Negli ultimi dieci anni il tasso di occupazione tra gli italiani di eta’ compresa tra i 55 e 64 anni e’ balzato dal 31% al 46% per effetto delle nuove norme in maniera pensionistica. E’ quanto sottolinea l’Ocse nel rapporto ‘Pensions at a glance’. Un incremento addirittura superiore, aggiunge l’organizzazione di Parigi, si registra in Germania, dove dal 2004 al 2014 il tasso di occupazione dei 55-64enni e’ salito dal 45% al 66%. “L’ultimo decennio e’ stato un periodo di intensa attivita’ riformatrice nell’area delle pensioni, con i governi che hanno cambiato parametri chiave del sistema e, in alcuni casi, hanno ridisegnato la struttura degli schemi pensionistici”, si legge nel rapporto, “il progresso piu’ visibile e’ stato compiuto nell’innalzamento dell’eta’ della pensione, spostata in molti Paesi oltre la soglia dei 65 anni, in alcuni casi verso i 70”. Inoltre, “si sta riducendo la differenza tra eta’ della pensione formale ed eta’ effettiva”, aggiunge l’Ocse, citando proprio l’aumento del tasso di occupazione degli italiani tra i 55 ei 64 anni.
Molti lavoratori in futuro riceveranno trattamenti pensionistici piu’ bassi di quelli versati oggi, un problema che riguarda soprattutto i piu’ giovani che, trascorrendo lunghi periodi fuori dal mercato del lavoro, faticheranno a trascorrere una vecchiaia dignitosa, in particolare nel contesto di un sistema contributivo. Lo sottolinea l’Ocse nel rapporto ‘Pensions at a glance’. “Tempo via dal lavoro significa tempo via dal sistema pensionistico”, si legge nel rapporto, “Sebbene molti Paesi forniscano contributi figurativi durante periodi di disoccupazione, maternita’ o assenza per malattia, in futuro i trattamenti pensionistici saranno piu’ bassi per molti lavoratori e per i piu’ sfortunati tra i pensionati di domani, ovvero quei giovani che non riescono a entrare nel mercato del lavoro, le prospettive sono ancora piu’ fosche”. “Dopo aver rimesso in carreggiata la sostenibilita’ finanziaria dei sistemi pensionistici”, conclude l’Ocse, “i politici devono ora spostare la loro attenzione sull’assicurare che il sistema pensionistico fornisca redditi da pensione adeguati a tutti i lavoratori”.
L’aliquota del 33% che si registra in Italia per il contributo obbligatorio alle pensioni dei lavoratori dipendenti e’ “il piu’ alto” dell’intera area Ocse. Lo si apprende dal rapporto ‘Pensions at a glance’, redatto dall’organizzazione di Parigi. Contributi obbligatori elevati, avverte l’Ocse, “possono abbassare l’occupazione complessiva e aumentare il sommerso”.
Gli over 65 italiani godono di un reddito “relativamente elevato”, pari al 95% della media nazionale. Lo si legge nel rapporto ‘Pensions at a glance’ dell’Ocse. E’ interessante sottolineare come sugli stessi livelli si trovino Grecia, Spagna e Portogallo, tutti Paesi con una disoccupazione giovanile elevatissima. Nell’area Ocse, i ‘paperoni’ della terza eta’ sono pero’ gli anziani francesi e lussemburghesi: i primi hanno un reddito medio esattamente pari alla media nazionale, i secondi addirittura superiore del 6%. Dall’altro lato della classifica si trovano invece over 65 australiani e coreani, i cui redditi sono pari, rispettivamente, al 65% e al 60% della media nazionale.
Il mercato del lavoro e il sistema pensionistico non stimolano le donne a dedicarsi alla cura dei bambini. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Ocse ‘Pensions at a glance’. L’Italia, sottolinea l’Ocse, e’ – insieme a Germania, Islanda e Portogallo – il Paese europeo dove una donna che trascorra cinque anni fuori dal mercato del lavoro per badare ai propri figli subira’, una volta in pensione, le conseguenze piu’ pesanti in termini di abbassamento dell’importo dell’assegno, laddove in almeno un terzo dei Paesi Ocse una “aspettativa” quinquennale non avrebbe il minimo effetto sui trattamenti pensionistici futuri. Cio’ deriva in parte dai meccanismi incentivanti presenti nel sistema italiano e tedesco, i quali fanno si’ che una madre di due figli che scelga di restare il suo posto riceva una pensione piu’ alta in futuro, spiega l’organizzazione di Parigi.
L’Italia, aggiunge l’Ocse, e’ inoltre uno dei membri dell’Ue (insieme a Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca) dove si registra il tasso di occupazione minore tra le donne con almeno tre figli, tasso che nel nostro Paese viene definito “molto basso”. Il periodo di congedo per maternita’ concesso alle lavoratrici italiane, emerge ancora dal rapporto, non solo e’ abbondantemente inferiore alla media Ue ma e’ accompagnato dalla scarsita’ di forme di congedo parentale per gli uomini. Se, ad esempio, una neomamma italiana avra’ gli stessi giorni di maternita’ di un’olandese, il marito di quest’ultima avra’ un periodo di congedo analogo a quello della moglie, laddove un italiano appena diventato padre puo’ assentarsi, in media, per appena un giorno. In compenso, pero’, l’Italia, e’ tra i pochi Paesi a concedere contributi figurativi per chi ha figli a carico, anche qualora non interrompa l’attivita’ lavorativa, contributi destinati a crescere con l’aumentare del numero dei figli.
La spesa pubblica italiana per le pensioni era pari al 15,7% del pil nel 2013, contro l’8,4% della media Ocse . Lo rileva il rapporto dell’Ocse secondo cui nel periodo 2010/15, l’Italia aveva il secondo piu’ elevato livello di spesa pubblica per pensioni in percentuale del pil tra i paesi Ocse. Con la riforma del 2011, sono state adottate “importanti misure per ridurre le generosita’ del sistema, in particolare attraverso l’aumento dell’eta’ pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne, ma l’invecchiamento della popolazione continuera’ ad esercitare pressioni sul finanziamento del sistema”.
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