Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati 30 nuovi casi di tumore in pazienti che hanno meno di 40 anni, pari al 3% delle nuove diagnosi di tumore. I giovani pazienti oncologici sono circa 8mila (5mila donne e 3mila uomini).
I più comuni tipi di cancro nell’uomo sono il tumore del testicolo, il melanoma, il tumore del colon retto, il linfoma non Hodgkin e i tumori tiroidei; per la donna, invece, sono il carcinoma mammario, i tumori della tiroide, il melanoma, il carcinoma della cervice uterina e del colon retto. Quanto ai giovani survivors oncologici, in aumento a seguito dei progressi nella diagnosi e nella terapia, oggi possono sperare in un futuro fertile grazie alle tecniche di crioconservazione. Si è parlato di questo oggi al Policlinico Umberto I di Roma nel corso del ‘Focus Oncofertilità’, l’evento conclusivo della campagna ‘Futuro Fertile – Figli si nasce, genitori si diventa’ realizzata dal ministero della Salute in collaborazione con l’Università Sapienza per promuovere la cultura della prevenzione dell’infertilità.
“I trattamenti antitumorali che pregiudicano la capacità riproduttiva- è emerso dall’incontro- non sono più un ostacolo insormontabile per diventare madri e padri: oggi le tecniche di crioconservazione dei gameti garantiscono infatti un ‘futuro fertile’ anche ai giovani survivors oncologici, persone in età giovane adulta ancora in grado di programmare una paternità o una maternità dopo l’esperienza del cancro. Una leva psicologica straordinaria, questa, per affrontare con fiducia il percorso di cura nella prospettiva di progetti importanti, come quello di una famiglia”.
Intanto tre società scientifiche, la Sie (Società italiana di Endocrinologia), l’Aiom (Società italiana di Oncologia Medica) e la Sigo (Società italiana di Ginecologia e Ostetricia) sono al lavoro per elaborare un documento di consenso (un patto) sulla crioconservazione da proporre alle istituzioni e ai pazienti “per garantire che questi percorsi- hanno sottolineato- siano sicuri e accessibili e abbiano come fulcro banche del seme gestite da una rete di Centri di Oncofertilità in grado di rispondere tempestivamente alle esigenze dei pazienti”. Ha spiegato Andrea Lenzi, presidente della Sie: “Il periodo finestra tra il momento in cui il paziente riceve la diagnosi di tumore e l’inizio della terapia è l’unico spazio utile per la crioconservazione dei gameti. I Centri di crioconservazione devono essere vicini all’utenza in modo che la procedura non ritardi l’inizio delle terapie e al tempo stesso qualificati per gestire il processo di crioconservazione, sottoposto a rigide norme di sicurezza per evitare scambi di gameti o possibili inquinamenti da virus, batteri ed altro. Il Lazio in questo è avvantaggiato dal momento che con l’accreditamento della banca degli ovociti dell’Istituto Regina Elena di Roma, diretta dal professor Enrico Vizza, e con la storica banca del seme al Policlinico Umberto I, la prima in Italia, attiva fin dagli Anni 80, nella Regione vi è la possibilità di criocongelare sia gli spermatozoi che gli ovociti”.
Secondo Carmine Pinto, presidente dell’Aiom, l’attenzione alla fertilità va intesa “come uno dei bisogni essenziali del paziente oncologico e tutti i metodi per preservarla dovrebbero essere fruibili attraverso il Servizio sanitario nazionale. La progettualità del ‘dopo il cancro’ è motivo di vita e recupero di energie anche durante la malattia. Preservare la funzione ovarica e la fertilità, allora, significa non solo poter diventare genitori dopo il tumore, ma anche tutelare la salute della donna, evitando una menopausa precoce con le conseguenze negative e i problemi psico-fisici che questa condizione può comportare nel breve e nel lungo termine”. Sono trascorsi 30 anni, ha aggiunto Paolo Scollo, presidente della Sigo, da quando “venne descritta la prima nascita da ovociti crioconservati mediante la tecnica del congelamento lento: la crioconservazione ha mostrato ottimi risultati in termini di sopravvivenza allo scongelamento, fertilizzazione e gravidanza, anche se i tassi di successo variano considerevolmente a seconda della popolazione di pazienti, della qualità degli ovociti e del numero di embrioni trasferiti. Fino a oggi non sono state riscontrate differenze significative nei bambini nati da ovociti freschi e da ovociti congelati con tecniche di fecondazione in vitro in termini di variazione del numero dei cromosomi- ha concluso- difetti di nascita o deficit dello sviluppo”. (Dire)
Lascia un commento