Gli universitari italiani “rimandati” in stili di vita, gli studenti vanno peggio delle studentesse. Solo 4 su 10 seguono le raccomandazioni nazionali per il corretto consumo quotidiano di frutta e solo 2 su 10 quelle relative all’assunzione delle giuste quantità di verdura. Sono troppi gli studenti sedentari, cioè ben 3 su 10 non svolgono attività fisica, mentre un numero consistente di universitari cedono alle lusinghe di Tabacco e di Bacco: 3 studenti su 10 hanno l’abitudine al fumo e 4 su 10 consumano settimanalmente vino e birra. Scarsa l’attenzione alla salute riproduttiva per 3 studentesse su 10, che dichiarano di non essersi mai sottoposte a controlli ginecologici. Altissima l’attitudine verso le nuove tecnologie, con rischio di abuso e dipendenza: tutti gli studenti (uomini e donne) hanno almeno un telefono cellulare e 7 su 10 usano smartphone per essere sempre connessi.
Al di là di uno stile di vita non del tutto salutare la stragrande maggioranza degli universitari italiani- ben 8 su 10– si sentono in buona o ottima salute. Questi, in sintesi, sono i risultati della ricerca, su comportamenti alimentari, attività fisica, abitudine al fumo, consumo di alcool e droghe, salute riproduttiva, attitudini verso l’apprendimento e le tecnologie, salute percepita e stato di benessere generale studiati dai ricercatori della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e resi noti dai risultati dell’indagine “Sportello Salute Giovani”.
La ricerca integrale, pubblicata sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità, ha riguardato stili di vita e comportamenti di 8516 studenti di dieci università italiane (di Nord, Centro e Sud del Paese), in età compresa tra 18 e 30 anni: 5702 donne (67%) e 2814 uomini (33%) con età media di 22,2 anni. Così in un comunicato l’Università Cattolica di Roma e l’Istituto Superiore di Sanità. ‘Indagini come questa dell’Università Cattolica, che esplora le abitudini e i comportamenti dei nostri giovani, rappresenta un prezioso strumento per poter programmare la prevenzione primaria soprattutto in vista dell’aumento dell’aspettativa di vita- afferma Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità- Questi dati ci impongono di prestare una maggiore attenzione in tutte le politiche, e non solo in quelle sanitarie, all’educazione agli stili di vita salutari. Il vantaggio è doppio, individuale e collettivo: essere anziani con un buon tempo da spendere e poter affrontare una spesa sanitaria maggiormente sostenibile’.
Come sopra detto, i risultati della ricerca, in linea con studi precedenti condotti in Italia e in altri Paesi, mettono in evidenza la presenza di stili di vita non salutari e comportamenti a rischio, come abitudini alimentari scorrette, inattività fisica, guida in stato di ebrezza o sotto l’influenza di sostanze psicoattive, oltre che un’attenzione non ottimale nei confronti della propria salute riproduttiva. Non tutto è perduto anche se molti universitari italiani hanno accumulato diversi debiti formativi in comportamenti e stili di vita salutari. Basterebbero pochi interventi per migliorare la situazione, dicono i ricercatori: dall’offerta di porzioni di frutta e verdura al posto di calorici snack nei distributori automatici, all’incremento della disponibilità di strutture sportive nei campus universitari, all’organizzazione di corsi che educhino all’uso consapevole delle nuove tecnologie, evitandone gli abusi, a sportelli di counseling dentro gli atenei a loro disposizione, continuano l’Università Cattolica di Roma e l’Istituto Superiore di Gli studenti universitari non seguono, in generale, le raccomandazioni nazionali: solo il 44% e il 22,5% consumano, rispettivamente, almeno 1 porzione di frutta e 2 porzioni di verdura al giorno. Le donne presentano abitudini alimentari più salutari: 49,1% e 27,7% raggiungono, rispettivamente, il consumo giornaliero raccomandato di frutta e verdura, contro 33,8% e 12,0% degli uomini. Solo 8,5% degli studenti universitari consuma 5 pasti al giorno e più di 1 su 3 non fa colazione regolarmente ogni mattina; 11,3% consuma infine quantità eccessive di caffeina. La maggior parte degli studenti universitari ha un Indice di Massa Corporea nel range di normalità, con 13,7% in sottopeso e 11,2% in sovrappeso o obeso. Si nota una maggiore prevalenza di sovrappeso/obesità nella popolazione maschile (18,5% vs. 7,5%), mentre le condizioni di sottopeso/anoressia sono molto più frequenti in quella femminile (19,4% vs 2,3%). 25,8% degli studenti universitari non fa alcuna attività fisica, con le donne (30,5%) più sedentarie degli uomini (16,2%). 0,9% degli intervistati ha ammesso di aver fatto utilizzo di sostanze dopanti. Il consumo di fumo, alcol e droghe. 24% degli studenti universitari fuma; 42,2% beve birra, vino o liquori almeno settimanalmente, mentre circa 40% degli studenti ha fumato almeno uno spinello e 2% utilizza altre droghe (in prevalenza cocaina). Questi comportamenti sono, in generale, più frequenti nella popolazione maschile. 5% e 3% riferisce di aver guidato, rispettivamente, sotto l’effetto dell’alcol o di sostanze stupefacenti, mettendo a rischio non solamente la propria salute, ma anche quella di terzi, continuano l’Università Cattolica di Roma e l’Istituto Superiore di Sanità.
La salute riproduttiva è un aspetto importante della salute dell’individuo e che può passare inosservata fino a quando non si ricerca una gravidanza. Dall’indagine, è emerso che il 30,9% delle donne non si è mai sottoposta ad un controllo ginecologico. 2,5% degli studenti universitari ha già contratto una patologia sessualmente trasmessa, principalmente Herpes genitale e Chlamydia. Il 21,8% delle donne ha già fatto ricorso alla pillola del giorno dopo. Ciononostante, emerge anche che il 16,8% non ha ancora avuto il primo rapporto sessuale e che il 24,2% lo ha avuto dopo i 18 anni. L’indagine ha, inoltre, evidenziato una bassa copertura vaccinale per rosolia, morbillo e parotite nella popolazione universitaria. Queste patologie, se prese in età adulta, sono più facilmente associate a complicanze pericolose per la salute, in particolare quella riproduttiva, oltre che, per quanto riguarda la rosolia, temute in caso di gravidanza per le conseguenze negative sul nascituro.
77,1% degli studenti universitari ha dichiarato di avere una salute buona o molto buona, mentre 25,8% ha riferito di avere- quasi ogni giorno- almeno un uno dei seguenti disturbi: cefalea, mal di stomaco, mal di schiena, stanchezza, nervosismo, vertigini e difficoltà ad addormentarsi. I risultati variano in base al sesso: le donne mostrano, infatti, un benessere percepito più basso rispetto agli uomini e riportano con maggiore frequenza disturbi somatici e psicologici, continuano l’Università Cattolica di Roma e l’Istituto Superiore di Sanità.
Uso di tecnologie – 99,7% degli studenti universitari ha dichiarato di avere almeno un telefono cellulare e 68,7% di utilizzare smartphone, i-phone e i-pad. La maggiore frequenza di utilizzo delle tecnologie digitali/internet è fortemente correlata con il sesso (maschile), la maggiore età e le condizioni economiche degli intervistati.
E’ evidente che alcuni stili di vita e comportamenti abituali o occasionali possono avere un impatto diretto o indiretto sulla salute e sul benessere fisico e psichico. Presenti in tutte le età, i comportamenti a rischio tendono a concentrarsi soprattutto tra i giovani. In questo periodo della vita, si esce di solito dal contesto sociale primario (la famiglia, la scuola, etc.) per confrontarsi con l’ambiente universitario o con il mondo del lavoro. Per molti, questo passaggio comporta anche l’allontanamento da casa e l’inizio di una vita che richiede decisioni autonome ed espone a nuove dinamiche relazionali. Anche se gli stili di vita e la predisposizione verso comportamenti potenzialmente a rischio affondano le proprie radici in un periodo più precoce della vita, l’ambiente universitario dovrebbe essere un luogo in cui promuovere la salute dei giovani. I risultati dell’indagine dimostrano che, pur con tutte le criticità evidenziate, gli studenti italiani rappresentano un buon ordito, su cui continuare a tessere la trama. Per questo promuovere la salute e prevenire le malattie nella popolazione giovanile è una scommessa per il presente e un investimento per il futuro, continuano l’Università Cattolica di Roma e l’Istituto Superiore di Sanità.
Due gli obiettivi da perseguire: incrementare la conoscenza e la consapevolezza dei comportamenti alimentari corretti, delle conseguenze dell’uso di fumo di tabacco, alcol e droghe, della necessità di preservare la propria fertilità, dei rischi derivanti dall’uso inappropriato di dispositivi tecnologici; promuovere un modello organizzativo che possa favorire uno stile di vita sano. In fondo, basta poco per fare la differenza. Offrire porzioni di frutta e verdura a prezzi modici al posto del “cibo spazzatura” nelle caffetterie, bar e distributori automatici delle università; prevedere palestre, campi di calcio/pallavolo/pallacanestro e tennis interni o convenzioni con strutture esterne; educare all’uso di dispositivi tecnologici, evitandone gli abusi; mettere a disposizione una equipe medico-psicologica per aiutare studenti con condizioni acute o croniche. Ed è proprio per motivo che sono stati attivati- presso le sedi di Roma, Milano, Brescia della Università Cattolica del Sacro Cuore- tre sportelli di counseling, fruibili da parte degli studenti di tutte le Università presenti nel territorio. Gli sportelli, che sono rimasti attivi da dicembre 2011 a marzo 2013, hanno avuto un significativo afflusso da parte dei giovani studenti. I problemi, per cui gli studenti si sono rivolti agli sportelli, afferivano ai seguenti ambiti: di medicina generale; ginecologico/andrologico; allergologico; psichico (disturbi del comportamento alimentare; problematiche familiari; ansia, disturbo compulsivo-ossessivo; problemi di adattamento alla realtà universitaria da parte degli “studenti fuori sede”). Qualora necessario, gli utenti sono stati indirizzati presso strutture socio-sanitarie idonee alla diagnosi e alla cura delle patologie riscontrate, concludono l’Università Cattolica di Roma e l’Istituto Superiore di Sanità.
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