In occasione dell’incontro di Ginevra sul Trattato delle Nazioni Unite sul commercio di armi, Amnesty International ha ammonito che, senza un immediato embargo sulle forniture che potrebbero essere usate dalle parti in conflitto nello Yemen, le violazioni dei diritti umani, compresi crimini di guerra, che hanno dato luogo a una crisi umanitaria potranno solo peggiorare.
Tra coloro che continuano a inviare armi, tra cui l’Italia, all’Arabia Saudita e ai suoi alleati, che le usano nel conflitto dello Yemen, vi sono anche stati che hanno sottoscritto e ratificato il Trattato: si tratta di una clamorosa violazione delle sue norme, in particolare di quelle relative ai diritti umani. Forniture sono state anche deviate agli huthi e agli altri gruppi armati impegnati nei combattimenti.
“Non solo il mondo ha girato le spalle alla popolazione yemenita ma molti stati hanno persino contribuito alla sua sofferenza, inviando armi e bombe che vengono usate per uccidere e ferire illegalmente i civili e per distruggere abitazioni e infrastrutture. Tutto questo ha provocato una crisi umanitaria” – ha dichiarato Brian Wood, direttore del programma Controllo delle armi e diritti umani di Amnesty International.
“Tutti gli stati, così come le organizzazioni internazionali quali l’Unione europea e le Nazioni Unite, devono fare ciò che è in loro potere per impedire che questa terribile situazione umanitaria peggiori ancora. Il primo passo fondamentale dev’ essere quello di fermare gli irresponsabili e illegali trasferimenti di armi che potrebbero essere usate nel conflitto dello Yemen” – ha aggiunto Wood.
Amnesty International ha documentato come, dall’inizio del conflitto nel marzo 2015, tutte le parti coinvolte abbiano commesso numerose gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani – tra cui possibili crimini di guerra – nella completa impunità.
Sono stati uccisi quasi 3000 civili, tra cui 700 bambini. I feriti sono oltre 5600 e gli sfollati fino a due milioni e mezzo.
Amnesty International sta sollecitando tutti gli stati ad assicurare che nessuna parte coinvolta nel conflitto dello Yemen riceva direttamente o indirettamente armi, munizioni, equipaggiamento o tecnologia militare che si potrebbero usare per compiere gravi violazioni dei diritti umani, fino a quando queste non cesseranno. L’embargo dovrebbe riguardare anche l’assistenza logistica e finanziaria a tali trasferimenti.
Questa richiesta è più ampia delle sanzioni attualmente in vigore. La risoluzione 2216 del Consiglio di sicurezza, adottata nell’aprile 2015, ha imposto un embargo solo sulle armi dirette agli huthi e alle milizie alleate fedeli all’ex presidente Saleh. Il 25 febbraio una risoluzione non vincolante del Parlamento europeo ha chiesto al’Unione europea d’imporre un embargo solo nei confronti dell’Arabia Saudita.
Amnesty International chiede inoltre che ogni autorizzazione al trasferimento di armi verso qualsiasi parte in conflitto nello Yemen contenga la garanzia, rigorosa e legalmente vincolante, che l’uso finale sarà in linea col diritto internazionale umanitario e col diritto internazionale dei diritti umani e che le armi trasferite non saranno usate in Yemen. Gli stati dovranno espressamente informare il Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite sui dettagli di ogni trasferimento e delle garanzie sull’uso finale.
L’organizzazione per i diritti umani non sta chiedendo un embargo totale sull’acquisto legale di armi, da parte dei paesi della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, che siano legittimamente usate fuori dallo Yemen: ad esempio, per proteggere gli aiuti umanitari o per prendere parte a operazioni di peacekeeping.
L’embargo sollecitato da Amnesty International impedirebbe ogni trasferimento, per l’uso in Yemen, a tutte le parti coinvolte nel conflitto fino al permanere del rischio che quelle armi siano usate per compiere o facilitare crimini di guerra o altre gravi violazioni dei diritti umani.
Sulla base degli obblighi che hanno sottoscritto, gli stati parte del Trattato, compresi tutti gli stati membri dell’Unione europea, dovrebbero in realtà già aver applicato le garanzie relative all’uso finale.
Per Amnesty International, è fondamentale che l’embargo riguardi non solo armi e materiali usati negli attacchi aerei (come velivoli militari, missili e bombe) ma anche quelli usati negli attacchi da terra dagli huthi e dai loro alleati così come dai gruppi armati e dalle milizie che sostengono la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, tra cui i razzi Grad (tipicamente imprecisi), i mortai, le piccole armi, le armi leggere e i veicoli corazzati.
Da quando, nel marzo 2015, è iniziato il conflitto, Amnesty International ha documentato 30 attacchi aerei compiuti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita in cinque regioni dello Yemen (Sana’a, Sa’da, Hajjah, Ta’iz e Lahj) che paiono aver violato il diritto internazionale umanitario e che hanno causato 366 morti (oltre la metà dei quali donne e bambini) e 272 feriti tra la popolazione civile. Tali attacchi hanno colpito anche ospedali, scuole, mercati e moschee e potrebbero dunque costituire crimini di guerra.
Amnesty International ha anche indagato su 30 attacchi indiscriminati o sconsiderati da parte degli huthi e delle forze leali all’ex presidente Saleh nelle città meridionali di Aden e Ta’iz, che hanno causato 68 morti e 99 feriti tra la popolazione civile, in buona parte donne e bambini. Armi imprecise vengono usate quotidianamente per colpire centri abitati, col conseguente tributo di vittime civili e nel profondo disprezzo per le loro vite. Questi attacchi indiscriminati violano le leggi di guerra.
Amnesty International ha infine documentato come la coalizione guidata dall’Arabia Saudita abbia fatto ricorso ad almeno quattro tipi di bombe a grappolo (bandite a livello internazionale), tra cui modelli prodotti negli Usa e in Brasile, in almeno cinque attacchi in tre regioni dello Yemen. L’ultimo attacco documentato risale al 6 gennaio, quando a Sana’a un ragazzo di 16 anni è stato ucciso e altri sei civili sono rimasti feriti. Le bombe a grappolo sono munizioni indiscriminate che mettono a rischio per molto tempo la vita dei civili. Il loro uso è proibito.
“I combattimenti nello Yemen hanno prodotto un catalogo di orrori per la popolazione civile. Le parti in conflitto sono le prime da condannare per le flagranti violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani e per non aver preso misure adeguate per proteggere i civili e i loro diritti umani” – ha affermato Wood.
“Ma la comunità internazionale ha avuto a sua volta un ruolo importante, continuando a fornire armi per miliardi di dollari alla coalizione a guida saudita, nonostante fosse più che evidente il rischio che sarebbero state usate per compiere gravi violazioni dei diritti umani” – ha sottolineato Wood.
“La cessazione dei trasferimenti di armi a tutte le parti in conflitto nello Yemen dev’essere accompagnata dall’avvio di un’indagine internazionale che possa occuparsi in modo indipendente e credibile delle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani commesse da tutti coloro che prendono parte al conflitto” – ha concluso Wood.
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