Martedi’ prossimo, 29 settembre, a partire dalle ore 9, ricercatori provenienti da tutto il mondo visiteranno la Stazione Lter (network di ricerca ecologica a lungo termine) del Gran Sasso d’Italia gestita dal Corpo Forestale dello Stato. I rappresentanti di 38 Reti nazionali di Ricerca Ecologica a Lungo Termine dei cinque Continenti, da tutta l’Europa, dalla Cina, dal Giappone, dall’Africa, dal Nordamerica e dall’Australia, al termine del meeting internazionale della Rete Lter che per la prima volta si tiene in Italia, saliranno fino ai 2300 metri di quota della Stazione di Monte Portella, dove gli ecologi del Corpo Forestale dello Stato illustreranno le ricerche in corso.
Sono invitati ad assistere all’evento tutti i cittadini e i giornalisti, che potranno rivolgere domande agli esperti direttamente sul campo. La Stazione di ricerca ecologica a lungo termine del Gran Sasso d’Italia, con i sui 2200-2300 metri di quota, e’ una delle piu’ elevate d’Italia. Si trova nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e fa parte del macro-sito Lter-Italia “Appennini: ecosistemi di alta quota”, che comprende altre tre Stazioni di ricerca, sull’Appennino Abruzzese (Velino e Majella) e sull’Appennino Tosco-Emiliano. Si tratta di un ambiente molto severo, con temperature estreme sotto lo zero per oltre otto mesi l’anno ed innevamento prolungato fino a sei mesi all’anno.
Dal 1986 gli ecologi, prima delle Universita’ di Roma e dell’Aquila ed ora del Corpo Forestale dello Stato, studiano con continuita’ lo stato della vegetazione di alta quota, analizzando tutte le specie vegetali presenti in aree fisse di campionamento, dove effettuano rilevamenti periodici una volta l’anno. Dal 2006, gli stessi ecologi studiano le presenze dei rari uccelli di alta quota, effettuandone il monitoraggio una volta alla settimana. E dal 2013 si e’ cominciato a studiare direttamente anche la neve e il microclima, attraverso apparecchi automatici di rilevamento della temperatura.
Dai primi trent’anni di osservazioni sulla vegetazione, emerge una chiara tendenza all’adattamento all’aridita’ delle comunita’ vegetali d’alta quota, nelle quali e’ in corso un processo di graduale degenerazione, con forte diminuzione delle rare specie adattate ai climi piu’ freddi e l’invasione di quelle piu’ termofile: si tratta verosimilmente degli effetti del generale cambiamento climatico osservato in tutta l’Italia Centro-Meridionale negli ultimi 50-60 anni che, in alta montagna, si esprime soprattutto attraverso la forte riduzione della durata del manto nevoso.
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