Mai più. È quello che pensiamo quando ci tornano in mente le angoscianti immagini dell’incidente della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. Oggi lo abbiamo detto a tutti: i nostri attivisti hanno aperto un enorme banner dove è raffigurato il disastro, accaduto nel 2010, con la scritta “MAI PIÙ” e l’invito a votare Sì al referendum del 17 aprile.
Cosa accadde
Nel disastro morirono 11 persone e vi fu la fuoriuscita incontrollata, per 106 giorni, di una quantità dipetrolio ancor oggi imprecisata, tra i 3 e i 5 milioni di barili. Quell’incidente rimane il peggior disastro ambientale della storia degli Stati Uniti, che per anni hanno chiesto alla BP 34 miliardi di dollari di danni. La compagnia ne pagherà invece 20.
Cosa non dovrebbe accadere
Quel disastro avrebbe dovuto rappresentare un monito sui rischi connessi all’estrazione diidrocarburi in mare. A distanza di soli sei anni da quella tragedia, invece, in Italia il governo Renzi ha ripetutamente tentato di avviare un piano di vasta scala per lo sfruttamento delle misere riserve di petrolio e gas presenti sotto i nostri fondali, per giunta boicottando un referendum con cui si vuole dare scadenza certa alla presenza di circa 90 piattaforme presenti entro le 12 miglia dalle nostre coste.
Il falso mito della sicurezza
Al contrario di quanto ripetutamente affermato dal governo, in Italia la normativa sulle estrazioni in mare è tutto fuorché rigorosa. Nel nostro Paese il legislatore ha deciso che le trivelle sono al 100% “sicure per legge”. Infatti una norma del 2015 (DL 26 giugno, n. 105, ma normative analoghe erano in vigore già dal 2005) esclude le piattaforme petrolifere dalla categoria di “impianti a rischio di incidente rilevante”. Questo significa che le compagnie non hanno l’onere di dimostrare quali accorgimenti sono in grado di adottare per scongiurare, contenere o mitigare sversamenti di ingenti quantità di idrocarburi in mare.
Lascia un commento