“Il sacrificio di uomini e donne impegnati nella lotta alla violenza mafiosa e nella strenua difesa dei principi democratici costituisce un costante e severo richiamo, per le istituzioni e i cittadini, a una comune offensiva contro ogni forma di criminalita’ organizzata e le sue ramificazioni nel tessuto sociale”. Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione nella ricorrenza del 33esimo anniversario del vile attentato in cui persero la vita il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. “Desidero – riprende – rendere il partecipe e commosso omaggio del popolo italiano e mio personale alla loro memoria. Il Prefetto Dalla Chiesa, con la sua inflessibile battaglia contro l’insidiosa opera di organizzazioni terroristiche e criminali e la sua azione intelligente e tenace, rappresenta particolarmente per le nuove generazioni un grande esempio”.
Il Capo dello Stato richiama alla offensiva “contro ogni forma di criminalita’ organizzata e le sue ramificazioni nel tessuto sociale” e ricorda che “con la ferma convinzione che la salvaguardia dei valori della democrazia e della liberta’ vada garantita con la mobilitazione e il contributo di tutti i soggetti istituzionali e delle forze politiche e sociali, rinnovo le espressioni di vicinanza alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo”.
Il prefetto e’ stato ricordato a Palermo. Corone di fiori sono state poste nel luogo dell’eccidio, in via Isidoro Carini.
Tra i presenti la figlia Rita Dalla Chiesa, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il sindaco Leoluca Orlando, alcuni assessori regionali, ma non il presidente Rosario Crocetta. Poi la cerimonia presso la caserma intitolata al generale, sede del comando regionale dei carabinieri. Dalla Chiesa era gia’ stato in Sicilia come ufficiale dei carabinieri dal 1949 ai primi anni ’50 e successivamente dal 1966 al 1973. Da generale aveva coordinato la lotta al terrorismo ed era stato nominato prefetto di Palermo dopo l’omicidio di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, per fermare la mattanza mafiosa. Aveva chiesto piu’ volte, ma senza ottenerli, poteri effettivi di coordinamento della lotta a Cosa nostra. Cento giorni di impegno determinato, oltre ogni ostacolo, e di solitudine. Fino al tragico epilogo. Quel venerdi’ sembro’ davvero che fosse per sempre “morta la speranza dei palermitani onesti”.
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