Anno zero, l’ennesimo per la scuola italiana, che con la riforma della “Buona Scuola” targata Renzi – Giannini è destinata a cambiare volto ancora una volta, verso una strutturazione organizzativa definita più aziendalistica, con a capo quei presidi, che qualcuno è arrivato addirittura a chiamare sceriffi, per i presunti eccessivi poteri che la nuova legge attribuirebbe loro. “In realtà quello di oggi è un finto cambiamento” spiega a tiKotv Maria Chiara Marola, Preside dell’istituto superiore Amedeo d’Aosta dell’Aquila. “L’autonomia per i singoli istituti e i poteri dei presidi erano già previsti in precedenza, anche se le norme poi sono rimaste inattuate”.
Una delle innovazioni più discusse della riforma è quello che affida proprio ai presidi il compito di gestione e valorizzazione delle risorse umane. Secondo i critici, tra i risvolti di questa norma ci sarebbe la possibilità per i dirigenti di scegliere autonomamente i docenti da assumere, soprattutto nella cosiddetta fase C della riforma, nella quale i dirigenti sono chiamati a formulare le richieste per potenziare il proprio organico. Nella realtà però questo potere non è affatto effettivo, come spiega Maria Chiara Marola “Noi (i dirigenti, ndr) abbiamo la possibilità di scegliere non il singolo docente, ma soltanto la tipologia di personale che occorre all’istituto, all’interno degli “ambiti” prestabiliti”.
La riforma della Buona Scuola porta con sé delle novità anche per gli studenti, che però sono inserite nel testo con valenza “erga omnes”, senza un’adeguata valutazione delle singole realtà territoriale. Perciò capita che gli operatori della scuola si trovino di fronte ad un cambiamento come quello portato dal potenziamento del principio dell’alternanza scuola lavoro, che prevede l’affiancamento alla didattica di ore lavorative all’interno di fabbriche locali, in una situazione come quella dell’Aquila, nella quale realtà industriali in grado di accogliere gli studenti non sono assolutamente presenti. “Io ho 900 studenti nella mia scuola, ciascuno dei quali dovrebbe svolgere, nel corso del triennio, 400 ore di attività in un ambiente lavorativo”, spiega la Preside Marola. “Come possiamo soddisfare questa esigenza qui a L’Aquila, nella drammatica situazione post terremoto?”. Una domanda che preoccupa molto gli operatori della scuola, che per ora però non ha una risposta.
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