Con l’ingresso a scuola le funzioni più utilizzate per svolgere i compiti in classe sono quelle esecutive. Dal tenere la stessa postura allo stare seduti per ore, dal mantenere un buon livello attentivo all’iniziare a mettere in atto tutti i processi necessari all’apprendimento. “Si pensi che fra i disturbi indagati quali potenziali conseguenze del disturbo del disordine esecutivo ci sono i disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa), due entità invece molto diverse”. Avverte Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO), che al XVI Congresso nazionale dell’IdO, in programma a Roma dal 16 al 18 ottobre, parlerà de ‘L’analisi delle funzioni esecutive in età evolutiva’ – (Leggi il programma in allegato).
“In molti disturbi nosograficamente definiti (disturbo dello spettro autistico, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, Dsa) possiamo ritrovare una disorganizzazione delle funzioni esecutive, ma un disfunzionamento esecutivo come quadro clinico a sé può anche mimare sintomi comportamentali di tipo autistico, Dsa o Adhd. Ciò che differisce il primo dai precedenti- chiosa il medico- è che se viene individuato con appositi test e trattato con training specifici, il bambino nel giro di pochi mesi potrebbe stare meglio e riorganizzare tutte quelle aree che apparentemente erano così disorganizzate”.
– Cosa sono le funzioni esecutive? “Sono funzioni cognitive superiori, necessarie per programmare, mettere in atto e portare a termine un comportamento finalizzato a uno scopo. Rimandano sia a processi cognitivi che al concetto di autoregolazione e all’attenzione (selettiva, sostenuta e shifting attentivo). Le funzioni esecutive sono tra loro interconnesse- continua la neuropsichiatra dell’IdO- e difficilmente se ne riesce a isolare una, anche se i loro domini li conosciamo: pianificazione, controllo inibitorio, flessibilità, resistenza alle interferenze, memoria di lavoro e così via”. Per descriverle sono stati formulati diversi modelli teorici e neuropsicologici.
“Chiaramente lo studio di questi diversi modelli teorici può aiutarci a comprendere come si organizzano queste funzioni, ma in età evolutiva ciascun bambino è a sé e il profilo di funzionamento è individuale. Inizialmente sono state descritte come funzioni frontali, e se volessimo dare loro una localizzazione anatomo-funzionale all’interno del sistema nervoso centrale- sottolinea il medico- potremmo dire che sono situate nei lobi frontali e a livello delle regioni prefrontali. Un elemento da sottolineare è che dentro le aree prefrontali ci sono diversi circuiti, e a livello della corteccia prefrontale c’è il circuito orbito-frontale legato agli aspetto emotivi e motivazionale. Ecco perché quando si osserva un bambino che presenta un disturbo comportamentale o un disordine di tipo cognitivo non si può prescindere dall’osservazione e dalla valutazione degli spetti emotivi e motivazionali”. Il network delle funzioni esecutive è “quindi considerato come il controllore del traffico a livello delle connessioni cer ebrali, che ci consente di mettere ordine tra le informazioni in entrata e in uscita. Se questo sistema di controllo funziona bene le informazioni circoleranno in modo fluido e sarà più facile per il bambino attribuire significati a ciò che percepisce dall’ambiente e dagli altri, attivando delle risposte comportamentali, motorie, relazionali e comunicative idonee alle richieste dell’ambiente”.
– A che età può essere individuato un disfunzionamento di queste funzioni? “Il livello di funzionamento è completo intorno ai 14 anni, ma già dai 4-5 anni è possibile osservare in un bambino i precursori della memoria di lavoro piuttosto che delle abilità di pianificazione. Oggi sappiamo che i precursori delle funzioni esecutive si sviluppano già nel primo anno di vita. Sono state fatte delle correlazioni tra il tipo di funzione e la fascia di età- aggiunge l’esperta- ci sono alcune che si sviluppano nella prima infanzia e altre nella seconda”.
– Quali sono i sintomi? “Una delle caratteristiche principali di questo disordine è il fatto che i bambini non riescono a pianificare il loro piano di azione in modo coerente rispetto agli obiettivi prefissati. Esiste un test di pianificazione quotidiana applicato a minori di 8 anni che ci permette di verificare se abbiano già una buona capacità di pianificazione”. Un’altra area da attenzionare è la memoria di lavoro: “Se è vero che l’abilità cognitiva si struttura più in la con l’età, nei primi anni di vita si può osservare quanto un minore riesca a trattenere le informazioni acquisite per poi manipolarle e riadattarle nei contesti”. Un ulteriore dominio è il controllo inibitorio: “Se il piccolo non lo ha, metterà in atto le perseverazioni per difficoltà sia di inibizione che di flessibilità – chiarisce la neuropsichiatra- ovvero ripeterà, anche laddove sia scorretto e non necessario, una sequenza verbale, di pensiero o di azione”.
– Si guarisce da un disturbo delle funzioni esecutive? “In un’alta percentuale dei casi c’è un buon recupero se viene individuato prima che si strutturino i comportamenti psicopatologici e se trattato con tecniche giuste. Il minore potrà residuare un profilo di funzionamento lievemente atipico, che però non influenzerà in modo drammatico il funzionamento adattivo. Anche il Dsm 5, il manuale diagnostico, tiene conto del funzionamento adattivo e non solo dei punteggi ottenuti ai test”. – Cosa può fare la scuola? “Parliamo di bambini che posti di fronte a un compito da organizzare non ce la fanno e avranno un risultato estremamente scadente, perché si arrendono o preferiscono evitare piuttosto che iniziare e provare. In questo contesto i docenti possono essere d’aiuto nel riconoscere i campanelli d’allarme. Quando la maestra dice, ad esempio, ‘prendiamo i quaderni e scriviamo’- precisa Vanadia- è probabile che il bambino con disordine delle funzioni esecutive tirerà fuori dallo zaino contemporaneamente tutto qu ello che ha dentro senza riuscire ad organizzare una sequenza economica e funzionale. Prenderà il diario, l’acqua, la merenda, i colori e si troverà di fronte a un caos all’interno del quale dover selezionare ciò che gli serve. Questo ci fa capire come nel loro cervello ci sia una gran confusione- conclude il medico- senza volerlo, tutti i loro progetti diventano più complicati perché non riescono a filtrare le interferenze e le informazioni necessarie”.
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