Quasi un minore straniero su cinque ha rafforzato la propria decisione di partire in base alle immagini di amici e parenti viste sui social network, ma altrettanti hanno vissuto esperienze negative sulla Rete una volta arrivati in Italia. Il web è un fondamentale strumento di comunicazione con la famiglia e gli amici.
Queste alcune delle evidenze dell’indagine qualitativa sull’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei minori migranti non accompagnati, arrivati in Italia cioè senza un adulto di riferimento e quindi particolarmente vulnerabili: oltre 12.000 giunti in Italia nel 2015, circa l’8% del totale degli arrivi e il fenomeno si profila in aumento, visto che nel solo mese di gennaio del 2016 ne sono arrivati 645, pari ad oltre il 12% degli arrivi. La ricerca, la prima realizzata su questa tematica, è stata realizzata e lanciata oggi da Save the Children, l’organizzazione dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e tutelarne i diritti, alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata dedicata alla promozione di un utilizzo positivo e consapevole delle tecnologie digitali che si celebra quest’anno il 9 febbraio.
La consultazione ha coinvolto 165 minori di età compresa tra i 15 e i 17 anni in alcune strutture di accoglienza attraverso l’Italia, da Lampedusa a Torino. La ricerca analizza come i ragazzi impieghino internet, smartphone e social network in tutte le fasi del loro viaggio, dal concepimento dell’idea di partire, sino all’attuale permanenza in Italia. I partecipanti provenivano in maggioranza dall’Egitto e dall’Africa sub-sahariana, ma anche da Pakistan, Bangladesh, Afghanistan e Albania.
Accesso alla Rete. Quando internet ti spinge a partire
L’accesso alla Rete nel Paese d’origine varia fortemente in base alla nazionalità dei partecipanti – i ragazzi egiziani erano i più “connessi” mentre quelli provenienti da contesti sub-sahariani avevano possibilità di accesso scarse o nulle – ma l’uso di internet aumentava notevolmente per tutti una volta giunti in Italia. La maggior parte di loro ha detto di avere a diposizione uno smartphone e utilizzare internet tramite wi-fi o dalle postazioni fisse nelle strutture che li ospitano o che frequentano.
Per quasi un minore su cinque (18,78%) di coloro che avevano accesso a internet nel Paese di origine (per la maggior parte minori egiziani), la Rete ha contribuito a rafforzare l’idea della partenza, insieme ai racconti di amici e parenti residenti all’estero. Vedere sui social network belle foto della vita in Italia postate da amici e conoscenti connazionali, rappresentazione vera o costruita ma per loro promessa di un sogno realizzato, ha alimentato il desiderio di partire e creato aspettative che, in diversi casi, si sono poi scontrate con una realtà diversa.
“Ho deciso di venire in Italia perché ho visto delle foto di alcuni amici su Facebook, erano belle… quando erano in Egitto le loro facce erano stanche mentre in quelle foto erano belli, riposati, con il sorriso. (…) per convincere mio padre a pagarmi il viaggio, gli mostravo le foto (…) Quando sono arrivato in Sicilia, ho telefonato al mio amico al numero italiano che avevo trovato sulla sua pagina Facebook. (…) Il mio amico ha iniziato a raccontarmi le sue difficoltà e mi ha consigliato di rimanere nella struttura fino a quando non avrò il permesso di soggiorno. Solo ora mi sono reso conto delle bugie del web. ” (M., 17 anni egiziano).
C’è anche chi dice che i trafficanti volevano che lui usasse Facebook per comunicare quando fosse arrivato in Italia, per farsi poi inviare la parte rimanente dei soldi per il viaggio; o ancora chi lo ha utilizzato per identificare le rotte da seguire durante il percorso.
Un viaggio troppo difficile da fotografare
La maggior parte dei ragazzi ha dichiarato di non aver scattato né foto né video durante il viaggio, sia per indisponibilità di un telefono con dette funzioni, sia perché non avevano modo di caricarlo o temevano gli venisse sottratto.
“Non c’era nulla da fotografare. Eravamo stretti dentro la barca: come avremmo potuto fare delle foto? Quello che abbiamo vissuto in questo viaggio non lo scorderemo mai finché vivremo…anche se vivessimo cent’anni”. S., egiziano, 18 anni.
Più vicini a casa con internet
Per quelli che sono dotati di dispositivi più moderni, i telefonini hanno più che altro la funzione di portare con sé un pezzo di casa: le foto del proprio Paese, ma soprattutto dei propri familiari.
Ora che vivono nel nostro Paese, la Rete consente loro di mantenersi in contatto con famiglia e amici, fare nuove conoscenze e anche svagarsi, svolgendo quindi un’importante funzione di decompressione da esperienze estremamente pesanti, o ancora per cercare lavoro o imparare la lingua.
H., 17 anni, pakistano, “Io ho scaricato una app per studiare che mi aiuta a tradurre e poi per chiamare la famiglia e gli amici”.
I rischi: non cadiamo nella Rete
I minori stranieri non accompagnati sono particolarmente esposti ai rischi associati a un utilizzo non consapevole della Rete, poiché sono soli, non supportati dalla presenza di riferimenti adulti e spesso senza una rete di relazioni sul territorio, hanno una scarsa o assente conoscenza della lingua e sono privi di quelle competenze digitali in grado di guidarli nelle loro scelte online.
I risultati emersi evidenziano come il rischio di adescamento (ad esempio attraverso la richiesta di materiale fotografico in cambio di denaro) e/o di sfruttamento sia particolarmente alto tra questi ragazzi. Il 19,4% di loro ha raccontato di aver avuto brutte esperienze su internet, principalmente in relazione a virus e a tentativi di approccio da parte di sconosciuti.
“Mi è capitato di comunicare con delle persone che avevano profili falsi. Mi chiedevano di pubblicare e condividere delle foto in cambio di soldi (…) All’inizio ci ho creduto e l’ho fatto ma poi quando ho scoperto che era tutto falso non l’ho più fatto”, dice M., 18 anni del Gambia.
Azioni concrete per un uso consapevole della Rete
“L’indagine rivela che internet ha un ruolo molto importante nella vita dei minori migranti, sia in senso positivo, come opportunità, sia come rischio”. “Fornire ai ragazzi e alle ragazze migranti le conoscenze necessarie per utilizzare in modo positivo e consapevole la Rete è fondamentale. Per molti, soprattutto quelli in arrivo dai Paesi più deprivati, il mondo di internet è una vera scoperta, ma questo li espone ancora di più ai rischi rispetto ai coetanei. L’accesso a internet e l’educazione a farne un uso sicuro devono essere garantiti in ogni struttura di accoglienza, con un’adeguata formazione degli operatori, affinché possano svolgere questo ruolo guida”, ha commentato Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia Europa di Save the Children. “È importante che questo messaggio sia accolto non solo dall’Italia ma da tutta l’Europa e che questo gruppo di minori particolarmente vulnerabile non sia dimenticato quando le istituzioni intervengono per rendere la Rete un luogo più sicuro per i bambini e gli adolescenti”.
In linea con il messaggio che guida le iniziative del Safer Internet Day di quest’anno, “Play your part”, fai la tua parte, l’Organizzazione sottolinea come sia essenziale sensibilizzare i ragazzi sul ruolo attivo che possono svolgere nella creazione di messaggi chiari e non distorti riguardo all’esperienza del viaggio e della vita in Italia.
“È infatti consuetudine postare sui social network solo la rappresentazione del lato positivo delle cose o di noi stessi e a questa dinamica non sfuggono nemmeno coloro che sono arrivati da poco nel nostro Paese. Le conseguenze sono però spesso nefaste per coloro che, rimasti in patria, si lasciano abbagliare dalle promesse di questa realtà distorta e da esse vengono spinti a mettersi nelle mani dei trafficanti senza piena consapevolezza dei rischi ai quali vanno incontro”.
È essenziale inoltre promuovere azioni di informazione e di sensibilizzazione, anche nelle diverse lingue di origine, per mettere in guardia i minori stranieri non accompagnati sui rischi che corrono sul web, così come rafforzare i canali di ascolto e di raccolta di segnalazioni da parte dei minori migranti circa i rischi di adescamento sessuale o di sfruttamento che incontrano su Internet e anche gli interventi di contrasto a questi fenomeni, anche mediante la collaborazione tra le forze di polizia deputate nei diversi Paesi.
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