Un impiegato alla fine dei 30 anni ha un solo vero amore: “il posto fisso”, un lavoro per la vita. Non vuole competere nel mercato del lavoro, non ha ambizioni o voglia di andare avanti; non vuole nemmeno guadagnare di più. Dategli una scrivania, una sedia e un lavoro dalle 9 alle 17 nella “pubblica amministrazionione” ed è felice. Arrivare in ritardo, chattare con i colleghi, accettare piccole tangenti dai contribuenti e percepire un regolare stipendio – questa è vita!
E ovviamente ci sono i timbri, gli impiegati li adorano. Quando il capo vuole sbarazzarsi di lui e chiede con rabbia: “Che contributo hai dato a questo reparto?” lui mostra la sua abilità nel tibrare e quasi demolisce il tavolo di vetro.
Questa è più o meno la storia di “Quo vado?” la nuova commedia che ha sbancato i record dei box office italiani. E’ arrivato nei cinema il 1 Gennaio e nella prima settimana ha incassato 40.7 milioni di euro battendo “Star Wars: Il risveglio della forza”.
Il “New York Times” prendendo spunto dal film, si chiede se gli italiani siano davvero così appassionati a questo “lavoro per tutta la vita”? A quanto pare non più, per fortuna. Gli italiani non sono più spaventati da un mercato di lavoro più dinamico. C’è ancora il sogno di rischiare nel settore privato anche se è meno sicuro dei posti di lavoro nel settore pubblico che sono stati a lungo la spina dorsale della forza lavoro italiana.
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha visto anche lui “Quo Vado?” con la sua famiglia, l’anno scorso ha introdotto una riforma del lavoro chiamata Jobs Act che rende assunzioni e licenziamenti più facili, ma solo nel settore privato. Per i lavoratori statali, come Checco, le cose rimangono le stesse. Una volta che sei dentro, sei dentro. Non è tutto. Nel settore pubblico, le pensioni e benefit sono protetti dai sindacati, con efficienza militare.
Anche i sindacati del settore privato però, stanno prendendo terreno e di conseguenza la maggior parte di giovani italiani che entrano nel mercato del lavoro nel settore privato devono affrontare molti ostacoli. Solo una piccola percentuale trova occupazione presso i centri di lavoro; più riescono attraverso contatti personali. La retribuzione è inferiore a quella del Nord Europa. Ingegneri tedeschi, ad esempio, guadagnano il 30 per cento di più rispetto ai loro omologhi italiani.
E il numero complessivo di posti di lavoro del settore privato sono ancora troppo pochi. Negli ultimi due anni, secondo la Banca centrale europea, 2,16 milioni di posti di lavoro sono stati creati nella zona euro: 724.000 in Spagna, 592.000 in Germania, ma solo 127.000 in Italia. E di questi, quasi i due terzi sono a tempo determinato. La disoccupazione in Germania è del 6,3 per cento; in Italia il livello si sta abbassando, ma è ancora elevato a 11,3 per cento. E solo 15,1 per cento degli italiani tra i 15 ei 24 anni ha un lavoro, contro il 43,8 per cento in Germania.
E così, anche se Renzi e media italiani celebrano il settore privato, molti italiani hanno nostalgia per la sicurezza della vita “noiosa” dell’impiegato. La regione Umbria si aspetta 32.000 persone provenienti da tutto il paese per i 94 lavori di segreteria che saranno presto disponibili negli uffici locali.
Non è un caso che le persone sono in fila per guardare “Quo Vado”: Perché piangere quando si può ridere?
Chiara Locorotondo
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