Il gap tra Nord e Sud e’ peggiorato ancora e nell’industria l’Italia e’ piu’ divisa. E’ quanto constata Confindustria nel rapporto sull’industria manifatturiera, secondo cui la vocazione manifatturiera e’ caduta molto nelle province meridionali, “con variazioni anche prossime al 30%”, mentre nelle province settentrionali si sono registrati perfino aumenti. Nello studio si legge “Si aggrava la questione meridionale e fa diventare una sfida ancor piu’ cogente e impegnativa l’obiettivo di riduzione del divario tra piu’ di un terzo del paese e il resto”. “Agli antipodi troviamo Vicenza, con 9.681 euro per abitante e un +0,3% nel 2007-11 ( a prezzi correnti) e Agrigento con 588 euro e un -18,3%”.
L’industria manifatturiera italiana “ha cominciato a risalire la china”. Lo rileva Confindustria negli “Scenari industriali” di novembre, precisando che il passo e’ “ancora lento e assai disomogeneo tra i suoi comparti”. Ma per il Centro Studi Confindustria si assiste “a un nuovo cominciamento impostato su buone fondamenta, non una semplice ripresa congiunturale”. “Non si tratta di una falsa partenza, simile alle molte che hanno punteggiato la lunga crisi – sottolinea il rapporto – Le prospettive rivelate dai dati e garantite dalle condizioni internazionali favorevoli e dalla politica di bilancio non piu’ restrittiva sono di consolidamento e progressiva diffusione del recupero. Perche’ il contesto esterno e la realta’ interna sono molto cambiati nell’arco degli ultimi anni e anzi stanno ulteriormente mutando quasi sotto i nostri occhi”.
Secondo Confindustria, l’industria italiana, pur ridimensionata nella quantita’, ha mantenuto nella qualita’ tre importanti indicatori di vitalita’: l’alta propensione a innovare, l’elevato tasso di investimento e la complessita’ dell’export. Pero’ l’industria italiana cresce “di piu’ la’ dove il mondo avanza di meno, e viceversa”. Per questo Confindustria chiede “urgenti scelte politiche, sia nell’approntare una strategia coerente con una visione di lungo periodo (che in Italia sembra ancora mancare) sia nell’adottare le misure concrete per realizzarla”.
La produzione manifatturiera ha registrato da settembre 2014 ad agosto 2015 un incremento del 2,3%. Lo rileva il rapporto del Centro Studi Confindustria, secondo cui il rilancio avviene pero’ a “a velocita’ diverse”. Al top il settore dei motoveicoli e rimorchi, che registra un aumento del 70%; farmaceutica, bevande, abbigliamento, macchinari e attrezzature segnano +15%; mobili +10%. In calo invece di 3-4% legno, prodotti in metallo, pelletteria, calzature. “I vuoti scavati dalle due recessioni sono altrettanto differenziati – si legge negli Scenari industriali – nei confronti del picco pre-crisi si passa dal -4,3% dell’alimentare al -53,7% del legno, con mobili, tessile e prodotti in metallo a -35% e la sola farmaceutica con segno positivo (+8,9%), essendo la media pari a -24%”.
“L’ampia articolazione del manifatturiero – sottolinea il rapporto – ha permesso all’Italia di difendere bene la specializzazione nei suoi tradizionali comparti di forza legati a moda e design, contrastando l’avanzata cinese nelle fasce basse di mercato con la maggiore produttivita’ e l’innalzamento dei valori unitari. Sono pero’, comparti che rappresentano appena il 15,1% dell’export italiano (dal 21,9% del 1991), a dimostrazione della robustezza e varieta’ industriale del paese”.
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