I giudici tributari della Corte dei Conti hanno pubblicato una relazione sulla gestione del sistema generale dell’otto per mille dell’Irpef. Il documento evidenzia una mancanza di trasparenza nel sistema, che favorisce la Chiesa Cattolica e lo Stato, discriminando le confessioni escluse dal meccanismo. La mancanza di un sistema di controllo mette a rischio la garanzia di una corretta destinazione dei fondi. Non è la prima volta che la Corte segnala queste mancanze, ma in questo caso ha suggerito al Governo e alle confessioni religiose le misure per ovviare alle anomalie. Ne parliamo con Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese. Nel 2014 l’Otto per Mille delle chiese valdesi e metodiste ha amministrato 37 milioni di euro, finanziando 1.164 progetti.
Cosa pensa di questa notizia?
«Intanto che la procedura della Corte dei Conti non sia stata ben chiarita dalla stampa: l’anno scorso, a ottobre 2014, la Corte aveva fatto una disamina molto approfondita e completa del funzionamento dell’Opm da quando fu istituito, ponendo le questioni di cui stiamo parlando oggi e dei correttivi ai vari soggetti. A un anno di distanza la Corte ha verificato se fossero state recepite le osservazioni: purtroppo il risultato non è stato molto confortante, da qui la relazione finale che pur riconoscendo alcuni miglioramenti, tipo la presentazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate dei dati sulla ripartizione dei fondi, ha evidenziato che null’altro è avvenuto. A questo punto la Corte non può che rimettersi ai decisori politici per un eventuale intervento».
La mancanza di trasparenza è un dei punti più importanti della relazione. L’Opm valdese è al riparo da questa accusa?
«Non è solo la mia opinione, ma anche quella della Corte dei Conti: nella sua lunghissima relazione le critiche (sebbene su questo i giornali tendano a fare di ogni erba un fascio) sono a chi è molto indietro dal punto di vista della trasparenza, ovvero lo Stato prima di tutto e, secondariamente, la Conferenza Episcopale Italiana. Il Governo e i Ministeri vengono criticati per l’assenza di controllo. Chi firma per lo Stato nella propria dichiarazione dei redditi, presume che il proprio contributo serva agli interventi tipici dell’Otto per Mille, quindi la cooperazione internazionale, la lotta alla fame nel mondo, gli interventi educativi, culturali e artistici nel nostro paese: questo non è vero. Come dice la Corte ci sono stati anni in cui la firma del cittadino per lo Stato è stata completamente scippata: tutto l’ammontare è stato spalmato sulle necessità generali del bilancio dello Stato. Tra l’altro il cittadino non l’ha saputo, se non attraverso i giudici. Nel 2013 dei 170 milioni attribuiti allo Stato, solo 400 mila sono stati utilizzati per gli scopi dell’Otto per Mille. Quest’anno ne sono stati scippati 102 milioni su 170 milioni. Perché avviene questo? Questa è la tipica mancanza di trasparenza».
La relazione servirà per cambiare la situazione?
«Bisognerà vedere se ci saranno delle conseguenze, perché la Corte dei Conti non ha il potere di modificare le norme e i comportamenti, salvo che non ci sia da sanzionare delle illegalità. Sicuramente i suoi richiami sono stati forti, così come alla CEI è stato chiesto di dettagliare meglio le cifre che oggi vengono pubblicate in modo molto accorpato e soprattutto di utilizzare maggiormente le somme ingenti per gli interventi caritatevoli e non così tanto per il mantenimento della sua struttura».
La Corte dice che il sistema attuale è discriminante dal punto di vista della pluralità religiosa: cosa ne pensa?
«Questo è un problema italiano, nel senso che oggi, a parte la chiesa Cattolica che ha il concordato e le 11 confessioni che sono dotate di intesa con lo Stato, tutte le altre realtà religiose sono escluse da una legge moderna, democratica e repubblicana degna di questo nome, e vengono normate ancora con le leggi di epoca fascista. Questo comporta, tra le altre cose, l’esclusione della possibilità di accedere all’Otto per Mille, ma soprattutto della possibilità di poter aprire luoghi di culto e di dover essere sottoposte a provvedimenti autorizzativi che le altre chiese non hanno. C’è un problema generale a proposito della libertà di religione e coscienza, in Italia. Da lì in poi si potrà parlare di finanziamenti, che io mi auguro non essere a pioggia o basati sull’opinione politica, ma basati davvero sui numeri degli aderenti».
Quindi la discriminazione sta più nell’assenza di alcune confessioni che non nel sostegno dello Stato alla chiesa cattolica?
«C’è un evidente sproporzione di attenzione e sostegno nei confronti della Chiesa Cattolica che pur essendo la confessione religiosa maggioritaria, riceve degli aiuti che vanno oltre il suo peso e le sue necessità istituzionali. Questo i giudici lo hanno rilevato, anche se sono stati molto più severi nei confronti dei comportamenti distratti da parte dello Stato su questa normativa».
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