Riconoscere una volta per tutte che anche i farmacisti – così come i medici – hanno diritto a un contratto di formazione o a una borsa di studio durante i quattro lunghi anni impiegati per portare a termine la specializzazione. Lo chiede al Governo, per l’ennesima volta, la SIFO, la Società dei farmacisti delle aziende ospedaliere e dei servizi territoriali. Si tratta di una richiesta che viene portata avanti da lungo corso dalla società dei farmacisti ospedalieri, che oggi torna alla carica dopo che del tema di recente si è discusso in commissione Sanità al Senato.
Ai primi di febbraio, infatti, la commissione Sanità di Palazzo Madama ha approvato un ordine del giorno presentato dal senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri per chiedere al Governo di riconoscere il diritto alle borse di studio – oltre che ai medici – anche ai farmacisti e agli altri laureati che frequentano le scuole di specializzazione di area sanitaria non medica. Al Governo si chiede sostanzialmente di prevedere un contratto di formazione come quello previsto per i medici anche agli altri specializzandi di area sanitaria, tra cui appunto i farmacisti.
“Ci aspettiamo che il Governo una volta per tutte sani questa disparità gravissima”, afferma Laura Fabrizio, presidente della SIFO. “La situazione è di un’ingiustizia sociale enorme e a livello europeo è una assoluta eccezione. I farmacisti rappresentano una risorsa per il Servizio Sanitario Nazionale, garantendo risparmio, appropriatezza e sicurezza per i pazienti, ma su di noi non c’è nessun investimento per il futuro della professione”.
La battaglia, che SIFO combatte da tempo senza veder riconosciute le proprie aspettative, prende le mosse dalla legge 401 del 2000, che già 15 anni fa, all’articolo 8, parlava chiaramente di un percorso di formazione per i farmacisti uguale a quello previsto per i medici. Si parlava infatti di una ricognizione triennale per individuare sia il numero di laureati iscrivibili alle scuole di specializzazione, sia di una successiva “ripartizione annuale delle borse di studio nell’ambito delle risorse già previste”. Un anno fa, poi, un ulteriore tassello a favore dei farmacisti è arrivato dal decreto interministeriale 68 del 4 febbraio 2015, che ha riclassificato le scuole di specializzazione di area sanitaria restringendo di fatto il campo solo ad alcune professioni. I farmacisti sono tra queste.
Per loro, il periodo della specializzazione è lungo e intenso: proprio come ai medici, è richiesto un impegno quotidiano a tempo pieno, che esclude la possibilità di svolgere contemporaneamente un lavoro per potersi pagare la scuola. E se non si ha una famiglia alle spalle, non è scontato poterselo permettere. Tanto più che i farmacisti, a differenza dei medici, devono pagare anche il premio assicurativo per la copertura dei rischi professionali e le tasse di iscrizione alla scuola di specializzazione. Due ‘balzelli’ da cui i medici, assegnatari di un contratto di formazione specialistica che copre tutto il periodo della specializzazione, sono esenti.
A detta della presidente Fabrizio, siamo di fronte ad una situazione di “grave disparità sociale che va sanata”. E va fatto subito. A maggior ragione visto che la mancanza dei contratti di formazione si intreccia al problema del blocco delle scuole di specializzazione e, a cascata, al venir meno del turnover di farmacisti. “Se mancano i contratti di specializzazione le Università continueranno a non indire i bandi, e tutto resterà bloccato, sospendendo così nel prossimo futuro il fisiologico turnover calcolato in circa 150 farmacisti per anno” e, di conseguenza, mettendo in serio pericolo la presenza attiva della categoria professionale negli ospedali e nei distretti, a garanzia della qualità delle cure, per le proprie competenze, conclude Fabrizio.
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