La visita che papa Francesco e i vertici della chiesa ortodossa effettueranno sabato 16 aprile sull’isola greca di Lesbo rappresenta, secondo Amnesty International, una grande opportunità per accendere i riflettori sulla drammatica sofferenza di migliaia di migranti e rifugiati arbitrariamente detenuti a seguito dell’entrata in vigore del mal concepito accordo tra Unione europea e Turchia del 20 marzo.
“Durante la sua visita, papa Francesco metterà in evidenza il ruolo determinante svolto della solidarietà locale e internazionale per aiutare le persone più vulnerabili nel contesto dell’attuale crisi dei rifugiati. Auspichiamo che egli possa anche denunciare le violazioni, la paura e l’incertezza di migliaia di migranti e rifugiati intrappolati in un limbo, a Lesbo come in altre parti della Grecia” – ha dichiarato Gauri van Gulik, vicedirettrice per l’Europa di Amnesty International.
“Nel campo di detenzione di Moria, a Lesbo, abbiamo assistito coi nostri occhi all’impatto devastante che l’accordo tra Unione europea e Turchia sta avendo su uomini, donne e bambini tra cui un gran numero di rifugiati in condizioni di vulnerabilità, detenuti in modo arbitrario. Il papa dovrebbe dire con chiarezza che non cambiare questo stato di cose sarebbe una vergogna per l’Europa”.
Una missione di ricerca di Amnesty International ha potuto visitare, il 5 e il 6 marzo, i due centri di detenzione di Lesbo e Chio, l’accesso ai quali è sottoposto a forti restrizioni.
I ricercatori di Amnesty International hanno visto migliaia di migranti e rifugiati trattenuti in modo arbitrario e in condizioni agghiaccianti, sempre più privi di notizie, disperati e angosciati su cosa potrebbe succedere loro ai sensi dell’accordo tra Unione europea e Turchia. Molti erano confusi circa la procedura d’asilo da seguire e temevano di essere rinviati in Turchia.
Amnesty International ha anche documentato violazioni dei diritti umani ai danni di migranti e rifugiati in Turchia, dopo la firma dell’accordo con l’Unione europea, compreso il ritorno forzato di rifugiati afgani e siriani verso i paesi di origine.
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