“Piuttosto che veri canali della forma a noi più familiare, dobbiamo immaginarci depressioni del suolo non molto profonde, estese in direzione rettilinea per migliaia di chilometri, sopra larghezza di 100, 200 chilometri od anche più. Io ho già fatto notare altra volta, che, mancando sopra Marte le piogge, questi canali probabilmente costituiscono il meccanismo principale, con cui l’acqua (e con essa la vita organica) può diffondersi sulla superficie asciutta del pianeta” (Giovanni Virginio Schiaparelli, 1895).
“Tutto l’enigma di Marte nasce dalle striscie sottili e rettilinee, che Schiaparelli paragonò a fili di ragno tesi sopra la superficie del pianeta. Ma è nostra opinione che l’apparenza meravigliosa di queste linee abbia la sua origine non nella realtà delle cose, bensì nell’impotenza in cui si trova il telescopio attuale di rappresentarci fedelmente codesta realtà” (Vincenzo Cerulli, 1896).
Buon vento siderale, ExoMars! Il potente vettore Proton della Russia scalda i suoi sei motori RD-253 per lanciare la Missione ExoMars2016 delle agenzie spaziali europea e russa Esa-Roscosmos. Il sogno di raggiungere Marte è vivo! L’obiettivo: Meridiani Planum, la stessa regione esplorata dal rover Opportunity della Nasa, dopo un volo di 500 milioni di chilometri. La finestra di lancio (lift off) di Proton-ExoMars (22 ton.) si apre, al cosmodromo Bajkonur in Kazakistan, Lunedì 14 Marzo 2016, alle 10:31:42 ore italiane, sotto la Direzione di Alexander Ivanov, Capo della Russian Federal Space Agency. La finestra resta aperta appena 12 giorni per raggiungere Marte il prossimo 16 Ottobre 2016. In attesa della prima missione spaziale dal nuovo cosmodromo russo di Vostochny (http://esamultimedia.esa.int/docs/science/EXOMARS_Mediakit_2016-03-09.pdf) prima del Giorno del Cosmonauta, il 12 Aprile 2016, come auspicato dal Presidente Vladimir Putin. I primi segnali operativi della sonda ExoMars, in orbita di parcheggio terrestre, sono attesi all’ESOC di Darmstadt per le ore 22:28 attraverso la Stazione di Malindi in Africa. Grazie alla potenza della Russia e alla leadership italiana scientifica, industriale e tecnologica, l’Europa vola seriamente su Marte. La Russia non conquista con successo il Pianeta Rosso dal lontano 1989 per le sfortunate missioni Phobos e Mars 96. L’Esa, da parte sua, può vantare solo il parziale successo dell’orbiter MarsExpress fin dal 2003, per l’infelice “ammartaggio” senza risposta del lander Beagle 2. Neppure la Nasa, i cui successi marziani sono storicamente indiscutibili, se la passa bene. La nuova missione “InSight” è stata momentaneamente cancellata per problemi tecnici e il nuovo lancio su Marte è previsto per il 5 Maggio 2018. Ecco perchè gli occhi e le menti del mondo sono tutti concentrati sulla ExoMars16 che rimarrà nominalmente operativa su Marte fino all’Anno Domini 2022. Maurizio Capuano e Richard Bessudo computano i secondi restanti del conto alla rovescia per il lancio di una delle più grandi missioni al mondo sul Pianeta Rosso. Fanno parte del team di ExoMars, un progetto congiunto di Esa e Roscosmos che intende cercare, stavolta “cum grano salis” e non alla maniera rabdomante di “The Martian”, eventuali segnali concreti di vita passata o recente su Marte. La prima sonda automatica europea è pronta all’impresa, sulla base di precisi accordi internazionali come l’Instrument Multilateral Agreement Among The European Space Agency, Agenzia Spaziale Italiana, The Centre National D’Etudes Spatiales, The National Space Institute of the Technical University of Denmark, The Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt E.V., The Ministerio de Educacion y Ciencia, and The Science and Technology Facilities Council for the ExoMars Mission, firmato dall’ASI in data 05/05/08; e l’Instrument Agreement between the Agenzia Spaziale Italiana and the European Space Agency concerning the 2016 ExoMars mission, firmato in data 09/09/2013. L’ESA e Roscosmos, l’Agenzia Spaziale Federale Russa, hanno siglato un accordo formale nel 2013 per una collaborazione di lavoro sul programma ExoMars (www.esa.int/Our_Activities/Operations/ExoMars_TGO_operations) in vista del lancio di due missioni, nel 2016 e nel 2018. “Questa è Exomars2016 – rivela Maurizio Capuano, manager del programma ExoMars di Thales Alenia Space – che arriverà sul Pianeta Rosso. La parte bassa si metterà in orbita marziana aprendo i suoi pannelli solari per prendere l’energia dal Sole, la parte superiore è il cosiddetto lander che atterrerà direttamente sulla superficie marziana completamente autonomo”. L’Italia, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana, è il principale sostenitore della doppia missione ExoMars con il 40% dell’investimento totale. ExoMars è composto da due imprese distinte. La prima viene lanciata da Bajkonur ed è costituita da una sonda orbitante, il Trace Gas Orbiter (TGO) di 3732 Kg che si occupa dell’analisi dei gas atmosferici rimanendo in orbita a 400 Km attorno a Marte (inizialmente su una eccentrica percorsa ogni 4 Sol), e da un lander di 600 Kg, chiamato “Schiaparelli”, in memoria dell’astronomo italiano studioso del Pianeta Rosso insieme al celebre Vincenzo Cerulli (“Teoria Ottica delle Macchie di Marte”), che fornirà dati fondamentali allo sviluppo delle prossime missioni congiunte marziane, costruiti a Torino. Per una massa totale, al lancio, di 4332 Kg. La seconda impresa ExoMars partirà nel 2018, facendo tesoro delle informazioni raccolte dalla prima. Il TGO, a guida francese, effettuerà uno studio dei gas presenti nell’atmosfera marziana e di eventuali processi biologici o geologici in atto, mentre il modulo di discesa Schiaparelli, a leadership italiana, contenente la stazione meteo “Dreams” ed altri strumenti, atterrerà su Marte testando, fra l’altro, le tecnologie di “ammartaggio”, elemento chiave per le successive missioni sul Pianeta Rosso. La seconda impresa dispone di un rover europeo e di una piattaforma di superficie stazionaria russa. Il rover, a leadership britannica, combina capacità di movimento a quelle di perforazione del suolo marziano fino ad una profondità di 2 metri. L’obiettivo del rover è la ricerca di segnali di vita passata o presente grazie all’analisi dei campioni di sottosuolo raccolti. Il modulo stazionario russo trasporterà il modulo di discesa su Marte, a guida germanica. La piattaforma di superficie russa, rilasciato il rover, indagherà l’ambiente circostante, caratterizzando la geochimica del Pianeta Rosso, ampliando la conoscenza dell’ambiente marziano e dei suoi aspetti geofisici, identificando i possibili rischi per le future missioni umane. L’Esa ha assegnato all’Italia la leadership principale di entrambe le missioni ExoMars: oltre alla responsabilità complessiva di sistema di tutti gli elementi, è sempre italiana la responsabilità diretta dello sviluppo del modulo di discesa Schiaparelli di ExoMars 2016, del “drill” di due metri che perforerà il suolo marziano per il prelievo di campioni e del centro di controllo da cui il rover verrà guidato. La camera CaSSIS (Colour and Stereo ScientificImaging System) è disegnata e realizzata all’Università di Berna con il contributo dell’Osservatorio Astronomico Inaf di Padova e dell’Agenzia Spaziale Italiana. CaSSIS fornirà coppie stereo ad alta risoluzione e a colori di regioni accuratamente selezionate; inoltre supporterà gli altri strumenti a bordo di TGO nella ricerca di gas che possono essere importanti da un punto di vista biologico, come il Metano, confermato su Marte fin dal 2003 in sorgenti finora sconosciute. Metano che ricopre, ghiacciato, le montagne di Plutone in gran quantità. Dreams (DustCharacterization, RiskAssessment and Environment Analyser on the MartianSurface) è una suite di sensori per la misura dei parametri meteorologici (pressione, temperatura, umidità, velocità e direzione del vento, radiazione solare) e del campo elettrico atmosferico in prossimità della superficie di Marte, frutto della collaborazione di ASI con l’Osservatorio Astronomico Inaf di Napoli e il Cisas di Padova. Lo strumento Amelia (Atmospheric Mars Entry and Landing Investigation and Analysis, Francesca Ferri del Cisas-Università di Padova) integrerà la modellistica dell’atmosfera marziana impiegando i dati raccolti dai sensori durante la discesa del lander Schiaparelli sulla superficie marziana. Il Ma_Miss (Mars MultispectralImager for SubsurfaceStudies, Maria Cristina De Sanctis dell’Inaf-Iaps, Roma, Divisione Sistemi Avionici e Spaziali di Finmeccanica) è lo spettrometro per l’analisi dell’evoluzione geologica e biologica del sottosuolo marziano: inserito all’interno del “drill”, consentirà di analizzare la conformazione della superficie interna della perforazione effettuata. In collaborazione con l’Inaf-Iaps, l’Inrri (INstrument for landing-Roving laser RetroreflectorInvestigations) è il microriflettore laser realizzato dall’Asi e dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), realizzato con la supervisione scientifica di Simone Dell’Agnello, fisico dei Laboratori Nazionali di Frascati (Lnf) dell’Infn. Fu l’astronomo italiano Giovanni V. Schiaparelli il primo scienziato a mappare le caratteristiche della superficie del Pianeta Rosso nel XIX Secolo, poi integrate e corrette dal fisico Vincenzo Cerulli. A Schiaparelli è dedicato il primo modulo di discesa dell’impresa ExoMars. L’Italia, tramite l’ASI, svolge un ruolo di primo piano nell’esplorazione di Marte con la missione Mars Express dell’Esa, grazie in particolate al radar Marsis e allo spettrometro Pfs, ma anche con gli strumenti Omega e Aspera; e con il radar ShaRad nella missione Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa, lanciato il 12 Agosto 2005. Orbiter ancora attivi. L’Esa ha assegnato all’industria italiana, e in particolare a Thales Alenia Space Italia (Thales 67%, Finmeccanica 33%), la leadership principale di entrambe le missioni, oltre alla responsabilità complessiva di sistema di tutti gli elementi. Inoltre è sempre di Thales Alenia Space Italia la responsabilità diretta dello sviluppo della sonda madre, l’orbiter, e del lander Schiaparelli, così come del progetto del rover che effettuerà, nel corso della missione A.D. 2018, le analisi geologiche e biochimiche di Marte. La Divisione Sistemi Avionici e Spaziali di Finmeccanica fornisce i sistemi fotovoltaici, unità di potenza e sensori di assetto; contribuisce, per la missione A.D. 2016, alla realizzazione dello strumento CASSiS per l’analisi dell’atmosfera marziana e realizza, per la missione A.D. 2018, lo speciale “drill” di due metri. Anche lo sviluppo del centro di controllo di missione e l’infrastruttura che fornirà al centro di controllo del rover le comunicazioni necessarie per condurne le operazioni, sono “made in Italy”, realizzati da Telespazio (Finmeccanica 67%, Thales 33%). Un ruolo importante nella missione lo ha anche la società per azioni Alatec, di proprietà per la totalità da ASI e Thales Alenia Space Italia. Il centro di controllo infatti sarà a Torino in Altec. Tra gli strumenti a bordo del lander Schiaparelli, il “Dust Characterisation, Risk Assessment, and Environment Analyser on the Martian Surface” (Dreams), è la piccola stazione meteorologica che ha come “principal investigator” Francesca Esposito dell’Osservatorio Astronomico Inaf di Capodimonte. Quando la prima sonda raggiungerà Marte, il prossimo Ottobre 2016, l’orbiter compirà una serie di traiettorie ellittiche, per poi assestarsi in un’orbita circolare a circa 400 km di distanza dalla superficie di Marte. Il lander Schiaparelli si separerà dolcemente dall’orbiter qualche giorno prima dell’arrivo al Pianeta Rosso e planerà sulla sua superficie attraversando l’atmosfera marziana alla velocità di 21.000 km/h. Per rallentare sfrutterà l’attrito dei gas atmosferici e un paracadute, mentre la frenata finale sarà garantita da un sistema propulsore dedicato. Schiaparelli dovrebbe sopravvivere sulla superficie di Marte per un tempo limitato a qualche giorno, sfruttando l’energia fornita dalle batterie di bordo, non nucleari! La limitazione è ufficialmente dovuta alle risorse di spazio all’interno del modulo, tuttavia questo tempo permetterà agli strumenti scientifici di effettuare numerose e preziose rilevazioni. Finora sono state effettuate poche misurazioni del vento marziano dai lander che hanno esplorarto il Pianeta Rosso. Esse hanno mostrato che l’atmofera rarefatta che circonda Marte supera di rado la soglia oltre la quale i venti sono in grado di mettere in moto le particelle: le dune di sabbia onnipresenti sulla superficie del pianeta sembravano immobili e si è a lungo supposto che si fossero formate nel passato, quando l’atmosfera era più densa e movimentata. Una serie di osservazioni recenti a più alta risoluzione, come quelle realizzate dall’esperimento HiRISE a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa, hanno rivelato che molte dune e increspature mostrano in realtà cambiamenti consistenti nel tempo. I dati mostrano che la tenue atmosfera marziana muove la sabbia delle dune a tassi non molto inferiori a quelli osservati sulla Terra. In questo contesto scientifico è nata l’idea di proporre un esperimento come Dreams, una stazione meteorologica autonoma, con un proprio sistema di alimentazione e controllo, da portare su Marte a bordo del lander Schiaparelli che avrebbe senz’altro gradito un’alimentazione energetica più performante. Dreams potrà indagare per la prima volta aspetti poco conosciuti dell’atmosfera di Marte, come le sue proprietà elettriche. Grazie all’esperimento avremo a disposizione un set completo di dati che consentiranno di quantificare i potenziali rischi per attrezzature ed equipaggi umani. Schiaparelli atterrerà su Marte durante la stagione in cui è statisticamente più probabile osservare le tempeste di polvere. Per testare gli strumenti è stata realizzata una campagna di raccolta dati nel deserto del Marocco, in una regione (ottimo set fantascientifico!) che potesse simulare al meglio le condizioni nelle quali Dreams si troverà ad operare. I risultati di questa campagna hanno confermato i sospetti degli scienziati: esiste una forte correlazione tra la polvere messa in moto dalle turbolenze e il valore del campo elettrico dell’atmosfera. Lo scopo principale della campagna in Marocco era lo studio della nascita e dell’evoluzione delle tempeste di polvere. Per questo gli scienziati del team Dreams hanno assemblato una stazione meteorologica dedicata al monitoraggio dei processi di trascinamento della polvere in atmosfera. La regione in cui si sono svolte le misurazioni si trova vicino a Merzouga, nella provincia di al-Rāshīdiyya, dove il terreno ha caratteristiche molto simili al suolo marziano. Gli scienziati hanno intrapreso in tutto tre serie di test presso la stazione di Merzouga, negli anni 2012, 2013 e 2014. Il periodo scelto è quello delle tempeste di sabbia, così da rendere possibile il monitoraggio di una serie di parametri, tra cui velocità e direzione del vento a quote differenti, umidità, temperatura e campo elettrico, simulando le condizioni atmosferiche che verranno indagate su Marte. L’obiettivo dello studio era di trovare una correlazione tra le variazioni dei parametri ambientali e i movimenti di sabbia e polveri. Ed è stato centrato in pieno dal team guidato da Francesca Esposito. I risultati ottenuti nel deserto del Sahara hanno posto le basi per una corretta interpretazione dei dati raccolti dall’esperimento Dreams su Marte. In sostanza, Dreams permetterà di realizzare il primo studio dettagliato dei fenomeni elettrici nell’atmosfera marziana. Gli studiosi si aspettano di trovare condizioni con analogie e differenze rispetto a quanto osservato sulla Terra, ma probabilmente il moto di polveri e sabbia dovrebbe essere il meccanismo dominante alla base della formazione di campi elettrici atmosferici. L’elettricità atmosferica è coinvolta anche in diversi processi che hanno un notevole impatto sulla superficie e l’atmosfera stessa. Durante le tempeste di polvere, le forze elettrostatiche possono risultare molto più intense di quelle aerodinamiche generate dal vento, e dominare il moto delle particelle di polvere elettricamente cariche, come ci ricordano anche molti episodi di Star Trek. Questo significa che l’evoluzione di queste forze elettrostatiche nel tempo può avere un ruolo chiave nei processi di erosione ed evoluzione a lungo termine della superficie di Marte, nonché del suo clima. I campi elettrici in atmosfera sono in grado di eccitare gli Elettroni liberi e quindi hanno un ruolo chiave nella chimica dei materiali di superficie e nella produzione di costituenti ossidati in atmosfera. Pertanto, gli studi realizzati da Dreams forniranno informazioni essenziali per quanto riguarda la sostenibilità delle condizioni favorevoli alla vita. “Dreams effettuerà le sue misure dopo l’atterraggio di Schiaparelli su Marte – rivela Francesca Esposito – dopo aver ricevuto un comando di risveglio dall’elettronica del lander, inizierà a operare autonomamente per 2-4 Sol (ovvero i giorni marziani) fino a quando la batteria non si esaurirà. Purtroppo, a causa della limitata disponibilità di energia, Dreams non potrà funzionare continuamente durante il giorno marziano. Funzionerà in 31 finestre temporali predefinite, per una durata complessiva di circa 6 ore durante ogni Sol. Schiaparelli atterrerà su Marte durante la stagione in cui le tempeste di polvere sono più frequenti, pertanto Dreams avrà la possibilità di caratterizzare l’ambiente di Marte quando l’atmosfera è ricca di polvere. Tutti i sensori di Dreams sono stati progettati per sopravvivere a queste condizioni su Marte. Oltre alle misure meteorologiche, Dreams studierà l’opacità dell’atmosfera dovuta alla presenza di polvere e gli effetti della polvere sugli strati atmosferici. Un altro importante obiettivo è quello di raccogliere informazioni sui pericoli creati dalla polvere, per aiutare gli ingegneri a quantificare i rischi per le attrezzature e per missioni future di esplorazione umana. I dati raccolti includono la velocità della polvere trasportata dal vento, le cariche elettrostatiche, l’esistenza di scariche elettriche, i disturbi elettromagnetici che potrebbero influire sulle comunicazioni, e l’intensità della luce ultravioletta. Sono particolarmente entusiasta all’idea di poter effettuare la prima indagine in assoluto dei fenomeni elettrici nell’atmosfera di Marte. Si pensa che tra la superficie e la ionosfera marziana vi sia un circuito elettrico atmosferico globale. Durante le tempeste di polvere e in prossimità dei vortici, sembra che si possano formare campi elettrici intensi. Inoltre, la polvere e la sabbia cariche elettricamente possono avere un ruolo importante nel processo di sollevamento della polvere dalla superficie, influenzando l’evoluzione delle tempeste di polvere su Marte”. I risultati raccolti da Dreams contribuiranno a far luce su alcune importanti questioni chiave nel campo della scienza marziana e forniranno informazioni preziose per il rover ExoMars 2018. “Dreams nasce da una prima proposta di portare con Schiaparelli una versione miniaturizzata degli strumenti italiani che – ricorda Francesca Esposito – erano stati selezionati per far parte di Humboldt, un lander progettato all’interno della missione ExoMars, che è stato cancellato nel 2009. Abbiamo invitato gli altri istituti europei a unirsi a noi nel progetto, e in questo modo ci siamo ritrovati insieme a persone che avevano lavorato a studi rivolti a missioni spaziali marziane e che per motivi diversi non avevano ancora raggiunto Marte. Abbiamo organizzato diversi incontri internazionali a Napoli tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 per selezionare i migliori strumenti da presentare come un pacchetto autonomo alla richiesta Esa per un carico da agganciare alla missione Schiaparelli. La proposta originaria includeva undici strumenti, di cui ne sono stati selezionati sei.
L’acronimo Dreams riflette in parte il sogno (“dream” in inglese, NdA) di raggiungere Marte che accomuna tutti i membri del team. La nostra proposta è stata selezionata nel Giugno 2011 e abbiamo prodotto cinque modelli (tra cui quello di volo che è montato su Schiaparelli) in meno di quattro anni. Per raggiungere questo obiettivo tutto il team ha compiuto un grande sforzo con la costante supervisione dell’Agenzia Spaziale Italiana e dell’Esa. Siamo molto orgogliosi di quello che siamo stati in grado di ottenere e siamo ansiosi di vedere Dreams su Marte”. Al Thales Alenia Space, nel sud della Francia, la navicella spaziale ExoMars è stata sottoposta a un rigoroso programma di test, visto che le finestre di lancio non sono frequenti. “Per andare su Marte – spiega Richard Bessudo, manager del programma ExoMars Trace Gas Orbiter – occorre ottenere le condizioni favorevoli di congiunzione tra Terra e Marte. Tenuto conto delle orbite dei due pianeti, le congiunzioni favorevoli si riproducono soltanto ogni 26 mesi”. Una volta su Marte, la sonda si separa in due parti. Il satellite resta in orbita e il lander si dirige sulla superficie. L’Esa spera che la capsula porterà a termine il primo atterraggio controllato europeo su Marte. “Ha una forma che ricorda le navicelle spaziali – rivela Maurizio Capuano – gli Ufo, se vogliamo interpretarla in questa maniera, perché la forma aerodinamica dell’oggetto è la migliore per permettere un ingresso controllato nell’atmosfera marziana”. ExoMars 2016 fornirà informazioni cruciali, innanzitutto in che modo il lander si posizionerà su Marte. La missione permetterà all’orbiter di annusare i gas di Marte alla ricerca di Metano (CH4), la “smoking gun” della possibile presenza di vita aliena. Poi nel 2018 sarà lanciata la seconda missione con il rover vero e proprio. “ExoMars 2018 – dichiara Jorge Vago, scienziato del progetto ExoMars – aprirà un nuovo capitolo dell’esplorazione su Marte. Per la prima volta ci occuperemo della terza dimensione, ossia la profondità. È molto importante, perché sotto la superficie, in profondità, abbiamo maggiori opportunità di trovare le prove di un’eventuale presenza passata della vita su Marte”. L’invio di un veicolo per scavare su Marte è una cosa complicata. La parte più delicata è riuscire ad atterrare in modo sicuro. Poi il rover di ExoMars dovrà orientarsi con cautela. Come rivela Pietro Baglioni, manager della missione del rover ExoMars, “punterà ad atterrare a metà strada tra le colline e le basse pianure di Marte. Si metterà alla ricerca di acqua al di sotto della superficie e scaverà fino a due metri di profondità”. La velocità della perforazione “è piuttosto bassa se la si paragona a quella che si usa per i lavori domestici – rileva Pietro Baglioni – si tratta soltanto di 50-60 watt, ossia la potenza di una lampadina. È in grado di fare un grande lavoro, di forare e ottenere campioni”. Gli scienziati Nasa del rover Curiosity confermano che “Marte era abitabile”. Ora ExoMars cercherà microbi allo stato fossile e tracce di molecole organiche. “I microbi sarebbero troppo piccoli da individuare – avverte Jorge Vago – la dimensione è compresa tra uno e pochi micron, per cui servirebbe un enorme microscopio per poterli osservare, cosa che non abbiamo nella nostra missione. Ma i microbi possono aver influenzato la forma delle rocce nel corso del tempo. L’altro tipo di firma biologica sono le molecole organiche. Dobbiamo immaginarle come mattoncini della Lego”. Il rover di ExoMars potrebbe individuare tracce della presenza di vita su Marte, magari nascoste sotto la superficie, al riparo dalle radiazioni più dannose. È possibile? Per Pietro Baglioni, “è una domanda da 100 milioni di dollari. Sono convinto che ci sia stata vita su Marte”; Richard Bessudo ritiene “molto probabile la vita su Marte”; Maurizio Capuano personalmente pensa “che non ci sia la vita su Marte, ma questa è una mia personale opinione”; Jorge Vago pensa “sia possibile che ci siano tracce di vita sotto la superficie”. La risposta potrebbe arrivare con la missione ExoMars euro-russa. Il 21 Ottobre 2015 l’Esa annuncia la scelta del primo sito candidato per il “landing” del 2018. Si tratta di Oxia Planum, selezionato all’interno di una rosa di quattro obiettivi. ExoMars è stato concepito e realizzato per acquisire e dimostrare la capacità autonoma europea di eseguire un atterraggio controllato sulla superficie marziana, operare sul suolo marziano in mobilità di superficie, accedere al sottosuolo per prelevarne campioni e analizzarli in situ. #Italiavasumarte è l’hashtag ufficiale lanciato a pochi giorni dalla missione dell’Agenzia Spaziale Europea, in occasione della inaugurazione dell’installazione dedicata a ExoMars e al ruolo del Belpaese nell’esplorazione del Pianeta Rosso che campeggia a Piazza del Popolo a Roma. Ideata e realizzata dall’Agenzia Spaziale Italiana, in collaborazione con Thales Alenia Space Italia, Finmeccanica e Telespazio, l’installazione è composta di un mega schermo di due metri per cinque e da una simulazione del suolo marziano in cui campeggia il lander Schiaparelli, il modulo di discesa a leadership italiana. Entusiasti sono il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, l’ingegner Mauro Moretti AD e Direttore Generale di Finmeccanica, l’AD di Thales Alenia Space Italia, Donato Amoroso, e l’AD di Telespazio, Luigi Pasquali. ExoMars, grazie alla Russia, segna il risveglio del settore aerospaziale e della ricerca di base per l’Italia nel Cosmo. Nelle attività spaziali europee bisogna fare giuoco di squadra. L’Italia sta riguadagnando incisivamente il suo ruolo di leadership nelle politiche europee dello spazio pubblico e privato. Occorre far decollare l’impresa e l’industria spaziale privata in regime di libertà e in una cornice giuridica semplice e incisiva! La ricerca spaziale è la Scienza “Blue Sky” orientata ad andare oltre le frontiere ultime, come Marte e Giove, oltre la messa in orbita di satelliti e stazioni spaziali in orbita bassa terrestre, ed è la base reale dell’innovazione scientifica e tecnologica per un Paese civile che ama i suoi giovani cervelli. Tre scienziate del team ExoMars sono donne italiane che studiano e lavorano nel campo scientifico. Un esempio lungimirante per tutte le donne! Maria Cristina De Sanctis, ricercatrice presso dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Inaf, a Roma, è una planetologa specializzata nello studio della composizione della superficie di piccoli oggetti nel nostro Sistema solare e un’esperta nella progettazione di strumentazione per missioni spaziali, soprattutto per l’analisi spettrale e l’evoluzione termica dei corpi planetari. È coinvolta in un grande numero di progetti, tra quelli in corso ricordiamo Dawn, in cui è P.I. dello strumento VIR. Ma soprattutto ExoMars, la sonda dell’Esa che raggiunge Marte. Laurea in Fisica e un dottorato in Ingegneria Spaziale per Francesca Esposito; laurea in Fisica e dottorato in Astronomia per Maria Cristina De Sanctis. “Gli strumenti da noi guidati – rivelano le ricercatrici – hanno sempre delle controparti in laboratorio. Si tratta a volte di prototipi che ci permettono di valutare se lo strumento ipotizzato ha effettivamente le capacità che ci si aspetta, altre volte di vere e proprie copie, utilizzate per valutare le performance degli strumenti da volo o come strumenti di laboratorio essi stessi. In quanto a risolvere complicate equazioni, abbiamo anche un forte interesse in modelli evolutivi e predittivi che si basano sulla soluzione di tali equazioni”. Conta sempre nutrire e incoraggiare fin da piccoli la curiosità nella Scienza. È un’inclinazione comune tra gli scienziati, che trasforma quasi sempre quella curiosità nel desiderio di contribuire a comprendere i misteri dell’Universo. Magari se già da bambini ci si interroga sull’origine della polvere domestica, per poi passare a studiare quella del Sistema Solare. O semplicemente interrogandosi su come analizzare la composizione di pianeti e comete! “Siamo sempre state molto curiose di conoscere vari aspetti della scienza – spiegano le due scienziate – ma non in termini prettamente tecnici o ingegneristici, quanto in termini di conoscenza dell’origine e dell’evoluzione dei fenomeni naturali. La Fisica ed in particolare l’Astronomia ci hanno sempre interessato”. Leggono molti libri. Dai classici russi ai contemporanei giapponesi come Murakami. Per i film la scelta è più difficile. “Crediamo che le donne siano più collaborative degli uomini e, a volte – confessano le due ricercatrici – sono dotate di più buon senso, ma è difficile generalizzare. Ci si muove in un ambiente prevalentemente maschile nel quale essere donna a volte, più che un valore aggiunto, è piuttosto uno svantaggio”. Il Presidente Battiston rileva come la ricerca e la tecnologia italiane sono in prima fila nella missione destinata a portare l’Europa su Marte: “stiamo lavorando a un sogno, così com’è stata un sogno la prima missione nella quale per la prima volta un veicolo costruito dall’uomo si è posato sulla superficie di una cometa, la 67P”, rileva Battiston che rimarca come “le ricadute si prevedono numerose, assolutamente reali e saranno importanti per tutti i settori della tecnologia”. Per Mauro Moretti, “Finmeccanica è coinvolta dagli Anni ‘60 nei più importanti programmi spaziali. Dopo il successo della missione Rosetta, che ha visto le tecnologie Finmeccanica atterrare su una cometa, siamo pronti per portare con ExoMars la nostra conoscenza sul Pianeta Rosso. Il ruolo di Finmeccanica in ExoMars è di grande rilievo: dai nostri laboratori provengono molte delle tecnologie usate nel programma, come la sofisticatissima trivella che partirà nel 2018 per scavare con la sua punta di diamante il suolo marziano alla ricerca di acqua e tracce di vita. Finmeccanica è in prima linea in questa grande sfida con tutti i suoi tecnici, le donne e gli uomini che sono ogni giorno impegnati nella ricerca e nello sviluppo tecnologico, vero motore dell’innovazione del nostro Paese”. Donato Amoroso, AD di Thales Alenia Space Italia, è certo che “siamo di fronte ad un appuntamento importante, storico direi, per l’industria spaziale in generale ed in particolar modo per Thales Alenia Space che vede protagonista ancora una volta l’alta tecnologia che la caratterizza e contraddistingue, quella competenza ed esperienza derivante da decenni di duro lavoro e dalla partecipazione a numerosi programmi di successo nel campo dell’esplorazione spaziale. Il programma ExoMars è il frutto straordinario di una cooperazione internazionale. Dunque il mio ringraziamento va in particolar modo all’Agenzia Spaziale Europea, all’Agenzia Spaziale Italiana e alla loro lungimirante capacità di cooperare in sinergia con la filiera industriale a sostegno del Sistema Paese”. Per un mese Piazza del Popolo a Roma ospiterà l’installazione ExoMars. Grazie al mega monitor del quale è dotata, il 14 Marzo 2016, si può assistere alla diretta del lancio del vettore Proton, con i commenti dal Centro di Controllo della Missione, sede dell’evento nazionale, in collegamento con la base spaziale russa di Bajkonur. Per tutto il mese (l’iniziativa dovrebbere essere permanente, non solo a Roma ma in tutta Italia, nei Musei della Scienza!) filmati, pubblicazioni e interviste informeranno il pubblico sulla missione ExoMars e suoi significati scientifici, tecnologici e industriali con particolare riferimento al prevalente ruolo italiano grazie alla Russia. Il lander Schiaparelli dimostrerà le tecnologie chiave per l’Europa con il primo atterraggio controllato su Marte. Entrerà nell’atmosfera marziana a 21mila chilometri orari e userà paracaduti e razzi per frenare fino a una velocità inferiore ai 15 km all’ora, prima di atterrare meno di otto minuti più tardi. Durante l’entrata e la discesa, il modulo raccoglierà dati sull’atmosfera e i suoi strumenti effettueranno misurazioni ambientali locali nel punto di atterraggio che si trova in una regione di pianure conosciuta con il nome di Meridiani Planum. “Considerando l’importanza delle osservazioni pionieristiche di Marte da parte di Giovanni Schiaparelli – osserva Alvaro Giménez, Direttore ESA di Scienza ed Esplorazione Robotica – è stato naturale decidere di dare il suo nome al modulo ExoMars2016 che aprirà la strada per ulteriori esplorazioni del Pianeta Rosso”. Il nome Schiaparelli è stato suggerito da un gruppo di scienziati italiani al Presidente dell’Asi che lo ha poi proposto all’Esa. Giovanni Virginio Schiaparelli (1845-1910) era un ingegnere a tutto tondo che ha dedicato molto tempo della sua carriera a catalogare e nominare le caratteristiche della superficie di Marte. Molto popolari al grande pubblico furono le osservazioni al telescopio del pianeta Marte compendiate da Schiaparelli in tre pubblicazioni: “Il pianeta Marte” (1893), “La vita sul pianeta Marte” (1895) e “Il pianeta Marte” del 1909. Durante la Grande Opposizione del 1877, quando Marte era relativamente vicino alla Terra, egli osservò il Pianeta Rosso ad occhio nudo attraverso un telescopio e disegnò una rete di percorsi lineari che aveva visto tracciate sulla superficie. Assunse che queste fossero dei canali naturali pieni di acqua ed utilizzò la parola italiana equivalente, “canali”, che però in lingua inglese fu tradotta in senso “artificiale”, alimentando la fantascienza dei Secoli XIX e XX, da “ La Guerra dei Mondi” di G.H. Wells a Star Trek e Star Wars! La maggior parte delle speculazioni sull’esistenza di una civiltà aliena su Marte fu infatti favorita da una errata traduzione in inglese del lavoro di Schiaparelli. La parola “canali” fu divulgata sulla Terra con il termine “canals” invece del più corretto “channels”. Mentre la prima parola indica una costruzione artificiale, il secondo termine definisce una conformazione del terreno che può essere anche di origine naturale. L’astronomo statunitense Percival Lowell fu uno dei più ferventi sostenitori della natura artificiale dei canali marziani e condusse una dettagliata serie di osservazioni, compendiata nelle pubblicazioni “Mars” (1895), “Mars and Its Canals” (1906) e “Mars As the Abode of Life”(1908), a sostegno dell’ipotesi aliena che i canali fossero delle imponenti opere di ingegneria idraulica progettate dai Marziani per meglio gestire le scarse risorse idriche del Pianeta Rosso! Tra gli scienziati che contestarono subito l’esistenza dei canali artificiali e naturali, vi furono l’astronomo italiano Vincenzo Cerulli, tra i primi ad avanzare l’Ipotesi (“Nuove osservazioni di Marte. Saggio di una interpretazione ottica delle sensazioni aeroscopiche”, Roma, Unione tip. coop., 1900) divenuta Teoria che le strutture di Schiaparelli fossero illusioni ottiche come successivamente dimostrato, l’astronomo britannico Edward Walter Maunder, che condusse degli esperimenti visivi per dimostrare la natura illusoria dei canali di Marte, e il naturalista britannico Alfred Russel Wallace che nel libro “Is Mars Habitable?” (1907) criticò aspramente le tesi di Lowell affermando che la temperatura e la pressione atmosferica del Pianeta Rosso erano troppo basse perché potesse esistere acqua in forma liquida, e che tutte le analisi spettroscopiche effettuate fino a quel momento avevano escluso la presenza di vapore acqueo nell’atmosfera marziana. Le prime foto della superficie di Marte scattate dalla sonda spaziale Mariner 4 della Nasa nel 1965 e la prima mappatura realizzata dal Mariner 9 nel 1971, misero fine alla disputa rivelando una superficie arida e desertica butterata da crateri da impatto, profonde incisioni e formazioni di origine vulcanica. Ma i “canali di Marte” divennero ben presto più famosi della letteratura scientifica, dando origine a una ridda di ipotesi, polemiche, speculazioni, folklore e affari d’oro “made in Hollywood” sulle possibilità che il Pianeta Rosso possa ospitare forme di vita senzienti, capaci di invadere la Terra! La maggior parte dei percorsi lineari visti e disegnati da Schiaparelli e Percival Lowell, furono messi in discussione come “illusioni ottiche risultanti dalle osservazioni ad occhio nudo”, proprio grazie all’astronomo Vincenzo Cerulli che nel 1890 fondò in Abruzzo “per amore della libera scienza”, a 5 km dalla città di Teramo, la sua Specola privata, da lui battezzata sull’omonima collina, “Osservatorio Astronomico di Collurania”, dotato di un telescopio rifrattore Cooke di 40 cm di apertura, tuttora valido. Durante l’Opposizione del pianeta Marte (1896-97) il celebre fondatore di Collurania, l’astronomo Vincenzo Cerulli, ebbe modo di saggiare le stupende ottiche del suo nuovo telescopio Cooke sul Pianeta Rosso, spianando la strada alla più illuminata intuizione dell’epoca, destinata a passare alla storia come l’Ipotesi ottica delle macchie di Marte. Una teoria, basata su prove scientifiche sperimentali, che si rivelò davvero deleteria per i fantomatici “canali ” marziani di illustri astronomi come Schiaparelli, dell’Osservatorio di Brera (Milano), e l’americano Lowell che avevano previsto la presenza di analoghe strutture naturali e artificiali anche sulle superfici di Venere e Mercurio. Il fisico umanista aprutino V. Cerulli, fondatore di uno dei migliori istituti di ricerca astronomica d’Italia, il primo Centro ad essere dotato della potenza del nuovo telescopio rifrattore inglese Cooke, aveva compreso la sostanziale infondatezza delle strutture vagheggiate dai suoi illustri colleghi. Ma la cultura accademica italiana dell’epoca (a quanto pare un “vizio” storico!) non lo ripagò per questa sua scoperta. Anzi, una spessa cortina di silenzio cadde ben presto su tutta la sua opera, come possiamo facilmente dimostrare leggendo i soli nomi di Schiaparelli, di Lowell e di pochi altri negli studi, nelle ricerche e nei libri sul pianeta Marte. Almeno fino a qualche anno fa! E in Italia l’ultimo e pressochè unico saggio dedicato al Pianeta Rosso risale al 1939 e al non dimenticato “Il pianeta Marte” (Hoepli Editore, oggi introvabile) di Mentore Maggini, divulgatore e astronomo di grande valore che operò a Collurania come Direttore di ruolo dal 1926 al 1941. Giustizia è fatta, ma in lingua inglese, con il libro “The Planet Mars” di William Sheehan (The University of Arizona Press, 1997, pp. 271) dove ritroviamo finalmente il nome di V. Cerulli ed i suoi studi sul Pianeta Rosso. Sono passati più di 120 anni e il pensiero di Vincenzo Cerulli è vivo più che mai tra gli amanti delle meraviglie del cielo stellato. Leggiamo tra i suoi scritti del 1896: “Tutto l’enigma di Marte nasce dalle striscie sottili e rettilinee, che Schiaparelli paragonò a fili di ragno tesi sopra la superficie del pianeta. Ma è nostra opinione che l’apparenza meravigliosa di queste linee abbia la sua origine non nella realtà delle cose, bensì nell’impotenza in cui si trova il telescopio attuale di rappresentarci fedelmente codesta realtà”. Ed ancora scrive il Cerulli: “Bisogna conchiudere che queste linee l’occhio se le forma da sè, volta per volta, utilizzando a questo scopo gli elementi oscuri che trova lungo certe direzioni”. Come lo stesso Cerulli ebbe a dire nei suoi manoscritti, lo studio di Marte con il migliore telescopio del suo tempo era equivalente allo studio della Luna ad occhio nudo o col binocolo da teatro! Ma “qui parleremo di canali della Luna, come già aveva cominciato a parlarne 250 anni fa l’astronomo napoletano F. Fontana”, alle prese con le illusorie macchie oscure provocate dal suo scadente telescopio. Cerulli osservò anche l’altro interessante fenomeno delle “temporanee geminazioni” che si producono sulle superfici planetarie con l’aumento delle macchie visibili. Dunque “i canali sono linee di maggior ombra, che stanno a indicare l’andamento di striscie maggiori…le quali sono anche esse lontane dal rappresentare unità fisiche, come i mari…”. Nel ricordare V. Cerulli e la sua opera, non si può tralasciare il Cerulli umanista e profeta: “Trasportiamoci ora col pensiero a quell’avvenire felice dell’Astronomia, in cui lo studio di Marte potrà essere fatto per via fotografica, su lastre così sensibili da ritenere immagini previamente ingrandite un migliaio di volte. Che diventeranno allora i planisferi di Marte? Noi non lo sappiamo, ma possiamo prevedere che le nostree linee non vi figureranno. L’apparizione completa delle macchie, che, mal viste nel telescopio attuale, danno luogo al fenomeno dei canali, segnerà la scomparsa dei canali medesimi. L’aerografo avvenire, studiando Marte macchia per macchia, stenterà forse perfino a ritrovare quelle allineazioni che, percepite come linee regolari ed uniformi, han tanto ferita la fantasia del nostro secolo” (Le Opere di V. Cerulli, Trebi Editore, 1959). Ed è stata proprio questa fantasia ferita ad alimentare un genere letterario come la fantascienza che ha acceso l’interesse del pubblico per la vera Scienza, per l’Astronomia, per lo Spazio, ed a finanziare, grazie anche al cinema, la costruzione di quei potenti telescopi profetizzati da Vincenzo Cerulli. Così, dopo 120 anni, si è avverato quanto previsto dall’illustre astronomo italiano abruzzese: la tecnologia dei telescopi spaziali orbitali oggi consente di ottenere immagini della superficie di Marte con dettagli di pochi centimetri, con puntamenti immediati, in qualsiasi ora del giorno marziano e non soltanto durante le Opposizioni. Nondimeno, come risultato di ulteriori esplorazioni spaziali, comprese le osservazioni del Telescopio Spaziale Hubble e delle sonde Mars Global Surveyor e Mars Odyssey della Nasa e MarsExpress dell’Esa, oggi sappiamo anche che, nel profondo passato del Pianeta Rosso, l’acqua effettivamente scorreva liberamente in fiumi e valli formatisi naturalmente, dimostrando in qualche modo il valore dell’ipotesi telescopica originale di Schiaparelli. Egli ha inoltre creato un precedente per documentare le caratteristiche sui pianeti e molti dei nomi da lui proposti per i principali panorami marziani sono ancora in uso. Schiaparelli è noto anche per aver calcolato che regolari piogge annuali di meteoriti provenienti da specifiche regioni del cielo sono dovute all’orbita della Terra che intercetta scie di detriti lasciati dalle comete durante il loro viaggio attraverso il Sistema Solare, effettuando accurate misurazioni dei periodi di rotazione di Venere e di Mercurio. Grande sostenitore dell’importanza della divulgazione scientifica, Schiaparelli scrisse libri sull’astronomia, animando conferenze pubbliche. “La dedizione di Schiaparelli alle scienze planetarie e alla comunicazione scientifica è stata riconosciuta in tutto il mondo – rivela Rolf de Groot, a capo dell’Ufficio Coordinamento dei Programmi di Esplorazione Robotica dell’Esa – e, come tale, vogliamo celebrare i suoi successi nominando una parte chiave della missione ExoMars in suo ricordo. Il modulo Schiaparelli non solo fornirà all’Europa la tecnologia per l’atterraggio su Marte, ma ci darà anche un assaggio dell’atmosfera e una panoramica sull’ambiente circostante locale in un nuovo punto sulla superficie del pianeta, un’esplorazione che Giovanni Schiaparelli poteva solo sognarsi oltre 138 anni fa, quando iniziò a fare schizzi del Pianeta Rosso”. Stabilire se ci sia mai stata vita su Marte è una delle questioni fondamentali dei nostri tempi e la principale priorità scientifica del programma ExoMars. La Russia è parte integrante dell’Europa scientifica e tecnologica. Esa e Roscosmos si sono accordate su un’equa distribuzione delle responsabilità per i diversi elementi della missione. L’Esa fornisce il TGO (Trace Gas Orbiter, Rintracciatore orbitante di gas) e l’EDM (Entry, Descent and Landing Demonstrator Module, modulo dimostrativo per entrata, discesa ed atterraggio) nel 2016, ed il vettore ed il rover nel 2018. Roscosmos è responsabile dei vettori di lancio delle missioni ExoMars 2016 e 2018, del modulo di discesa e della piattaforma di superficie per la missione del 2018. Tutte e due le parti provvedono alla fornitura di strumenti scientifici e coopereranno strettamente allo sfruttamento dei dati scientifici. ExoMars dimostrerà le tecnologie di base in corso di sviluppo da parte dell’industria euro-russa, come quelle per l’atterraggio, il rullaggio, la trivellazione e la preparazione di campioni che saranno essenziali per aprire la strada al prossimo grande balzo nell’esplorazione robotica di Marte, con una missione euro-russa per riportare sulla Terra un campione di roccia del Pianeta Rosso. L’accordo tra Esa e Roscosmos getta le basi per l’inizio di una piena cooperazione tra l’industria e gli istituti scientifici sulle missioni spaziali e per avvicinarsi allo stimolante calendario di programma, con la prima missione umana euro-russa su Marte entro il 2026 a bordo di una vera astronave nucleare alimentata dal Motore Rubbia. Il Programma ExoMars è finanziato da 14 degli Stati Membri dell’Esa (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, Svizzera e Canada) di cui l’Italia è il maggior contribuente ed il Regno Unito il secondo. Gli Stati Membri forniscono gli strumenti scientifici per ExoMars. Per il TGO del 2016, questi comprendono il pacchetto spettrometro infrarosso ed ultravioletto Nomad, capitanato dal Belgio, e la macchina fotografica stereo a colori ad alta risoluzione CaSSIS, progetto guidato dalla Svizzera. L’Italia è a capo del progetto Dreams, la stazione ambientale su EDM. Il rover per la missione ExoMars 2018 comprenderà, tra gli altri strumenti, il Ma_MISS, uno spettrometro ad infrarossi miniaturizzato integrato nel perforatore di sub superficie, progetto guidato dall’Italia. Si tratta di missioni di carattere fondamentale, della serie “Flagship”, le prime ad essere approvate per gli studi industriali dal Comitato dei Partecipanti Aurora, insieme al “Mars Sample Return”. I dati della missione ExoMars forniranno inoltre spunti estremamente preziosi per studi più ampi di Esobiologia, la scienza che ricerca la vita sugli altri pianeti extrasolari. Dopo il rilascio e l’atterraggio sulla superficie di Marte, l’orbiter si trasferirà in un’orbita più adatta nella quale sarà in grado di funzionare come un satellite di trasmissione dati. Inizialmente verrà utilizzato per la trasmissione dati del rover di ExoMars ma la sua funzionalità potrebbe essere estesa per servire future missioni. Utilizzando pannelli solari convenzionali per generare l’elettricità, il rover potrà spostarsi di alcuni chilometri sulla superficie rocciosa di colore rosso-arancione di Marte. Il veicolo sarà in grado di funzionare autonomamente impiegando il software di bordo e di navigare grazie ai sensori ottici. La futura complessa missione “Mars Sample Return” (Ritorno di campioni da Marte) utilizzerà cinque veicoli spaziali: uno stadio di trasferimento Terra/Marte, un orbiter per Marte, un modulo di discesa, un modulo di risalita e un veicolo di rientro sulla Terra. Quando l’orbiter si troverà in un’orbita a bassa altitudine intorno a Marte, il modulo di discesa verrà rilasciato, raggiungendo la superficie del pianeta. A bordo della piattaforma di atterraggio del modulo di discesa vi saranno un dispositivo per la raccolta di campioni e un veicolo di risalita. Terminata la raccolta dei campioni di suolo marziano, questi ultimi verranno caricati sul veicolo di risalita. Che verrà poi lanciato in orbita intorno al Pianeta Rosso per il “rendezvous” con il veicolo di rientro che, al termine dell’incontro, ritornerà sulla Terra lungo una traiettoria balistica con i preziosi campioni a bordo. Questi saranno poi protetti e isolati in un struttura di “conservazione” approntata per evitare la contaminazione dei campioni e consentire ai ricercatori di analizzarli in sicurezza. Un dispositivo di frenata gonfiabile, simile a quello utilizzato dalla Nasa e proposto per la missione ExoMars, sarà probabilmente utilizzato per la discesa nell’atmosfera marziana. Per il rientro nell’atmosfera terrestre è previsto un sistema a paracadute o con dispositivo gonfiabile. Saranno necessarie diverse nuove tecnologie per realizzare questa missione pionieristica euro-russa. Queste comprendono il sistema di atterraggio su Marte, il veicolo di risalita da Marte, il sistema di “rendezvous” nell’orbita di Marte e il veicolo o la capsula di rientro sulla Terra. In linea di principio, tutte possono essere sperimentate in un ambiente vicino al nostro pianeta, ad eccezione della valutazione finale del sistema di “rendezvous” e attracco che dovrebbe essere effettuato preferibilmente nell’orbita di Marte. La tecnologia necessaria per questa missione Flagship sarà sviluppata durante una serie di missioni “arrow” a carattere tecnologico. Alcuni fattori importanti che influenzano la struttura e lo sviluppo della missione sono: 1) il Sito di atterraggio: può rimanere incerto per un po’ di tempo, fino a che la conoscenza delle caratteristiche geochimiche, biologiche ed ambientali di Marte non migliori grazie a ulteriori missioni sul Pianeta Rosso; questo significa che la struttura del veicolo dovrà essere sufficientemente robusta per sopportare le caratteristiche di diversi siti di atterraggio che saranno selezionati in una fase successiva del programma; 2) Dimensione dei campioni: un esemplare di suolo da 500 grammi è ritenuto conforme alle raccomandazioni dell’International Mars Exploration Working Group (IMEWG); 3) Raccolta dei campioni: sarà necessario un trapano in miniatura per raccogliere i campioni di suolo marziano a una determinata profondità. I campioni saranno prelevati dall’area sottostante allo strato superiore di suolo, dato che se ne prevede la totale sterilità dovuta all’elevato livello di radiazioni. Tale livello sarà elevato poiché, a differenza dell’atmosfera terrestre, quella di Marte non filtra le radiazioni. Probabilmente segni di passate forme di vita non potranno essere trovati sulla superficie, a causa dell’elevato grado di ossidazione che distrugge le biofirme identificabili; 4) Protezione dei campioni: per proteggere i campioni sarà necessario prendere misure adeguate. Da un lato sarà necessario evitare la contaminazione di Marte da parte di organismi provenienti dalla Terra e dall’altro sarà essenziale assicurarsi che nessun organismo marziano, se ne esistono, contamini il nostro pianeta. Se tutto va secondo i piani, questa missione stimolante e complessa potrebbe essere lanciata entro il 2020. La “luce verde” per la missione ExoMars dell’Agenzia Spaziale Europea, dopo il “niet” della Nasa, potenzierà la collaborazione dell’Europa con la Russia, decretando la fine delle sanzioni economiche imposte da Washington. La Russia fin dall’inizio ha sempre dato piena disponibilità a diventare partner della doppia impresa marziana. L’Agenzia spaziale americana avrebbe dovuto fornire il rover per la missione del 2018. Il peso scientifico della missione ExoMars promette di aumentare negli anni grazie al contributo della Russia. “Sembra incredibile – osserva Giovanni Bignami – ma dal 1977 (Progetto Viking) ad oggi, nessuno strumento atterrato sulla superficie di Marte era dotato di strumenti specificamente dedicati alla ricerca di vita sul Pianeta Rosso. Neanche le missioni Nasa attualmente su Marte ne hanno. Una ragione in più perchè l’Europa non perda assolutamente l’occasione ExoMars che invece è attrezzato per la ricerca di forme di vita, soprattutto esplorando per la prima volta il sottosuolo marziano. La Nasa ha detto “no” ad ExoMars – rivela Bignami – e dunque la collaborazione con la Russia (e il lanciatore Proton) sono stati risolutivi per la missione. Tifiamo perchè ExoMars sia coronato dal pieno successo lassù in cielo e su Marte, in buona parte grazie dall’industria italiana, come del resto previsto fin dall’inizio”. Nel frattempo “Russia e Stati Uniti d’America continuano ad onorare il contratto per la fornitura dei lanciatori russi nonostante le sanzioni economiche – osserva Alexander Stadnik, rappresentante commerciale russo negli Usa – le parti proseguono la collaborazione nell’ambito dei precedenti accordi firmati. In particolare all’inizio di quest’anno la compagnia aerospaziale Energiya ha firmato con la società statunitense Orbital Sciences Corporation un contratto per la fornitura dei propulsori RD-181 per un importo di circa 1 miliardo di dollari”. In conformità all’accordo, la Russia si è impegnata a consegnare negli Stati Uniti ben 60 propulsori RD-181. Come osserva Stadnik, “quando sono state introdotte, le sanzioni contro la Russia interessavano anche i propulsori missilistici, ma in seguito la parte americana ci ha ripensato. A quanto pare si sono resi conto di aver bisogno di queste componenti russe per lo sviluppo della tecnologia missilistica, in caso contrario sarebbero stati costretti a limitare una serie di progetti costosi. Ovviamente per questo motivo le consegne dei nostri propulsori proseguono”. Esistono trattati, convenzioni e altri strumenti giuridici che possono consentire agli Usa o ad altri Stati di lavorare sulle risorse minerarie nello spazio con proprie multinazionali. Secondo José Monserrat Filho, docente di diritto spaziale (per diversi anni ha diretto il Dipartimento di Cooperazione Internazionale dell’Agenzia Spaziale Brasiliana e il Dipartimento Internazionale del Ministero della Scienza, Tecnologia e Innovazione del Brasile; ora ricopre la carica di vice presidente dell’Associazione brasiliana di Diritto aeronautico internazionale), “la questione non è ancora stata risolta all’interno della comunità internazionale. Il discorso riguarda una questione internazionale non relazionata con la giurisdizione nazionale dei singoli Stati. Lo spazio e i corpi celesti devono essere sfruttati a beneficio di tutta l’umanità. Pertanto nessuno può vantare diritti di proprietà esclusivi sugli oggetti spaziali. Nell’articolo № 2 del “Trattato sullo spazio extra-atmosferico” del 1967, il principale documento che regola le attività nello spazio, si afferma chiaramente che l’appropriazione di oggetti dello spazio esterno, inclusi la Luna e gli altri corpi celesti, non avviene con la rivendicazione della sovranità mediante lo sfruttamento, l’occupazione o in qualsiasi altro modo. È ancora in fase di elaborazione la regolamentazione nel modo dovuto della questione della proprietà privata nel contesto dello sviluppo industriale e commerciale delle risorse naturali dei corpi celesti, compresi gli asteroidi, dal momento che questo problema è peculiare”. Molti si chiedono se sia legittima l’iniziativa degli Stati Uniti d’America, approvata dal Senato Usa, nei termini della comunità internazionale. Anche perchè la liberalizzazione dell’impresa e dell’industria spaziale privata, è decollata solo negli Usa e molti imprenditori facoltosi, anche europei, preferiscono trasferire negli Usa le loro imprese spaziali per fabbricare le loro astronavi e navette. “Non so come reagiscano a questa dichiarazione gli alleati degli Stati Uniti – osserva José Monserrat Filho – ma in generale possiamo dire che la maggior parte degli Stati si opporrebbe perché il Diritto Internazionale ha norme molto chiare al riguardo. Oltre al Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, esiste un Accordo sulle attività degli Stati sulla Luna o sugli altri corpi celesti (detto “Accordo relativo alla Luna”) che è stato approvato all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, tuttavia è stato firmato solo da pochi Stati. Né gli Stati Uniti né la Russia hanno ratificato il documento. Ciononostante ha una rilevanza internazionale definita, il che significa che le sue disposizioni non possono essere ignorate. Nel documento si afferma chiaramente che i lavori di sviluppo e lo sfruttamento delle risorse naturali dei corpi celesti, siano la Luna o gli asteroidi, possono realizzarsi solo dopo la fondazione di una Istituzione internazionale appropriata, formata da tutti gli Stati interessati. In altre parole, l’Accordo propone di creare un sistema come quello che esiste oggi riguardo le risorse naturali dei fondali marini e di istituire un organismo internazionale adeguato. In questo modo qualsiasi “corporation” interessata a partecipare allo sfruttamento delle risorse dovrebbe condurre ricerche preliminari con l’assistenza di un organismo internazionale che controlla le attività di estrazione, in modo che queste attività non violino i diritti degli altri Stati”. Quindi è necessario e urgente creare un organismo di regolamentazione. “La soluzione migliore, a mio parere – rivela José Monserrat Filho – sarebbe quella contenuta nell’Accordo che disciplina le attività degli Stati sulla Luna, ma i Paesi hanno il diritto di continuare la discussione della relativa questione. Quello che non si dovrebbe fare in nessun caso è intraprendere una legge nazionale per affrontare una questione internazionale. È un esempio di pressione unilaterale. Questa non è la prima legge che è stata adottata negli Stati Uniti in questo ambito. Recentemente la Camera dei Rappresentanti ha approvato una legge, in cui si afferma chiaramente che il primo che atterrerà su un asteroide e inizierà a sviluppare le attività per lo sfruttamento delle sue risorse, sarà considerato il suo legittimo proprietario. Come comprendere e accettare che un solo Paese sia capace di determinare quello che sarà studiato e sfruttato sugli asteroidi e sugli altri corpi appartenenti al mondo e a nessuno in particolare?”. Lo “sviluppo della componente turistica nei cosmodromi è dovuta alla forte domanda”, riferisce l’Agenzia Spaziale Federale russa. Per effettuare viaggi regolari, gli scienziati russi hanno intenzione di creare un sistema logistico e infrastrutture idonee. “La dirigenza di Roscosmos intende sviluppare il turismo nei cosmodromi, tra cui quello di Vostochny”, osserva il quotidiano russo Izvestia. “Verrà sviluppato un sistema speciale che renderà le destinazioni turistiche più accessibili. La stessa società si occuperà del servizio ai turisti, ma sono necessari cambiamenti infrastrutturali che faremo sicuramente”, rivela Igor Bourenkov, il rappresentante ufficiale di Roscosmos. Secondo Burenkov, “la selezione degli operatori che serviranno direttamente i turisti sarà trasparente”. Izvestia chiarisce che un turista può già ora recarsi a Baikonur, ma il costo del viaggio su una navetta Soyuz è piuttosto salato. Un cittadino inglese che ha intenzione di visitare la struttura, oggi dovrebbe pagare 325mila Rubli (oltre 4mila Euro) in aggiunta al costo del biglietto da Londra a Mosca. “In questo momento ci sono escursioni ai siti di lancio, non sono organizzate in modo sporadico, in base a contratti una tantum con le aziende coinvolte nella vendita del servizio”, spiega Bourenkov. Le difficoltà della Russia di attirare un turismo spaziale su larga scala vengono dalle possibilità limitate delle infrastrutture e non dalle infami sanzioni economiche imposte dai Warlords. A Baikonur ci sono solo due alberghi dove è possibile far alloggiare i turisti stranieri disposti a pagare migliaia di dollari per il viaggio. Nei giorni di lancio, i più allettanti in termini di sviluppo turistico, gli alberghi sono strapieni. La necessità dello sviluppo del turismo è stata sottolineata nel corso della visita al cosmodromo Vostochny del Primo Ministro Dmitry Medvedev che ha messo in evidenza la forte domanda: “perché la gente vuole vedere le fasi di lancio del veicolo spaziale”. Secondo il co-proprietario di una catena di agenzie di viaggio, che in precedenza aveva condotto trattative con Roscosmos, strutture come i siti di lancio possono essere un buon punto di partenza per il rilancio del turismo interno. “Vediamo un crescente interesse per visitare luoghi remoti con una storia ricca – rivela il co-proprietario della catena di agenzie turistiche – persino Chernobyl negli ultimi due anni ha attirato centinaia di migliaia di persone. Con le giuste infrastrutture Baikonur può diventare la Mecca della storia russa, ha un enorme potenziale. Il suo limite risiede solo dalle capacità limitate di Baikonur, c’è bisogno di costruire alberghi”. Il via libera da parte del Presidente Vladimir Putin al primo lancio dal nuovo cosmodromo russo di Vostochny nel 2016, lascia sperare in un futuro decisamente migliore. La nuova infrastruttura è stata costruita nell’estremo oriente della Russia. “Se riuscissimo a farlo prima del Giorno del Cosmonauta, il 12 Aprile 2016, sarebbe grande – è l’auspicio del Presidente Putin – pianifichiamo il lancio nella Primavera del 2016”, direttamente espresso al vice Primo Ministro Dmitry Rogozin che ha la supervisione dell’industria spaziale russa. Anche Rogozin ha promesso che il primo lancio si terrà nel mese di Aprile 2016. “Ce la faremo”, ha detto durante una riunione. Il Presidente Vladimir Putin ha anche auspicato che ci sarà più cooperazione nel settore spaziale nel nuovo cosmodromo di Vostochny. “Naturalmente – ha ammesso Putin – ci auguriamo una cooperazione internazionale, già su larga scala oggi, ma abbiamo bisogno dei nostri partner per essere certi che il cosmodromo di Vostochny diventi uno dei migliori luoghi al mondo per lavorare insieme. Vogliamo incrementare le sue potenzialità”. L’Agenzia Spaziale Russa “Roscosmos al momento dialoga con Teheran sulla possibilità di formare un astronauta iraniano per una missione spaziale”, spiega Igor Komarov, ricordando che sono in corso negoziati per il lancio di un satellite della Repubblica Islamica dell’Iran. “Stiamo attualmente lavorando su queste tematiche. Stiamo discutendo sulla possibilità di addestrare un astronauta iraniano e di costruire un satellite per Teheran”, rivela Komarov ai giornalisti presso il cosmodromo di Vostochny, prossimo al “battesimo” spaziale! Pianeta che vai, italiano che trovi. Dal Sole a Saturno passando per comete, pianeti nani e asteroidi: c’è uno strumento “made in Italy” in quasi ogni angolo del Sistema Solare. E dal 14 Marzo 2016 al gruppo di viaggiatori interplanetari che parlano italiano si aggiunge ExoMars con l’obiettivo della ricerca di vita, passata o presente, sul Pianeta Rosso dell’astronomo italiano Vincenzo Cerulli al quale dovrebbe essere dedicato il sito di “ammartaggio” del lander Schiaparelli: Vincenzo Cerulli Mars Station. Dalla Russia su Marte con amore!
© Nicola Facciolini
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https://www.youtube.com/watch?v=CXEnAer0fNk