Un Paese sempre più spaccato in due e che procede a due velocità, con grandi e profonde differenze tra nord e sud. Un Paese dove la soddisfazione sulla qualità della vita è calata di 22 punti negli ultimi 10 anni (addirittura 17 negli ultimi 5), a dimostrazione di quanto la crisi economica abbia avuto impatto sulla vita delle persone. E’ quanto emerge dal ‘Rapporto 2015 sulla qualità dello sviluppo in Italia’, realizzato dalla Fondazione Di Vittorio della Cgil e dall’istituto di ricerca Tecnè.
Il rapporto misura lo stato di salute del Paese e le disuguaglianze territoriali, utilizzando 87 indicatori di base, raggruppati in 10 macro-aree di analisi per valutare la qualità dello sviluppo. Qualità delle abitazioni, beni posseduti dalle famiglie, caratteristiche del territorio, condizione di salute degli individui, relazioni amicali e partecipazione sociale, servizi socio assistenziali e sistema culturale, struttura economica, equità economica, soddisfazione per la qualità della vita. Da questa analisi risulta che, l’indice complessivo della qualità dello sviluppo, colloca il nord-est al primo posto con 111 punti, seguito dal nord-ovest (107), dal centro (103), mentre il sud e le isole si fermano molto più in basso, con l’indice a 87 punti.
Per quanto riguarda la soddisfazione sulla qualità della vita, che rappresenta almeno dal punto di vista della percezione che gli individui hanno della propria condizione e del territorio che abitano, uno dei principali termometri sullo stato di salute del Paese, l’andamento negli ultimi dieci anni è particolarmente significativo per comprendere, quando e quanto la crisi economica abbia avuto impatto sulla vita delle persone. La differenza tra il 2005 e il 2015 è molto grande e risente particolarmente della seconda fase della crisi. Fatto 100 la media nazionale nel 2015, questo specifico indicatore si colloca 22 punti sotto il livello del 2005, segnando il valore più basso negli ultimi dieci anni.
In sintesi il Rapporto evidenzia come all’Italia serve un salto di qualità che vada non solo nella direzione di un recupero di fiducia ma soprattutto in un grande progetto che punti a colmare i gravi ritardi tra nord e mezzogiorno presenti in ognuna delle 10 macro aree di analisi. E’ inimmaginabile pensare di recuperare il terreno perduto in questi anni se permangono differenze così forti nelle varie aree del Paese, differenze che si riflettono inevitabilmente nella velocità di risalita e che espongono a crisi cicliche e a un progressivo degrado economico delle aree più povere.
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