“Scusate, questa è la fila per entrare? Allora aspetto. No, no, non voglio passare davanti a nessuno. Sarebbe un insulto reclamare un privilegio per ricordare Ingrao, un ‘lei non sa chi sono io…’”. Francesco D’Onofrio, ex ministro dell’Istruzione nel primo governo Berlusconi, è in coda fuori dalla sala Aldo Moro, al primo piano di Montecitorio. Dentro c’è la salma di Pietro Ingrao: la camera ardente ha aperto da appena mezz’ora e le persone in fila per entrare sono decine. Tante, un lungo corteo, attendono fuori dal palazzo.
Tutti vogliono rendere l’ultimo saluto ad Ingrao. Sfilano tanti parlamentari e non dell’arcipelago di sinistra: Nichi Vendola, Nicola Fratoianni, Fausto Bertinotti, Maurizio Landini. Tra i primi democratici ad arrivare ci sono Marina Sereni, Walter Verini e Mariapia Garavaglia. D’Onofrio, ex Udc, è uno dei primi ‘avversari’ intravisti all’apertura della camera ardente. Col presidente del Consiglio negli Stati Uniti, il governo rende omaggio con Maria Elena Boschi. Il ministro per le Riforme, in camicia bianca e pantalone nero, entra nella sala Aldo Moro e resta in disparte, vicino al muro, a osservare la bara e il via vai di gente. Dopo qualche minuto esce e lascia la Camera. Poco dopo arriva il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Un passo dopo l’altro, aiutandosi col bastone, arriva di fronte all’ex compagno di partito per l’ultimo saluto.
Antonio Bravetti-Dire
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