In una vita intera circa 6 anni li trascorriamo sognando

In una vita intera circa 6 anni li trascorriamo sognando e 1/3 dormendo. Come si integrano nell’esistenza questi 72 mesi? “Una certezza c’è: il sogno è un atto naturale, una funzione biologica in sé dell’essere umano. Respiriamo e sogniamo, anche se non sempre ricordiamo di farlo”. E’ Riccardo Mondo, analista junghiano e docente di psicologia […]

In una vita intera circa 6 anni li trascorriamo sognando e 1/3 dormendo. Come si integrano nell’esistenza questi 72 mesi? “Una certezza c’è: il sogno è un atto naturale, una funzione biologica in sé dell’essere umano. Respiriamo e sogniamo, anche se non sempre ricordiamo di farlo”. E’ Riccardo Mondo, analista junghiano e docente di psicologia del Sogno della Scuola di specializzazione dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, a consegnare un “atteggiamento diverso intorno al sogno, per costruire un Io immaginale capace di dialogare con l’Io medesimo”.

Lo psicoterapeuta, nell’ambito di un seminario sul respiro onirico in corso nella Capitale (in Via Alessandria 128 b), avverte: “Il sogno è accaduto, ma ciò che facciamo del sogno è un esercizio immaginativo”. Si parte allora dal diritto ad esistere del respiro onirico. “Non consideriamo il sogno una guida. Jung lo definisce piuttosto un bambino difficile. Ma cos’è il sogno?- chiede Mondo- Utopia? Realtà? Desiderio? La parola evoca in noi tantissimi significati. È sicuramente un fenomeno biologico, naturale, perché non far sognare una persona significa portarla alla morte”.

QUANDO SI RICORDANO MEGLIO I SOGNI? – “Di questi 6 anni ricordiamo forse solo 3 mesi- rivela lo studioso- il ricordo del sogno cade rapidamente dopo la fine del periodo REM (o sonno paradosso, perché in questa fase si recupera una parte del movimento). Risvegli notturni o bruschi concedono un ricordo maggiore dei sogni rispetto ai risvegli graduali. Si ritengono meglio i sogni mattutini- ricorda lo psicologo- nonché quelli più lunghi e ricchi di intensità emotiva”. Inoltre, puntando sulle tipologie di personalità, l’analista sottolinea che “gli estroversi ricordano meno i sogni rispetto agli introversi. La tensione verso l’esterno rende difficile il soffermarsi nella breve finestra in cui si incrociano mondo diurno e mondo notturno. Il sogno- conferma lo psicologo- richiede ancora una sospensione dell’agire”.

A CHE SERVONO I SOGNI? – “Sono fondamentali in età evolutiva per lo sviluppo del bambino- ricorda Riccardo Mondo, analista junghiano- stimolano la corteccia, aiutano il recupero della deprivazione sensoriale del sonno non onirico; selezionano le informazioni accumulate durante il giorno; contengono il soddisfacimento in forma mascherata di desideri; ricercano nuove prospettive adattive tra individuo e ambiente. Possono rientrare in quest’ultima categoria anche i sogni prospettici- spiega- sogni come amici che offrono soluzioni libere, senza filtri o inibizioni”.

E I SOGNI PREMONITORI? – “Sono una questione delicata- risponde il professore dell’IdO- nella fisica quantistica ogni evento ha una sorta di risonanza e si orienta in base a quello che rappresenta nel campo magnetico. Questa dinamica indica degli elementi che potrebbero svilupparsi, ma non vi è certezza. Si mantiene, quindi, uno spazio tra la dimensione reale e quella illusoria”. Su questo argomento Karl Popper ha scritto un libro su ‘Il mondo di Parmenide’, “in cui si invita a leggere l’universo come si guarda un film- prende la parola Salvatore Pollicina, neuropsichiatra siciliano presente al seminario sul respiro onirico dell’IdO- in cui tutto è compresente ed è possibile spostarsi nel futuro e nel passato. Ciò rende possibile la premonizione”.

IL SOGNO NELLA TRADIZIONE – “In tutte le culture e in tutti i tempi i sogni sono stati utilizzati per fini terapeutici. Il senso terapeutico ha una valenza ampia- spiega Mondo- includendo nell’unità duale di anima-corpo, elementi profetici, religiosi e di collegamento con altre anime individuali o con le divinità”. Jung sviluppa un linguaggio “immaginale, vitale, sensuoso e non concettuale che riattiva l’unità mente-corpo, e per questo funziona. L’analista svizzero- chiosa l’esponente del Centro italiana di psicologia analitica (Cipa)- ha il coraggio di introdurre e recuperare la tradizione mantenendo una grande capacità scientifica di innovatore”.

INCUBAZIONE, OVVERO IL SOGNO TERAPEUTICO – “Incubazione vuol dire letteralmente ‘dormire nel tempio’ e riguarda tutte le fasi di preparazione grazie alle quali, tramite i vari riti (preghiere, digiuno, etc.), il credente si disponeva all’esperienza sacra che avveniva solo di notte. Qual è allora il sogno terapeutico? Un sogno in cui appariva il Dio Asclepio (o rappresentanti del Dio), che indicava la terapia- descrive l’esperto- oppure un sogno in cui si guariva direttamente o, infine, in cui venivano indicate le pratiche da seguire”.

QUALI SONO LE COMPONENTI PSICOLOGICHE DEI RITI TRADIZIONALI – “L’elemento costante è la trasformazione dell’evento onirico da attività profana (fuori dal Tempio) ad attività sacra. Il sogno richiede uno spazio sacro dove essere elaborato, un tempo (attraversare la notte) e soprattutto una relazione tra l’Io del sognatore e l’altro inteso come alterità, sia esso un sacerdote o un oggetto. Il sogno- prosegue l’analista- può essere assimilato all’immagine di due gemelli eterozigoti legati da un’unica matrice: bisogna vedere le due componenti individuali e rivivere insieme il sogno in un movimento immaginativo che è la comunicazione”.

IL SOGNO IN FREUD – “Freud ebbe il coraggio di parlare di sogni in un’epoca difficile- ricorda il docente dell’IdO- scrivendo addirittura un libro che parlasse di sé. Per lui il sogno era un fenomeno psichico pienamente valido, che andava inserito nel contesto delle azioni psichiche della veglia”.

IL SOGNO IN JUNG – “L’analista svizzero definisce invece il sogno come un’autorappresentazione spontanea della situazione attuale dell’inconscio, espressa in forma simbolica. Contrasta con Freud solo perché rinuncia a dare una formulazione precisa del senso del sogno- precisa Mondo- lasciando in forse il problema se questi contenuti siano anche e sempre soddisfacimenti di desideri”.

IL SOGNO IN GALIMBERTI – Nel dizionario di Galimberti la dimensione onirica è vista come “un’attività mentale che si svolge durante il sogno, ed è possibile conservarla dopo il risveglio. Immagini, pensieri e azioni hanno caratterizzato il sogno, la cui strutturazione è completamente svincolata dai principi che regolano il pensiero logico: identità, causalità, non contraddizione e categorie spazio temporali”.

IL SOGNO DI BINSWANGER – “Per Ludwig Binswanger, psichiatra e psicologo svizzero, il sogno è un modo di essere al mondo. Diverso da quello della veglia, in esso avviene una dissoluzione tra l’Io e l’ambiente. Fintanto che l’uomo sogna, il sogno è funzione di vita, quando è desto si fa storia di vita”. Una definizione “pericolosa- avverte Mondo- perché, lo psichiatra considera il sogno un mondo a sé e allora può essere inutile parlarle”.

IL SOGNO IN HILLMAN – Per James Hillman, noto psicoanalista americano, “ciascun sogno è un Omphalos, un pertugio che introduce nel mondo psichico. Si apre su una profondità insondabile che introduce al mondo infero, che è il regno della pura profondità”. Mondo conclude: “Per stare con i sogni bisogna giocare. Porre domande che aprono alla comprensione dell’immagine, la cui traduzione non è sempre semplice. Il sogno è indefinito ed è richiesto un assetto corporeo diverso, che cambia in base alla relazione: se il terapeuta si abitua a giocare con le immagini anche il paziente si abituerà a giocare- termina l’analista- si tratta di un’educazione alle immagini”.

Rachele Bombace-Dire

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