Pubblichiamo l’intervento di Salvatore Tramontano su Il Giornale, dedicato alle bad bank e a quanto si sta facendo, a livello italiano, per aiutare (o meno) le imprese.
“La bad bank puzza già dal nome. Chi si fida di un mostro finanziario battezzato come cattivo? Padoan e la burocrazia europea ci dicono però che un contenitore del genere serve a salvare le banche italiane dai titoli tossici.
Si sono insomma inventati che tutti i crediti inesigibili, quelli cioè che si considerano persi per sempre, e una serie di zozzerie varie, finite nella pancia delle banche per voracità e nostalgia del rischiatutto, si possano mettere da parte, separando il grano dal loglio. In qualche modo a garantire la discarica ci penserà lo Stato, cioè i nostri conti pubblici. Dicono anche che questa operazione non costi nulla, sia facile, non sia rischiosa e non sia il caso di preoccuparsi. C’è solo in giro una serie di fregature che vaga per il meraviglioso mondo della finanza, passando da banca in banca, coperta dai conti pubblici, come un «cetriolo» tossico a cui però si può dare le spalle senza temere alcunché. Ora, uno ci può anche credere. Non bisogna pensar male, altrimenti diranno che siamo i soliti gufi, quelli che guardano male le manovre dei politici, i malfidati qualunquisti che fanno discorsi da bar. Il sospetto è che, come nella maggior parte dei casi, queste storie finiscano con un salasso per le tasche di cittadini e contribuenti. Ma non fa nulla, facciamo davvero finta che non sia così. Mettiamo da parte anche le esperienze del passato, quando lo Stato a vocazione socialista, con pancia democristiana, utilizzava l’Iri per rastrellare tutte le imprese e le fabbriche malandate. Chi ha pagato e sta pagando il conto dei salvataggi di Stato? Sempre noi. Ma pazienza, per lo Stato si fa questo ed altro. Insomma, spazziamo via tutti i dubbi e fidiamoci ancora una volta di quelli come Padoan. La Bad Bank è sicura, le cartolarizzazioni sono una passeggiata senza mine e trabocchetti, le banche buone sono salve e il governo Renzi è il migliore dei mondi possibili.Se tutto questo è vero, allora si può osare anche di più. Non ci sono solo le banche a soffrire di crediti inesigibili, quelli che appesantiscono i bilanci e mandano in malora i conti.
Ci sono anche, e soprattutto, le aziende normali, quelle medie e piccole. Ci sono i commercianti e gli artigiani e il popolo sfigato delle partite Iva. Non sono banche, nessuno si preoccupa per loro, ma da anni cadono come mosche per colpa di chi non li paga per lavori fatti e fatturati. E il cattivo pagatore per antonomasia si chiama Stato. C’è un cimitero di aziende fallite perché nessuno ha mai neppure pensato a un decreto salva-poveracci. Questa, se volete, è una provocazione, nessuna voglia di riesumare l’Iri, ma se davvero non c’è alcun rischio, allora perché non cartolarizzare anche i crediti «smarriti e sperduti», i crediti sporchi di chi fa impresa senza avere in testa il cappello con scritto banca? Non si può? Questo sì che sarebbe un azzardo rischioso? Oppure è la solita vecchia storia che il capitalismo delle banche vale più di quello di artigiani e commercianti? Forse è davvero così. Un vecchio detto della scienza economica dice che la moneta cattiva scaccia la moneta buona, ma questo principio non vale per le banche. La moneta delle banche è più uguale delle altre.
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