Le considerazioni del Professor Salvatore Di Somma, presidente dell’Associazione Great Network, a margine del Sesto congresso dell’Italian Great Network congiunto con Memc (Mediterranean Emergency medicine congress) in programma all’Ergife Hotel fino al 9 settembre, organizzato da Great-Global research on acute conditions Team Italy insieme alla American academy of Emergency medicine (Aaem) e la Mediterranean academy of Emergency medicine (Maem). “In questi tre giorni potremmo discutere di molte problematiche tipiche dell’emergenza, innanzitutto del sovraffollamento dei pronto soccorso, una piaga che affligge il nostro sistema sanitario e che sta diventando ogni giorno di più un problema per la salute dei cittadini. Affronteremo quindi insieme questo argomento, cercando di verificare soluzioni che in passato sono state seguite da altri Paesi come l’Olanda, l’Inghilterra e l’Australia, dove l’avvento dell’Acute medicine, che è un concetto in sviluppo enorme, sembra la soluzione reale per fare in modo che le persone che si presentano al pronto soccorso non abbiano da soffrire in barella per troppo tempo. Si tratterebbe, infatti, di una soluzione che porterebbe il paziente ad essere ricoverato in quattro ore. Proprio per questo lo scorso luglio abbiamo fondato la Società italiana di Acute medicine, con la quale ci proponiamo di tentare di proporre alla cittadinanza la modalità di smettere di soffrire in un pronto soccorso affollato. Oggi abbiamo avuto anche l’onore di avere qui la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, la quale ha in un certo senso benedetto l’iniziativa e aspetta da noi un consenso internazionale in modo che ne possa fare un modello di valutazione per cui l’Italia, che da sempre offre un buon sistema sanitario, possa addirittura offrire una soluzione anche all’estero”.
Tra Italia e altri Paesi del mondo, intanto, sono previste collaborazioni proprio nel campo della medicina d’emergenza-urgenza. “Già da tempo come Università Sapienza di Roma e come Great abbiamo messo insieme una serie di collaborazioni con l’Università di San Diego-California, con l’Università Charité di Berlino e con quella di Seul in Corea, con le quali attraverso scambi continui tra i nostri studenti, i professori e i medici d’urgenza abbiamo facilitato il progresso nello scambio di esperienze che è fondamentale. In questo senso l’Italia sta dimostrandosi sempre più capace: una volta che entra in un meccanismo internazionale, infatti, sa dire la sua parola ed essere parte di un progresso continuo. Tali collaborazioni non solo sono state fatte, ma con questo congresso aumenteranno, in particolare con l’università di San Diego”.
“Sono sorpreso del fatto che a questo congresso siano arrivate più di 700 comunicazioni di giovani da tutto il mondo che hanno presentato le proprie ricerche e i propri lavori. In particolare lo hanno fatto Paesi emergenti, come la Corea e l’Iran, dove non ci aspettavamo tanto fermento culturale. Quindi poter dare loro un palcoscenico, durante queste tre giornate, sia come presentazioni orali in plenaria sia come poster, penso sia importante perché vuol dire che loro avranno immediatamente la possibilità di entrare in contatto con prestigiosi relatori di altre parti del mondo, con grandi ed esperti professori, ma anche con altri giovani. D’altronde la medicina d’emergenza-urgenza, in Italia, è una disciplina giovane che con i giovani può quindi lavorare e migliorare. I giovani, insomma rappresentano la forza di questo settore della medicina”. (Dire)
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