Preoccupano i dati del rapporto Osserva Salute 2015, diffusi in questi giorni, secondo i quali per la prima volta in dieci anni in Italia si abbassa – seppur di poco – l’aspettativa di vita. Preoccupano le ragioni di questa flessione, che lo studio imputa in gran parte ai tagli operati negli ultimi anni che hanno impoverito l’offerta sanitaria ai cittadini, relegando l’Italia agli ultimi posti in Europa per le spese destinate alla prevenzione (il 4,1% della spesa sanitaria totale) mentre i Lea, i livelli essenziali di assistenza, non risultano applicati dovunque, in particolare nelle Regioni ancora alle prese con i piani di rientro dal deficit.
Da anni e non da oggi abbiamo sempre ribadito con forza che non si sono mai sviluppate con determinazione idee innovative di integrazione tra il pubblico e un privato non profit ormai maturo, che ha già dimostrato di saper creare un impatto sociale importante – commenta Raffaella Pannuti, presidente di Fondazione ANT – Mentre in poco più di quattro anni, tra il 2010 e il 2014, la spesa sanitaria pubblica passava da 112,5 miliardi a 110,5 parallelamente non si costruivano strategie per integrare le esperienze nate in seno alla società civile, senza neppure sfruttare il valore moltiplicatore che il volontariato ha in sé. Così, mentre il welfare tradizionale arretra, l’innovazione sociale tarda a decollare, frenata anche da autonomie locali che permettono ad ASL e Regioni di deliberare ognuna per sé, senza un disegno comune e omogeneo. Succede così che, mentre in alcune zone d’Italia esperienze non profit come la nostra sono convenzionate con il pubblico, producendo risparmi misurabili, in altre parti – come in Basilicata in questi giorni – si rinuncia ad esse, disperdendo un capitale umano ed economico cresciuto sul territorio.
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