Le Nazioni Unite hanno deciso di non esibire alcuni pannelli di una mostra su Israele programmata nella sede di New York a partire dal 4 aprile. Tre dei tredici pannelli della mostra, intitolata “Israele conta” e proposta dalla Missione permanente di Israele presso l’ONU insieme all’organizzazione statunitense StandWithUs, sono stati infatti ritenuti “inopportuni”. Si tratta di quelli sul Sionismo, su Gerusalemme e sugli Arabi-Israeliani.
L’Ambasciatore di Israele presso la Nazioni Unite, Danny Danon, ha chiamato il Segretario Generale Ban Ki-moon perché permettesse l’esposizione di questi pannelli, ritirando una decisione a suo dire “scandalosa”.
Danon si è spinto fino a dire che “Squalificando una mostra sul Sionismo, le Nazioni Unite minano l’esistenza stessa dello Stato di Israele come patria del popolo ebraico”; ed ha aggiunto: “Non permetteremo che le Nazioni Unite censurino il fatto che Gerusalemme è la capitale eterna di Israele”. Di più: “Le Nazioni Unite devono scusarsi con il popolo ebraico. Il Sionismo e Gerusalemme sono le pietre fondanti e le basi morali su cui è stato creato lo Stato di Israele”.
In realtà, la decisione di ritirare questi pannelli era doverosa, visti i contenuti. Quello su Gerusalemme descriveva il popolo ebraico come “indigeno di Israele” e affermava
che “Gerusalemme è stata il centro e il fulcro della vita e della religione ebraica per più di 3mila anni, essendo sacra anche ai cristiani e ai musulmani”.
Il pannello sugli Arabi-Israeliani li descriveva invece come “la più grande minoranza in Israele, che rappresenta il 20% della sua popolazione e gode degli stessi diritti di tutti gli altri cittadini che vivono sotto la legge di Israele”.
Infine, il pannello sul Sionismo definiva quest’ultimo come “il movimento di liberazione del popolo ebraico, che ha cercato di superare 1.900 anni di oppressione riguadagnando la propria autodeterminazione nella sua terra d’origine”.
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