Dopo il drammatico caso di Piombino, dove un’infermiera è stata arrestata con l’accusa di aver ucciso 13 pazienti in due anni, si impone più che mai una riflessione sul tema della sicurezza dei farmaci negli ospedali. Sul caso interviene anche la SIFO, Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi territoriali, che fa il punto su ciò che la farmacia ospedaliera può fare di fronte a situazioni di questo tipo. Sono proprio loro, infatti, i farmacisti che lavorano negli ospedali e nei servizi territoriali, a gestire le confezioni di medicinali che vengono utilizzate nei reparti (e non solo). A Piombino, secondo gli inquirenti, la donna arrestata avrebbe ucciso i pazienti con iniezioni letali di eparina (farmaco anticoagulante). Le conferme arriverebbero anche da riscontri analitici effettuati dai medici legali sui pazienti deceduti.
Ebbene, cosa si fa per tutelare la sicurezza negli ospedali e per far sì che i farmaci, soprattutto quelli pericolosi, non vadano a finire in mani sbagliate o di chi non ha competenza per maneggiarli?
Maria Grazia Cattaneo, membro del direttivo SIFO, spiega che “ci sono molte realtà in cui è possibile, fortunatamente, tracciare tutto il percorso della terapia perché sono informatizzate”. In ogni caso, “qualunque pezzo esca dalla farmacia ospedaliera, è registrato, perché c’è una nota di carico-scarico da parte della farmacia”. Il monitoraggio e il controllo, dunque, sono costanti, “ed è comunque dovere della farmacia garantire la tracciabilità”. Negli ospedali più all’avanguardia, poi, sono presenti gli armadi automatizzati di reparto e le cartelle cliniche che permettono un livello più alto di tracciabilità.
Sul punto interviene Marcello Pani, Presidente SIFO e coordinatore dell’Area Scientifica Logistica ed Innovazione, che si occupa anche del progetto “Padlock”, che riguarda proprio la sicurezza delle farmacie ospedaliere. “I farmacisti ospedalieri collaborano attivamente per realizzare una maggiore integrazione tra i sistemi informatici della farmacia e quelli dei reparti, al fine di garantire la tracciabilità della terapia e dell’operatore sanitario fino al paziente, ottenendo il totale controllo del farmaco (il cosiddetto medication loop)”, spiega Pani. “I farmacisti ospedalieri- prosegue il Presidente SIFO- sono favorevoli all’installazione di armadi automatizzati e carrelli intelligenti nelle corsie e nelle sale operatorie degli ospedali, in sostituzione di scaffali e armadi tradizionali. La tecnologia di tali apparecchiature consente di limitare l’accesso e il prelievo agli operatori sanitari autorizzati tramite riconoscimento degli stessi e registrazione dell’evento. L’erogazione del farmaco o del dispositivo medico avviene in funzione del paziente e della terapia prevista, vengono segnalate eventuali anomalie e ripristinate automaticamente le scorte dal magazzino della farmacia”.
Parlando del caso di Piombino, poi, c’è anche un altro punto di vista da considerare, ed è quello del “farmacista di reparto”, il professionista in corsia che affianca il medico nel suo operato: nelle sue mani passano infatti le prescrizioni di medicinali ai pazienti ricoverati.
A questo proposito, Piera Polidori, Vice Presidente SIFO, esperta in Rischio Clinico e coordinatrice scientifica del progetto internazionale “Farmacista di dipartimento in Antimicrobial stewardship”, attivo in 6 ospedali italiani. “Il farmacista di dipartimento o di reparto, ove presente, contribuisce a migliorare l’efficienza e la sicurezza delle terapie rivolte al paziente”, afferma Polidori.
Precedenti esperienze SIFO in questo campo hanno mostrato importanti vantaggi nella gestione del farmaco e anche il progetto Antimicrobial Stewardship, in itinere, promette risultati positivi sia in termini di performance che di gestione. “Il farmacista SIFO è stato sempre attento alla sicurezza del paziente”, ricorda Polidori, tanto che SIFO “ha un’area nazionale scientifico-culturale sul Rischio clinico molto attiva che ha sviluppato diversi progetti sulla sicurezza del paziente e ha collaborato alla stesura delle raccomandazioni del Ministero della Salute sulla sicurezza dei pazienti”. Infine, Polidori ricorda che “l’eparina è un farmaco ad alto rischio per il paziente e sia le raccomandazioni del Ministero della Salute che gli standard Joint Commission International, raccomandano un doppio controllo da parte degli operatori sanitari durante tutta la filiera del farmaco”. (Dire)
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