliardi di euro. Secondo l’economista Jean Sebastian L. Lucidi, “l’economia russa, malgrado le difficoltà iniziali (pensiamo anche al calo concomitante del prezzo del petrolio e al crollo del rublo) ha risposto in maniera eccellente. D’altra parte la storia insegna che i russi hanno sempre resistito agli assedi, come Leningrado e Stalingrado. Il rublo scambiato a 75 per 1 euro in questo Inverno 2015 si è rivalutato recuperando circa il 25 percento sull’euro e il 15 percento sul dollaro. Il petrolio ha recuperato da un minimo di 49 dollari in Gennaio fino a 66 dollari attuali e questo va a vantaggio della Russia che esporta proprio in dollari”. C’è stato anche un cambio strategico di attenzione da parte della Russia: l’Aquila Bicefala russa dei Santi Martiri Romanov guarda oggi un po’ più a Oriente. Infatti, “visto il blocco commerciale con l’Europa e gli Usa, la Russia ha e sta siglando contratti commerciali, strategici, energetici e militari con giganti quali India, Cina, ma anche Egitto, Giappone, Venezuela e Turchia, quest’ultima per il transito del gasdotto South Stream via Turchia, di cui la Grecia ora è coinvolta e l’Italia esclusa. Ed infine lo sblocco delle sanzioni all’Iran sulle forniture militari. Quindi in seguito alle sanzioni imposte dagli Usa, sempre a rimetterci è l’Italia con l’intera Europa”. Non è assolutamente normale! La sceneggiatura degli “strateghi” statunitensi sembra costringere i colossi d’Oriente, in primis il Celeste Impero, nella nuova Guerra Fredda economica tra Occidente e Russia. “La Cina è un alleato storico della Russia sia commerciale sia militare, Mosca ha deviato parte del gas proprio verso il Celeste Impero con decorrenza dal 2018 per un accordo del valore 400 miliardi dollari che riguarda la costruzione di un gasdotto attraverso la Siberia e l’invio di 38 miliardi di metri cubi di gas naturale dalla Russia alla Cina e non solo. Basti pensare che nel 2013 l’interscambio commerciale tra Pechino e Mosca è stato di 66 miliardi di dollari mentre nel 2014 ha toccato circa 90 miliardi di dollari. Ma la cosa più importante è che i due giganti stanno progressivamente abbandonando l’uso del dollaro, cosa che non piace certo a Washington, che spinge l’Europa ad inasprire le sanzioni verso Mosca”. Brutto affare per i politicanti italiani dalle “riforme” facili perchè gli effetti sull’Italia saranno a dir poco catastrofici. “Brutto veramente, dall’inizio delle sanzioni (il 7 Agosto 2014) l’Italia ci ha rimesso per un valore di circa 1,25 miliardi di euro in commerci mancati con la Russia fino a Dicembre 2014 (secondo Coldiretti) e per tutto il 2015 si può arrivare ai 25 miliardi secondo una stima del SACE. Il crollo del rublo tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 non ha certo sostenuto quel poco di export italiano non sanzionato”. I settori più danneggiati, guarda caso, sono “sicuramente l’agroalimentare che ha perso più del 50 percento di export, il tessile, il farmaceutico, i mobili in legno e i mezzi di trasporto. Al danno si è aggiunta anche la beffa, grazie al blocco dell’export italiano in Russia, i nostri prodotti ora vengono contraffatti, violando di fatto i nostri diritti commerciali d’autore” che peraltro anche prima delle sanzioni (in tutto il Mondo) non venivano affatto tutelati. Ci sono stati settori dell’economia e della politica che in Italia si sono ribellati apertamente al sistema delle sanzioni contro la Russia. Ma è stato tutto inutile. “Sicuramente gli esportatori italiani che lavorano con la Russia per i settori menzionati sopra protestano; ma sul versante della politica purtroppo la maggioranza appoggia incondizionatamente le sanzioni imposte da Bruxelles; l’eccezione felice a questo stato di fatto è rappresentata (e ne dò merito) dalla Lega Nord di Matteo Salvini, il quale si è recato più volte a Mosca proprio per la questione delle sanzioni, cercando di non far penalizzare gli esportatori del Nord. Da ricordare l’impegno contro le sanzioni alla Russia, da parte dell’Associazione Culturale Lombardia Russia. Iniziative più sporadiche di protesta per le sanzioni sono venute da alcuni esponenti del M5S a quanto pare”. Curiosamente l’interscambio economico Usa-Russia è migliorato nell’ultimo anno. Si spiega “con il fatto che gli Usa comandano gli altri per i propri interessi! Gli imprenditori russi si sono rivolti al mercato americano e viceversa, visto il buco commerciale creatosi in Europa con la Russia. Il bilancio del 2014 registra l’aumento del volume del commercio russo-statunitense del 5,6 percento, raggiungendo la cifra di circa 29,2 miliardi di dollari. Nello stesso tempo il volume d’importazioni delle merci statunitensi nella Federazione Russa ha avuto un’impennata del 12,1 percento, raggiungendo la cifra di 18,5 miliardi di dollari. La quota degli Usa nella Bilancia commerciale estera della Russia è aumentata, passando dal 3,3 al 3,7 percento”. É naturalmente sempre possibile spezzare questa follia: ci sono delle smagliature nella Ragnatela Tholiana delle sanzio

i che magari possono allargarsi e riaprire il flusso della naturale interazione tra Italia e Russia. “Per il momento la Grecia è contro le sanzioni, ma Mosca e Atene non possono rimuoverle completamente visto che sono su scala UE, quindi i due Paesi stanno siglando partnership commerciali per aggirare le sanzioni. Da parte dell’Italia purtroppo non vedo spiragli, mentre l’Ungheria ha siglato come la Grecia anch’essa degli accordi in ambito militare ed energetico. Staremo a vedere se in un prossimo futuro si intravedrà un barlume di saggezza a Bruxelles. Al momento sono scettico”. L’Italia è stata accusata dal primo ministro lituano di essere insieme alla Grecia l’utile idiota della Russia nella UE. “La Lituania fa parte di quei mini-Stati che hanno un odio storico verso la Russia e che per questo oggi sono usati, un po’ alla maniera di fantocci, come rampa di lancio contro Mosca. L’Europa ha commesso gravissimi errori. Se Di Rienzo ha sottolineato il ruolo di “grande assente” svolto dalla UE, Ferrari ha maggiormente messo in luce le scelte errate che quest’organo così diviso al suo interno è riuscito malauguratamente a commettere facendo infine fronte comune. Invece che affrontare seriamente le divisioni interne all’Ucraina, proponendo soluzioni di tipo diplomatico e individuando una possibile conciliazione che tenesse conto, oltre alle legittime ragioni dei manifestanti, del retaggio identitario culturale russo, delle scelte di politica interna dello stato sovrano ucraino e dei tradizionali legami economici, commerciali e strategici fra Russia e Ucraina, la UE ha abbracciato una lettura statica e manichea della crisi ucraina. Sotto gli slogan ispirati a democrazia, diritti umani ed autoderminazione dei popoli hanno agito interessi ben più materiali: da un lato la sudditanza all’Aquila statunitense, dall’altro lato l’interesse verso un’annessione dell’Ucraina. I filo-occidentali hanno così avuto pieno sostegno, semplicemente in quanto filo-europei. Invece che proporsi come onesto mediatore, la UE si è schierata apertamente, assumendo un onere politico e militare enorme”. La reazione russa, mostratasi nell’annessione della Crimea e nel sostegno ai Patrioti del Donbass, non è stata che un’ovvia reazione difensiva russa volta alla tutela dei propri interessi nazionali. “I due macro effetti del contrasto fra UE e Russia sono stati gravissimi: da un lato, sotto il profilo economico, la riduzione degli scambi commerciali, petroliferi in particolare, con gravi ricadute sulle già deboli economie degli stati europei; dall’altro lato, sotto l’aspetto geopolitico, la necessità della Russia di affacciarsi verso nuove alleanze, sino al patto commerciale con la Cina”. Di Rienzo ha particolarmente sottolineato questa seconda fatale tendenza: la politica della Nato ha spinto la Russia, “sentinella d’Oriente”, secondo Puskin, nell’abbraccio del potente Dragone cinese, superpotenza in crescita anche militarmente e destinata negli anni venire a un confronto più duro con l’Occidente, su tutto il pianeta, anche nel Mediterraneo. “Emergono così due modi di far politica che sono a loro volta espressione di due Weltanschauungen radicalmente distanti. La polarità Usa-Russia, simbolizzata dalle figure dell’Aquila e dell’Orso, ma anche, schmittianamente, da Mare e Terra e, secondo Leontiev e Dugin, da Cartagine e Roma, si riverbera in due filosofie politiche eterogenee, riconoscibili persino a livello linguistico e comunicativo, almeno secondo la nostra prospettiva interpretativa. Se la Russia di Putin si perita nell’utilizzo di un linguaggio ispirato a categorie politiche e geopolitiche forti, dove a contare sono logiche di potenza, la dicotomia amico-nemico, logica-illogica, la sovranità nazionale, gli interessi patriottici e il potere della storia e dei popoli, gli Usa di Barack Hussein Obama propongono una comunicazione legalistica e burocratica, ammantata da un velo di democraticismo e politically correct, in cui ad emergere sono i temi degli accordi internazionali, dei diritti umani, delle minoranze, dell’occidentalismo etico”. Il cinismo del realismo politico, secondo una scuola che da Machiavelli passa attraverso la mediazione di Hobbes sino a Schmitt, contro l’utopismo progressista dei buoni sentimenti. Un utopismo, questo, che della grandezza dell’utopia è completamente privo e che tanti biechi interessi ha mascherato nella storia recente. La naturale vocazione dell’Italia è quella di abbattere la nuova Cortina di Ferro e di far ripartire il grande processo di integrazione europea Est-Ovest con la fondazione degli Stati Uniti di Europa insieme alla Russia. Speriamo che la politica se ne accorga in tempo, prima che qualche folle militare faccia decollare, magari per errore, tutti i missili termonucleari! La Russia, per le potenzialità del suo mercato interno, ha sempre rappresentato una piazza di grande interesse per le imprese italiane, specialmente negli ultimi anni di crisi durante i quali l’internalizzazione ha offerto nuove opportunità alle aziende che hanno incontrato difficoltà sul mercato europeo. L’incertezza legata alla soluzione della crisi ucraina, le maligne sanzioni e le misure di ritorsione adottate rispettivamente dall’Unione Europea e dalla Russia, hanno determinato un crollo nel commercio bilaterale Roma-Mosca e un temporaneo peggioramento delle relazioni politiche senza il consenso degli Italiani e sempre in aperta violazione della Costituzione della Repubblica. Nel 2013 le esportazioni italiane nella Federazione Russa hanno raggiunto il loro massimo storico con 10,8 miliardi di euro. Nel 2014 si è invece registrata una perdita di 5,3 miliardi di euro nell’interscambio tra Italia e Russia. Allo strettissimo rapporto personale instaurato nel tempo dall’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, sono seguiti dal 2011 i governi-fantoccio Monti e Letta che hanno cercato di dedicare grande attenzione ai rapporti con il partner russo, nel segno di una continuità di cui hanno beneficiato principalmente le PMI italiane. Il governo di Matteo Renzi (Renzusconi, perchè “figlio” di un compromesso destra-sinistra) non “eletto” dal Popolo italiano sovrano, ha visto invece la luce nel momento in cui prendeva forma il più grande scontro con la Russia dopo la fine della Guerra Fredda, innescato dalle proteste a Kiev per la mancata firma dell’Accordo di Associazione con la Ue. Che hanno portato a quella che di fatto è stata la deposizione di un Presidente democraticamente eletto da parte del Popolo Ucraino e all’insediamento di un nuovo esecutivo e un nuovo presidente non riconosciuti dalle regioni orientali russe del Paese, che tutt’oggi reclamano quell’autonomia loro riconosciuta dagli Accordi di Minsk2. All’indomani della fuga del presidente Yanukovic da Kiev, giurava in Italia il governo Renzi che subito maldestramente si univa al coro di condanna nei confronti della Russia per il suo presunto “sostegno fornito ai separatisti dell’Est ucraino e per l’annessione della penisola di Crimea alla Federazione Russa”. Fin dal 6 Marzo 2014, data di adozione del primo livello di sanzioni nei confronti della Russia, il governo Renzi ha condiviso ogni successivo inasprimento del quadro sanzionatorio, deciso a livello Ue di concerto con gli Stati Uniti d’America. Ripeto, senza il consenso degli Italiani tenuti all’oscuro di tutto. Nella fase più delicata della crisi ucraina, la piazza mediatica instaurata in Italia dal premier Renzi e dai Presidenti della Repubblica Napolitano e Mattarella, ha assunto la sua “consacrazione” con la presidenza di turno della Ue. Altrettanto fallimentare. Un’opportunità, unita alla nomina dell’italiana Federica Mogherini alla carica di Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, per farsi promotrice di una mediazione tra Russia e Ucraina che però l’Italia non ha pienamente colto, scavalcata dall’iniziativa di Francia e Germania nel mediare il secondo Accordo di Minsk. Ad un anno dall’introduzione delle sanzioni, i costi della “guerra economica” non voluta dal Popolo italiano, hanno cominciato a farsi sentire e le spaccature, all’interno della Ue, tra coloro che appoggiavano la linea dura contro la Russia e le colombe, sono emerse in tutta la loro sublime chiarezza. In questo dualismo, però, la Roma di Renzusconi non è affatto la colomba come alcuni vogliono far credere. Pur allineandosi alle posizioni europee in materia di sanzioni, il governo italiano solo a chiacchiere non ha infatti mai negato l’importanza del ruolo della Russia nelle relazioni internazionali per il mantenimento di un equilibrio del potere a livello globale e nella gestione delle crisi internazionali, dall’accordo sul nucleare iraniano, all’impegno comune sul terrorismo internazionale, fino alla crisi in Siria e passando per la Libia. Chiacchiere prive di fatti che stiamo pagando salatamente con l’inarrestabile invasione di profughi africani e asiatici (altro che “migranti”!) in fuga dalle guerre perse dall’Italia e dalla Nato contro “il terrore islamista”. Proprio il voler coinvolgere Mosca sul dossier libico, di grande interesse per il nostro Paese data la prossimità geografica con quello che è a tutti gli effetti un “failed State” bombardato dalla Francia nel 2011, ha portato Matteo Renzi a Mosca lo scorso 4 Marzo. Visita, forse una delle poche se non l’unica di un “leader” occidentale a Mosca di questi tempi, che ha però confermato quello che già si sapeva: i rapporti tra l’Italia e la Russia stanno risentendo della crisi in Ucraina; anche se Roma resta per Mosca un interlocutore privilegiato, gli Italiani non possono litigare con gli Americani. Più del riconoscimento dell’importanza della Russia nello scacchiere internazionale e del “non poter costruire l’Europa in scontro con il nostro più grande vicino”, è però l’avversione del mondo imprenditoriale alle sanzioni con la Russia che sembra dettare la nuova posizione italiana sul tema, a costo di sfiduciare in Parlamento il governo Renzi. In questo senso vanno ricondotte le recenti dichiarazioni di Federico Eichberg, dirigente della Direzione generale per la politica commerciale internazionale (Ministero dello Sviluppo economico) che ha confermato la posizione del Governo su questo fronte: “l’Italia non voterà a favore della proroga della sanzioni”. Ma ancora più rilevanti sono le parole del Ministro degli Affari Esteri italiano, Paolo Gentiloni, il quale, ammettendo il pesante prezzo pagato dall’Italia nell’applicazione delle sanzioni contro la Russia, ha riconosciuto “la necessità di non chiudere le porte alla Russia e di mantenere aperti i canali con Mosca”. L’atteggiamento cerchiobottista del premier Renzi, di sostenere Kiev e le sanzioni contro la Russia, mentre navi e aerei italiani scortano pattuglie Nato nel Baltico e intorno alla Russia, e contemporaneamente cercare di recuperare il rapporto con il Cremlino, l’attore imprescindibile sia sul piano internazionale sia dal punto di vista economico, al momento non paga. Il Presidente russo Putin, oltre ad essere un profondo conoscitore delle relazioni internazionali, ha da tempo assunto una posizione molto logica e chiara sui dossier nei quali si cerca, all’occorrenza, di coinvolgerlo e al momento non ha mai aperto a nessuno scambio, soprattutto se ad essere coinvolti sono gli interessi nazionali della Russia che ha molto a cuore le sue tradizioni culturali, religiose, civili e giuridiche. Il prossimo appuntamento è la visita di Putin a Milano per l’Expo2015 in Giugno. La data è stata fissata. Ma, come ha tenuto a precisare il ministro Gentiloni, certamente l’incontro non farà miracoli. Insomma, inutile “illudersi di poter tornare d’incanto alla situazione pre-crisi Ucraina”. Agli Italiani non resta che boicottare tutti i prodotti statunitensi, per far sentire chiaramente la propria voce alla Casa Bianca, magari coinvolgendo benignamente Papa Francesco che parlerà apertamente contro i Warlords il prossimo Settembre 2015 al Congresso Usa. Nel frattempo, pubblicata da “Junge Welt” il 6 Maggio scorso, la Lettera Aperta intitolata “Soldati per la Pace” è stata inviata al Bundestag e alle ambasciate dei Paesi Nato. I Firmatari parlano di una “campagna mediatica senza precedenti, di isteria bellica e russofobia”, affermando che “a settant’anni dalla fine della guerra che ha ucciso 28 milioni di cittadini sovietici, la guerra diviene di nuovo compagna dell’umanità. La riorganizzazione del mondo sotto la guida degli Usa e dei suoi alleati ha portato a guerre in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Yemen, Sudan, Libia e Somalia”. I Firmatari aggiungono: “Poiché sappiamo molto bene cos’è la guerra, noi siamo a favore della Pace. Non abbiamo bisogno di una campagna militare contro la Russia, ma di comprensione reciproca e di convivenza pacifica”. Ma non meno importante del testo, è l’elenco delle nobili Firme. Una vera e propria ripulsa pubblica della Politica tedesca da parte dell’establishment militare germanico. Personalità in pensione, ma il loro parere è pesante come una pietra. Papa Francesco faccia qualcosa! Sono coloro che furono sconfitti dai Russi 70 anni fa. Gli unici che in Germania sentono l’altissimo obbligo etico e morale di ricordare il passato com’è giusto che sia. Tra i Firmatari due ex ministri della Difesa tedesca, Heinz Kessler e Theodor Hoffmann, 3 generali, 19 tenenti generali, 61 maggiori generali, diversi ammiragli, colonnelli e capitani germanici. La Lettera Aperta è firmata anche dal cosmonauta tedesco Sigmund Jahn. Il Mondo della Scienza faccia sentire la propria voce con la Federazione Mondiale degli Scienziati. Nel Discorso del Presidente Putin alla Russia e al Mondo, pronunciato dalla tribuna d’onore alla Parata della Vittoria sulla Piazza Rossa di Mosca, il 9 Maggio 2015, è possibile capire la vera Logica della Pace multipolare sulla Terra. “Cari cittadini della Russia! Cari veterani! Cari ospiti! Compagni, soldati e marinai, sergenti e sottufficiali, sottufficiali e ufficiali marescialli! Compagni ufficiali, generali e ammiragli! Mi congratulo con Voi per il 70mo anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica! Oggi, celebrando questo santo giubileo, siamo ancora una volta consapevoli dell’enormità della Vittoria sul nazismo. Siamo orgogliosi che i nostri padri e nonni siano stati in grado di prevalere, schiacciare e distruggere il potere delle tenebre. L’avventura di Hitler è diventata un terribile lezione per l’intera comunità mondiale. Negli Anni ‘30 del secolo scorso – dichiara il Presidente Vladimir Putin – l’Europa illuminata non si è accorta immediatamente della minaccia mortale dell’ideologia nazista. E ora, 70 anni dopo, la storia ancora una volta si appella alla nostra ragione e alla nostra vigilanza. Non dobbiamo dimenticare che le idee di superiorità razziale e di esclusività hanno portato alla guerra più sanguinosa. Vi ha partecipato circa l’80 percento della popolazione mondiale. E molti stati europei sono stati occupati e schiavizzati. L’Unione Sovietica ha ricevuto i colpi più crudeli e violenti dal nemico, questi sono stati tirati insieme da gruppi selezionati di nazisti, qui hanno concentrato tutta la loro potenza militare. Qui sono state combattute con il più grande numero di truppe e mezzi, le battaglie decisive della Seconda Guerra Mondiale. È evidente che sia stata l’Armata Rossa a segnare, a seguito della battaglia devastante su Berlino, il punto determinante per vincere la guerra contro la Germania nazista. Per la libertà della sua terra natale ha combattuto tutto il popolo plurinazionale. Tutti hanno portato il pesante fardello della guerra, e tutti insieme hanno realizzato questa immortale impresa della salvezza della Patria, hanno determinato l’esito della Seconda Guerra Mondiale e liberato i popoli d’Europa dai nazisti. E ovunque vivano oggi veterani, devono sapere che qui in Russia, veneriamo la loro inflessibilità, il coraggio e la fratellanza militare. Cari amici! La Grande Vittoria sarà sempre la pietra miliare della storia eroica del nostro Paese. Ma ricordiamo anche i nostri Alleati nella resistenza antinazista. Siamo grati ai popoli della Gran Bretagna e della Francia, degli Stati Uniti, per il loro contributo alla Vittoria. Ringraziamo gli antifascisti provenienti da diversi Paesi che disinteressatamente hanno combattuto in formazioni partigiane e clandestine anche nella stessa Germania. Ricordiamo lo storico incontro con gli Alleati sull’Elba, quella fiducia e quella unità che sono diventati il nostro patrimonio comune, un esempio di unità tra i popoli per la pace e la stabilità. Sono questi i valori che costituiscono la base per l’ordine mondiale post-bellico. Sono state istituite le Nazioni Unite che hanno istituito il moderno sistema di diritto internazionale. Queste istituzioni hanno dimostrato di essere efficaci nella risoluzione delle controversie e dei conflitti. Tuttavia, negli ultimi decenni sempre più spesso, si ignorano i principi fondamentali della cooperazione internazionale. Tali principi sono nati dalla sofferenza dell’Umanità provata dalla guerra. Abbiamo visto i tentativi di creare un mondo unipolare, vediamo come sta prendendo campo una mentalità dei blocchi basata sulla forza. Tutto questo mette a rischio la sostenibilità dello sviluppo globale. Nostro obiettivo comune deve divenire lo sviluppo di un sistema di pari sicurezza per tutti gli Stati. Sistema, adeguato alle minacce moderne, costruito su base regionale e globale, lontano dal pensare ai blocchi. Solo così possiamo garantire la pace e la tranquillità nel mondo. Cari amici! Diamo il benvenuto oggi a tutti i nostri ospiti stranieri ed esprimiamo la nostra gratitudine speciale per i rappresentanti dei Paesi che hanno combattuto contro il nazismo e il militarismo giapponese. Assieme con i militari Russi nella Parata sulla Piazza Rossa marceranno i rappresentanti di altri dieci Stati. Si tratta dei rappresentanti di Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Kirghizistan, Kazakistan e Tagikistan. I loro padri e nonni sono stati spalla a spalla nel fronte e nella prima linea delle trincee. I rappresentanti della Cina che, come l’Unione Sovietica, hanno perso nella guerra molti milioni di vite di cittadini inermi, che contiene il fronte principale nella lotta contro il militarismo in Asia. Coraggiosamente hanno combattuto contro i nazisti, i soldati dell’India. Una forte e solida Resistenza hanno opposto ai nazisti, i Serbi. Durante la guerra, il nostro Paese è stato sostenuto attivamente dalla Mongolia. Ed ora, in una singola formazione sono nella Sfilata i nipoti dei figli della generazione uscita dalla guerra. Il Giorno della Vittoria è la nostra Festa comune. Poiché la Grande Guerra Patriottica è stata una vera e propria Battaglia per il futuro di tutta l’umanità. I nostri padri e nonni hanno sperimentato indicibili sofferenze, privazioni e perdite, si sono usurati, al limite della forza umana. Hanno combattuto senza risparmiarsi con la loro vita, mostrando un esempio di grande generosità e genuino patriottismo. Ci inchiniamo davanti a tutti coloro che hanno ceduto la loro vita fino alla morte nella difesa di ogni strada, ogni casa e ogni frontiera della Patria. Coloro che sono morti nelle violente battaglie di Mosca e Stalingrado, a Kursk e Dnieper, chi è morto di fame e di freddo nella imbattuta Leningrado, chi è stato torturato nei campi di concentramento, imprigionato nell’occupazione. Ci inchiniamo di fronte alla chiara memoria dei figli, figlie, padri, madri, nonni, mariti, mogli, fratelli, sorelle, compagni, parenti, amici. Di tutti coloro che non sono tornati dalla guerra. Di tutti coloro che non sono più con noi. Dichiaro un minuto di silenzio”. Segue il minuto di silenzio. “Cari veterani! Voi siete i protagonisti del grande Giorno della Vittoria. La vostra impresa ha portato la tranquillità, la vita dignitosa per molte generazioni. Avete dato loro l’opportunità di costruire, e di andare avanti con coraggio. E ora i tuoi figli, nipoti e pronipoti, sicuramente mantengono alta la Vittoria. Lavorano per il presente e il futuro del loro Paese. Servono devotamente la Patria. Con onore rispondono alle sfide complesse contemporanee. Assicurano il successo allo sviluppo, alla potenza e alla prosperità della nostra Patria, la nostra Russia! Gloria al popolo vittorioso! Buon Giorno della Vittoria! Hurra!”. La Parata della Vittoria AD 2015 a Mosca è stata colossale quanto l’errore dei leader europei di disertare l’appuntamento. Dei 70 milioni di morti, almeno 28 furono soldati e civili sovietici, una cifra che fa sembrare uno scherzo i 415mila Caduti americani totali americani. Furono i Russi a liberare Berlino e Auschwitz. Sempre i Russi furono a decimare le armate naziste in Europa. Quindi il loro fu il prezzo più alto rispetto a chiunque altro. Così i leader europei che hanno disertato la Parata del 9 Maggio 2015, lo schiaffo vero non l’hanno dato in verità nè ai Russi nè al Cremlino nè a Putin. L’hanno dato ai loro concittadini Europei: trattando i Russi da persone di serie B come accade dal 2014 in Ucraina orientale, gente il cui sacrificio può tranquillamente essere dimenticato o disprezzato, la Vecchia Europa burocratica dell’euromoneta ha solo condannato se stessa all’estinzione. Così facendo un colossale favore politico strategico agli Usa di Barack Hussein Obama e Hillary Clinton che potranno contare, in futuro, oltre che sul consolidamento delle proprie basi militari in Italia e in Europa Orientale, anche su uno spirito patriottico e nazionalistico sempre più acceso e forte in funzione decisamente contraria alla fondazione degli Stati Uniti di Europa insieme alla Russia. Non solo. L’assenza dei leader occidentali alla Parata della Vittoria AD 2015 dà un’ulteriore spinta alle alleanze alternative che la Russia sta stipulando con Paesi come Cina, India, Egitto, Palestina e Turchia, con cui in passato ha sempre avuto guerre, rapporti tesi e, nei momenti migliori, diffidenza. Un altro straordinario risultato politico di Bruxelles, di Washington DC e della obsoleta Nato con i loro comunicati, relazioni e conferenze stampa anti-russi. La conferma cioè che la politica estera dell’Unione Europea non è solo inesistente. È pericolosamente illogica. Sulle note della musica della canzone “Giorno della Vittoria”, l’orchestra lascia la Piazza Rossa. La Parata della Vittoria termina con i 6 cacciabombardieri Su-25SM, i cui fumi disegnano il Tricolore della Federazione Russa. Hurra! Hurra! Hurra!

© Nicola Facciolini

2 risposte a “La solenne Parata della Santa Russia in onore del Settantesimo Anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica contro il Nazismo”

  1. Nicola Facciolini ha detto:

    La Parata della Vittoria

    https://www.youtube.com/watch?v=TYRuFAJMGZo

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