“Sì all’uscita dai campi, ma prima dovete parlare con noi”. Oggi il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha considerato “irreale” l’idea leghista delle ruspe per smantellare i campi rom, rilanciando una sua proposta: “La costruzione di quartieri dove sistemare queste famiglie e a cui imporre delle regole da seguire”. Poi trovargli “un lavoro nei servizi pubblici”. Le parole di Berlusconi “non mi sorprendono, sono d’accordo che i campi vanno chiusi. Sono d’accordo quando dice che nei campi si entra con le ruspe e si fanno i giardini”. Ma, spiega Marcello Zuinisi di Nazione Rom all’agenzia Dire, “non sono d’accordo” se le soluzioni “non le concorda con noi”.
Berlusconi nel dire queste parole, secondo Zuinisi, “è stato coerente con quanto ha affermato già in passato. I quartieri e il lavoro pubblico per i Rom? Va bene uscire dai campi, d’accordo che vadano chiusi, ma non concordo quando si parla di quartieri o di lavoro in questi termini. Già ci sono case ‘normali’ dove poter andare mentre a proposito del lavoro noi possiamo avviare imprese economiche, per uscire dalla crisi. Sì a impresa sociale, non a sussistenza, non elemosina, sì a produzione vera reale e concreta“. Continua Zuinisi: “Vogliamo inclusione sociale, coprogrammare l’uscita dai campi, sì alle ruspe nei campi quando questi saranno liberati per farne dei giardini, ma le soluzioni le deve concordare con noi”.
Samir Alija è invece un mediatore interculturale, lavora per il ministero dell’Interno e vive nel campo di Salone: “Tutti noi vorremmo anche il superamento dei campi- spiega- Dipende però come, in che modo. Non si possono sgombrare persone che vivono da 5-6 generazioni in un campo, con scuole vengono già frequentate e con un alto grado di frequenza. Sì al superamento dei campi, ma dove e come?”.
Samir fa quindi riferimento alla strategia per l’inclusione dei Rom varata nel 2011 nel quadro dell’Unione europea: “Con questa strategia sono stati anche destinati dei fondi ai 28 paesi per favorire l’inclusione di Rom, Sinti e Caminanti. La direttiva andrebbe rispettata. Ci sono soldi a disposizione, vengano presi e utilizzati. La soluzione porrebbe fine a dei problemi. In questi ultimi 30-40 anni ci sono stati sgomberi senza via di uscita. Lavori pubblici per i Rom? Sono d’accordo“.
Per Graziano Halilovic, presidente dell’associazione Roma Onlus, invece, le parole dell’ex Premier “sembrano molto ragionevoli, dal mio punto vista come rom- dice all’agenzia Dire- La cosa che mi sorprende è che nel passato le campagne dei suoi collaboratori politici non erano così, non erano di questo tenore. Sentendo queste parole, rimango sorpreso. Me lo posso aspettare dal centrosinistra, non dal suo partito“. Secondo Graziano, così facendo, Berlusconi ha capito “come risolvere il problema a lungo termine. I campi costano, gli sgomberi costano, portare i bambini a scuola in periferia ha un costo. C’è un ragionamento a lungo termine”. L’unica cosa è che “la comunità Rom debba essere consapevole”, quindi coinvolta. Un passaggio ad una “vita normale”, secondo il presidente di Roma Onlus “deve avvenire dopo un percorso, un accompagnamento. Così la comunità potrà essere solo che una risorsa per la società maggioritaria: abbiamo un sacco di giovani che possono dare un loro contribuito. La comunità può essere una risorsa. Ma serve un confronto, comunicare con la comunità Rom. Non sono d’accordo quando si dice diamo case ai Rom o diamo lavoro ai Rom, si creerebbe una battaglia tra poveri. C’è una graduatoria per il lavoro o per la casa? Bene, si entri per pari opportunità. Non case ai Rom, non lavoro ai Rom”.
Davide Casadio, presidente dei Sinti e Rom italiani, invece non e’ entusiasta della proposta di Silvio Berlusconi. In primo luogo, spiega Casadio, “bisogna lasciare liberta’ di scelta. Perche’ non e’ detto che tutti i Sinti e Rom vogliano vivere in una casa. Se e’ possibile che i Rom accettino- osserva- e’ invece davvero difficile che accettino i Sinti. Conosco delle famiglie che hanno comprato casa, e poi continuano ad abitare nelle roulotte parcheggiate in cortile. Questo perche’ fa parte della nostra cultura: vivere a contatto con la natura, poter viaggiare. Comprare casa e vivere in una casa non fa parte della nostra tradizione. Se non e’ prevista liberta’ di scelta e’ assimilazione, non integrazione”. Quanto al lavoro, “Magari!”, esclama Casadio. “Ma dove sono i lavori che possono fare i Sinti e i Rom? Quali sono gli uffici in cui possono essere impiegati? Si cominciasse piuttosto a riconoscere i mestieri…”. Casadio avanza il sospetto che la discussione sia condizionata dal clima elettorale. “Anche le parole di Berlusconi, che a suo modo esprime un’apertura, chissa’ se resteranno ancora valide dopo le elezioni. Tanto piu’ che e’ alleato di Salvini, che non fa altro che ripetere ‘ruspa’, ‘ruspa’, ‘ruspa’. Se Berlusconi vuole dare una casa a tutti i Sinti e Rom, chiedesse a Salvini, magari lui ce l’ha una casa per ospitarci…“. Fuori dalle battute, Casadio invita le forze politiche “in primo luogo a confrontarsi con i rappresentanti di Sinti e Rom. E poi a fare tesoro delle linee guida che sono gia’ state elaborate ed approvate. Ci sono poi esperienze positive, come quelle delle ‘microaree’ che nella zona tra Rimini e l’Emilia costituiscono un modello positivo per superare i campi rom. Una soluzione sarebbe quella di consentire ai Sinti e Rom di poter abitare nei terreni privati che hanno acquistato e vorrebbero acquistare. Oggi, invece, se si fermano ad abitare in case mobili sui loro stessi terreni vengono denunciati per abuso edilizio“.
Adriano Gasperetti-Dire
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