Cyberbullismo, giochi online potenzialmente pericolosi, rischi di essere adescati sessualmente, spinti verso qualche forma di disturbo alimentare o di restare vittima di proselitismo religioso o terroristico. Sono i pericoli che gli studenti corrono quotidianamente e contro i quali la scuola deve impegnarsi. Il Rapporto Censis, presentato oggi, evidenzia tuttavia che i ragazzi sono esposti a insidie virtuali come reali, e solo per il 17,7% Internet rappresenta quella piu’ pericolosa. Dirigenti scolastici e Polizia Postale, interpellati in proposito, sottolineano che il rischio di un uso improprio di Internet si verifica per il 90,2% a casa, e per il 9,6% nei luoghi del tempo libero.
La scuola, invece, e’ considerata un luogo sicuro e solo lo 0,2% la pensa diversamente. Rendere i genitori consapevoli della gravita’ dell’accaduto rappresenta la principale difficolta’ incontrata nella gestione dei casi critici (58,5%). Le forze di polizia risultano essere i principali attori di supporto, seguiti dalle istituzioni scolastiche che hanno organizzato incontri con i genitori su Internet e i nuovi media. Il 51,2% degli intervistati lamenta che nell’offerta di formazione e aggiornamento loro destinata non sia dato uno spazio sufficiente alle tematiche dei rischi di Internet per i minori.
Riguardo all’alternanza scuola-lavoro, una delle novita’ della legge sulla ‘buona scuola’, il Censis si chiede se davvero questa rappresenti “un’opportunita’ per tutti”: i percorsi finora realizzati hanno coinvolto al massimo in un anno, poco piu’ di 200.000 studenti (il 10,3%) del totale) e hanno avuto una durata media di circa 70-80 ore. La platea e’ oggi molto piu’ ampia: piu’ di 500.000 iscritti al terzo anno di studi solo nell’anno scolastico 2015-2016 e, nel prossimo triennio, circa 1,5 milioni di studenti cui dovranno essere garantite almeno 400 ore di percorso nei tecnici e nei professionali, e almeno 200 ore nei licei.
I dirigenti consultati hanno comunque messo in evidenza che “l’introduzione dell’alternanza avrebbe bisogno di tempi piu’ lunghi, in quanto comporta una profonda rivisitazione dell’organizzazione scolastica”. Il capitolo donne straniere, infine, rivela una realta’ sorprendente: le straniere di eta’ superiore ai 15 anni, detengono un diploma secondario o post-secondario nel 41,1% dei casi, a fronte del 33,5% delle italiane. Il 15,5% delle straniere con titolo di studio terziario svolge lavori non qualificati (contro lo 0,2% delle italiane), e la percentuale sale al 19,1% tra le straniere che provengono dai Paesi extracomunitari.
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