Ho passato questi ultimi tre mesi nel trauma center di Kunduz , una cittadina strategica nel nord dell’Afghanistan, teatro di violenti scontri militari.
Qui le vittime di guerra, per incidenti stradali e di violenza di strada sono all’ordine del giorno, centinaia di pazienti di cui moltissimi sono bambini, vengono curati ogni giorno nel nostro ospedale.
L’imparzialità , l’umanità , l’assenza di pregiudizio e la professionalità ,sono la base del nostro soccorso .
Ho lavorato fianco a fianco con personale afghano ed internazionale, persone eccezionali, dedite al lavoro e alla loro gente, come è d’obbligo per ogni medico ,ogni paziente che arrivava veniva curato indipendentemente dall’etnia o credo religioso o politico, chiunque avesse bisogno di aiuto veniva assistito, nessuno di noi si ergeva a giudice, facevamo semplicemente il nostro lavoro.
Le difficoltà erano tante, la difficile e instabile situazione politica, la povertà della gente, le continue emergenze che mettevano a dura prova il fisico e l’animo di ognuno di noi. Ma questo non fermava nessuno , anzi ci spingeva a fare sempre meglio.
Essere medici in queste situazioni significa mettere continuamente alla prova se stessi, sia fisicamente che moralmente, lavoravamo continuamente h 24 , 7/7 giorni ci confrontavamo con le continue difficoltà di quella gente oramai stremata, siamo medici , ma anche persone che hanno deciso di essere sul campo per aiutare le popolazioni più bisognose e in difficoltà , questo mette l’animo a dura prova.
Il confronto con la cultura del posto e le estreme difficoltà che devono affrontare spesso mi hanno fatto riflettere, spesso chiacchieravo con i miei colleghi afghani e mi piaceva sapere delle loro usanze e tradizioni, del loro punto di vista , dei loro credi, ho ascoltato i loro racconti che a volte si trasformavano in grida di aiuto , ma che rimanevano soffocate, nessuno può aiutarli, si sentono prigionieri di una realtà da cui non c’è uscita. Molti miei colleghi avevano meno di 30 anni, sono nati con la guerra e non hanno mai potuto lasciare il paese, non hanno mai visto e vissuto la pace, erano affranti per questo ed era il loro più grande sogno : LA PACE.
Ogni volta che parlavo con loro il mio cuore piangeva in silenzio .
Oggi dopo questa immensa tragedia, che pone un interrogativo enorme sul dove la (dis)umanità si stia dirigendo, voglio dedicare un pensiero speciale ai nostri pazienti, bruciati vivi nei letti, ai miei colleghi eccezionali: medici , infermieri ed ausiliari ed alle loro famiglie. Grazie per il vostro impegno e dedizione.
Un pensiero speciale al Dr. Satar sempre pronto ad risolvere ogni problema e al Dr. Osmani , persona dal cuore d’oro ed eccezionale medico rianimatore.
Siete morti per quello che eravate: EROI
Maria Cristina Castellano
Quest’articolo concesso al Corrierepl – Il Corriere Nazionale da Maria Cristina Castellano sulla sua esperienza in Afghanistan.
Sarà nostra cura seguire il lavoro di Cristiana, anche attraverso video interviste, per far conoscere il lavoro, svolto con amore e umiltà, di questo nostro giovane medico in altri ospedali di trincea, come il Sud Sudan, il Mozambico e altre località.
Questo articolo molto importante è scritto da Cristina Castellano, il medico di Bari scampato per miracolo alla strage di Kunduz avvenuta il 3 ottobre, esattamente un mese fa, e causata da un bombardamento avvenuto per errore da parte della Nato. Oggi 3 novembre ricorre il primo mese dall’eccidio.
Le conseguenze sono state disastrose con almeno 30 morti accertati e decine e decine di feriti tra cui donne e bambini. Nella strage sono morti almeno 7 medici appartenenti all’Organizzazione Umanitaria di Medici Senza Frontiere; di fronte ad un fatto così grave tutte le Nazioni hanno espresso condanna e riprovazione chiedendo ad Obama di voler nominare una commissione d’inchiesta per chiarire le dinamiche che hanno portato all’eccidio ed attivarsi affinché in futuro sia meglio garantita la vita di questi medici che lavorano giorno e notte in condizioni estreme per salvare la vita agli altri essere umani indipendentemente dal colore della pelle e dalla etnia.
Cristina ha scritto questo articolo con il cuore e con tutto l’amore che porta verso una professione che lei interpreta come una mission con l’obiettivo di aiutare il prossimo e quanti vivono in condizioni estreme a causa delle guerre, degli atti di violenza, delle epidemie, dei terremoti e delle carestie. Cristina ha compiuto già tante missioni rischiando la propria vita pur di essere lì ai confini del mondo, in trincea dove ci si gioca la vita in pochi secondi.
Per noi del Corrierepl – Il Corriere Nazionale Cristina deve diventare uno splendido esempio di altruismo e di eroismo. Cristina è una barese doc, una pugliese doc ed una italiana doc; le istituzioni che nell’occasione sono sembrate del tutto assenti, saranno informate con copiosa documentazione su tutto quello che è accaduto nella speranza che avvertano il dovere civico e morale di promuovere una qualche iniziativa che ponga nella dovuta evidenza il grande spirito umanitario e di sacrificio di questo giovane medico barese e che sia additata a mo’ d’esempio anche nei confronti dei tanti medici che svolgono la loro professione senza conoscere i propri pazienti, formulando diagnosi e prescrivendo terapie per telefono.
Antonio Peragine – direttore@corrierepl.it
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