“A Napoli nasce per la prima volta la pizza geotermica la cui pasta viene fatta lievitare in apposite camere tufacee. Un’idea davvero innovativa destinata a fare il giro del mondo. Nella città partenopea infatti è stata realizzata la prima pizzeria geotermica. Si trova all’interno dell’area conventuale dei Teatini, nel cuore di Napoli e letteralmente scavata nel Tufo Giallo napoletano”. Lo fa sapere Vincenzo Albertini, geologo, presidente di Napoli Sotterranea ed ideatore della pizzeria geotermica.
“Utilizzando forni realizzati in tufo, e pasta per la pizza lievitata dalle 24 alle 48 ore esclusivamente in camere tufacee, si ottiene la pizza geotermica. Le caratteristiche chimico fisiche del Tufo giallo napoletano- prosegue Albertini- conferiscono alla roccia straordinarie capacità di isolamento termico e di controllo dell’umidità”. In tal modo “abbiamo realizzato una pizzeria dove i parametri microclimatici delle camere di lievitazione sono costantemente monitorati per far raggiungere la completa maturazione dell’impasto conferendo alla pizza le più pregiate proprietà organolettiche e di digeribilità”, aggiunge il geologo.
La pizzeria geotermica è nata dopo particolari studi e ricerche. “Considerando lo studio urbanistico effettuato sulla citta di Napoli- prosegue il geologo- e risalendo fino al sistema ippodameo, incrociando i dati derivati da monitoraggi geo-tecnici, abbiamo compreso che in alcuni punti della città si raggiungono parametri microclimatici tali da conferire alla pasta lievitata proprietà organolettiche molto particolari”.
Già in epoca romana, la schiacciata, un prodotto da forno simile alla nostra pizza, “era molto famosa a Napoli– segnala Albertini- i romani utilizzavano il farro sotto forma di focacce salate, ma solo dopo aver conquistato i greci ed essere giunti a Napoli scoprirono il pane di frumento lievitato. In breve si diffusero i primi forni pubblici, dove lavoravano molti fornai greci”. I romani utilizzavano “due diversi tipi di lievito- prosegue il geologo- uno era fatto con il miglio mescolato al vino dolce e lasciato a fermentare per un anno, l’altro con crusca di frumento lasciata a macero per tre giorni nel vino dolce e poi fatta essiccare al sole. I romani producevano molti tipi di pane e di focacce unendo alla pasta vari ingredienti. Ma qui, nel centro antico di Napoli, dove sorgeva il foro romano, e in epoca precedente l’agorà greca, le loro focacce godevano anche degli effetti microclimatici derivati dal tufo con cui realizzavano i forni, e che favoriva, già allora, gli ideali equilibri chimico-fisici utili ai lieviti, affinché ’il prodotto finale risultasse divinamente leggero’”.
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