Sta emergendo in Europa uno spietato cuore di tenebra. Di fronte al perdurare delle tragiche morti nel Mediterraneo, e alla disperazione di migliaia di richiedenti asilo davanti alle frontiere chiuse e ai fili spinati, c’è chi in nome dell’Europa pronuncia parole orribili intrise di razzismo e di crudele indifferenza.
Sbarrare le porte dell’Europa a migliaia di persone in pericolo significa nei fatti condannarle a morte non solo tra le onde del Mediterraneo ma anche qui, davanti ai nostri occhi, com’è accaduto alla frontiera macedone dove tre giovani, tra cui una donna, sono stati travolti dai gorghi del fiume Suva Reka nel tentativo di passare a nuoto il confine.
L’appello della Rete femminista “No muri, no recinti” per un altro genere di politiche europee sull’immigrazione (solidarietà, accoglienza, apertura dei confini) ha raccolto numerose adesioni di gruppi e associazioni di donne in Italia, in Spagna, in Grecia… Ma non basta: dobbiamo far sentire più forte la voce di tante donne che dicono “Apriamo le porte dell’Europa, apriamo i cuori, apriamo i confini”. Abbiamo bisogno che tante altre voci si uniscano a noi per sostenere l’appello ad accogliere le persone migranti con dignità, umanità e sicurezza, sottraendole alla violenza e allo sfruttamento degli scafisti e dei passeur. Una decisione urgente e necessaria, per la loro salvezza ma anche per la nostra, se non vogliamo farci inghiottire pure noi da quel terribile buio.
L’Europa smetta di finanziare la Turchia per chiudere le persone migranti dentro campi dove non si rispettano i diritti umani e le donne subiscono violenze, ma usi invece quei soldi per organizzare viaggi sicuri e un’accoglienza degna, col contributo di ciascuno stato dell’Unione Europea, salvando dalla morte in mare chi fugge dalle guerre e dalla fame.
Si possono organizzare viaggi sicuri, aerei o navali, a partire dai luoghi stessi d’origine, sull’esempio di progetti pilota già attivi in base a uno specifico articolo del codice comunitario dei visti, come “Mediterranean Hope”. Chiediamo quindi alla Commissione Europea di non finanziare più la Turchia o altri paesi del Nord Africa allo scopo di “trattenere” migliaia di richiedenti asilo in campi di raccolta dove non vengono rispettati i diritti umani e le donne subiscono indicibili violenze, ma di usare invece questi fondi per garantire viaggi sicuri a partire dai luoghi d’origine, sottraendo queste persone in fuga dalla guerra e dalla fame al continuo rischio di morte in mare e allo sfruttamento degli scafisti e dei passeur.
Delegare alla Turchia, alla Libia e ad altri paesi del Nord Africa il ruolo di gendarme per bloccare l’ingresso dei migranti contraddice i principi di solidarietà e accoglienza su cui l’Europa Unita si fonda, come è dichiarato nella Carta, Titolo II, Articolo 18 (Diritto di asilo – Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea) e Articolo 19 (Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione. 1. Le espulsioni collettive sono vietate. 2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti).
Oltretutto, in questo modo l’Europa rischia ipocritamente di finanziare paesi dove si massacrano i propri stessi cittadini, dove si combattono guerre fratricide e si trafficano armi destinate a fomentare focolai di terrorismo e violenza. Uno scenario tragico, frutto di una visione del mondo ancora profondamente ispirata a schemi geopolitici tipici del patriarcato.
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