Questa volta è vero. Le onde gravitazionali, previste da Einstein 100 anni fa, esistono. Le ha rivelate l’esperimento LIGO, negli Stati Uniti. E in questa che molti già chiamano “la scoperta del secolo” c’è anche la firma del GSSI, 8 firme per l’esattezza, tra cui 6 di giovani ricercatori da Italia, Cina, India e Pakistan.
La ricerca, pubblicata su Physical Review Letters, è destinata a rivoluzionare il modo di studiare l’universo. Dopo mesi di attesa e di voci non confermate, l’annuncio ufficiale è arrivato giovedì 11 febbraio, in una conferenza stampa congiunta nelle sedi dei due osservatori che hanno unito le proprie forze in un’unica collaborazione internazionale: VIRGO (Cascina, Pisa) e LIGO (Washington). E’ stato proprio LIGO a captare le flebili perturbazioni del campo gravitazionale provocate dallo scontro di due buchi neri.
Presso la sede del Gran Sasso Science Institute, uno degli istituti Italiani coinvolti nella ricerca, si è svolta la diretta streaming della conferenza stampa, in un’affollatissima aula magna, alla presenza di personalità del mondo scientifico e della politica.
“È un momento emozionante e indimenticabile: ho speso 35 anni della mia vita in queste ricerche”, dichiara il Direttore del GSSI Eugenio Coccia, “ed è meraviglioso avere in un sol colpo osservato le onde gravitazionali e dimostrato l’esistenza dei buchi neri. L’umanità acquista un nuovo senso: d’ora in poi non solo vedremo il cosmo, ma ascolteremo le sue vibrazioni, la sua musica”.
Se finora abbiamo studiato l’universo principalmente grazie alla “vista”, ovvero ai fotoni che ci arrivano dalle stelle, saper captare le onde gravitazionali ci permette di “ascoltare” eventi cosmici finora inaccessibili. Si tratta infatti di increspature nel tessuto dello spazio tempo generate dal movimento di grandi masse, quali buchi neri o stelle di neutroni. Il propagarsi delle onde gravitazionali è simile all’effetto prodotto sulla superficie di un lago dal lancio di un sasso, ma avviene alla velocità della luce, come previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein.
Ci sono voluti 100 anni, e strumenti sempre più grandi e sofisticati, gli interferometri laser, per riuscire a osservare queste impercettibili vibrazioni. L’interferometro LIGO, costituito da due bracci di 4 km l’uno, disposti a formare una L, ha una sensibilità tale da poter rilevare variazioni di lunghezza dell’ordine di un miliardesimo di miliardesimo di metro, una quantità circa venti milioni di volte inferiore alle dimensioni di un atomo di idrogeno.
A questa impresa collettiva hanno collaborato 1004 ricercatori appartenenti a 133 istituzioni scientifiche di tutto il mondo. L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, di cui il GSSI è centro di studi avanzati, è molto rappresentato e sono del GSSI alcuni tra i più giovani ricercatori coinvolti. Di seguito i nomi degli 8 coautori dell’articolo (in ordine alfabetico):
Lorenzo Aiello (25 anni, Italia)
Eugenio Coccia (59, Italia)
Viviana Fafone (51, Italia)
Imran Khan (25, Pakistan)
Matteo Lorenzini (38, Italia)
Akshat Singhal (24, India)
Shubhanshu Tiwari (26, India)
Gang Wang (30, Cina)
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