Il mercato del lavoro delle donne in agricoltura è contraddistinto da una forte divisione:
– giovani, istruite, innovative, fortemente motivate, le imprenditrici agricole;
– super sfruttate e prive di diritti le braccianti stagionali, soprattutto quelle addette alla raccolta e confezionamento dei prodotti ortofrutticoli.
Le prime sono la punta di diamante di quell’agricoltura sostenibile e multifunzionale che caratterizza le scelte imprenditoriali delle nuove generazioni di agricoltori.
Diversa, diversissima la condizione delle donne braccianti.
Tanto le coltivatrici sono un elemento di traino di nuovi modelli agricoli, interessate al biologico, all’agricoltura sociale, al rapporto con il territorio e alle relazioni sociali, tanto più le braccianti italiane, insieme ai migranti, sono prive dei più elementari diritti sociali e civili. Costituiscono, infatti, la componente maggiore, dopo gli immigrati, di quell’esercito di lavoro nero e irregolare adibito a lavori faticosi, mal retribuiti, dequalificati e insalubri, gravati da quella intermediazione illegale presente in tante aree dell’agricoltura italiana.
A questa situazione di violazione dei diritti contrattuali, previdenziali e assicurativi per le donne si aggiungono specifiche difficoltà di genere in relazione alle scadenti condizioni civili in parte delle aree rurali (assenza/carenza di servizi ecc) che colpiscono in particolare le donne nel loro ruolo di cura. A questa situazione disastrosa e inaccettabile, il Governo, dopo i fatti di Rosarno e le morti di quest’estate di uomini e donne nei campi, ha avviato un percorso di contrasto al caporalato e al lavoro nero con provvedimenti che puntano a dare continuità e organicità alla repressione del fenomeno anche con misure che ne incentivino l’emersione.
Nel 2014 la legge n.116 (competitività) ha introdotto, con l’istituzione della Rete del lavoro agricolo di qualità (art. 6), la certificazione etica del lavoro agricolo. Le aziende che aderiscono alla Rete dovranno (art. 1): non avere riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; non essere stati destinatari, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative definitive per le violazioni di cui alla lettera; essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi. I controlli degli organi ispettivi dovranno orientare l’attività di vigilanza prioritariamente verso le imprese non appartenenti alla Rete del lavoro agricolo di qualità, salvo i casi di richiesta di intervento del lavoratore, delle organizzazioni sindacali, delle Autorità giudiziarie e amministrative (art.6.6). Le aziende aderenti alla Rete avranno un accesso al finanziamento agevolato di investimenti in ricerca e innovazione tecnologica, effettuati per le finalità proprie del medesimo contratto di rete (art. 6 bis. 1) e un accesso facilitato ai finanziamenti dei PSR (art. 6 bis.2). La Rete è gestita da una cabina di regia composta da organi ministeriali, INPS, organi di vigilanza e parti sociali. Le misure di contrasto ai fenomeni è ora rafforzato nel disegno di legge del Consiglio dei ministri “contro il caporalato e lavoro nero in agricoltura”, in discussione al Senato. Il ddl prevede l’istituzione di misure che, se attuate, potrebbero colpire con maggior efficacia i fenomeni illegalità. Prevedono: il rafforzamento della cabina di regia della Rete; l’istituzione di un Piano di interventi per l’accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali; l’ indennizzo per le vittime; l’inasprimento delle misure penali.
La Rete, attiva in via sperimentale, dal settembre dello scorso e che dovrà coordinare tutta la materia, sarà aperta ad altri soggetti quali gli sportelli unici per l’immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l’impiego e gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura e i soggetti abilitati al trasporto dei lavoratori agricoli.
Il Piano di interventi per accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali impegna le istituzioni locali a predisporre misure per l’accoglienza di tutti i lavoratori impegnati nelle attività stagionali di raccolta dei prodotti agricoli e il loro diretto coinvolgimento nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore. L’obiettivo è tutelare la sicurezza e la dignità dei lavoratori ed evitare lo sfruttamento della manodopera, anche straniera. Il piano sarà stabilito con il coinvolgimento delle Regioni, delle province autonome e delle amministrazioni locali nonché delle organizzazioni di terzo settore. L’inasprimento degli strumenti penali per la lotta al caporalato prevede: l’ introduzione della responsabilità amministrativa degli enti per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; l’equiparazione del reato di caporalato a quello della tratta di esseri umani e l’estensione degli indennizzi per le vittime, l’arresto obbligatorio per l’intermediazione illecita e per il caporalato, la confisca obbligatoria dei mezzi per i responsabili di pratiche illecite.
AIAB apprezza e sostiene le misure proposte e condivide la decisione di accompagnare le misure repressive alle politiche attive di emersione di lavoro nero e caporalato, nella convinzione che il rispetto dei diritti dei lavoratori sia una condizione fondamentale per l’agricoltura di qualità, a partire da quella biologica. E che questo, al pari delle politiche di accoglienza, integrazione e qualificazione del lavoro e degli habitat sociali e di vita, possa riconoscere e restituire dignità agli addetti. Solo così anche le braccianti stagionali potranno meglio riconoscersi nella giornata internazionale della donna.
Anna Ciaperoni, responsabile AIAB agricoltura sociale
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