Il Festival del Fundraising, il più grande evento in Italia sul tema della raccolta fondi, è giunto alla sua nona edizione: e quest’anno più che mai ha deciso di trascendere i confini nazionali. Durante i tre giorni della manifestazione, in programma l’11, il 12 e il 13 maggio presso l’Hotel Parchi del Garda a Lazise, si alterneranno personaggi di assoluto spessore, come Kumi Naidoo, storico direttore esecutivo di Greenpeace e protagonista per anni di battaglie ambientali; Alberto Cairo, dal 1989 nel Comitato Internazionale della Croce Rossa in Afghanistan; Yvette Alberdingk-Thijm, a capo di Witness.org, la nonprofit più influente d’America per quanto riguarda lo storytelling. Anche se l’ospite d’onore sarà sicuramente Abigail Disney, la nipote di Walt, il cui intervento, fissato per mercoledì 11 maggio alle ore 14:00, aprirà la nona edizione del Festival del Fundraising. La Presidente della Daphne Foundation e della Fork Films parlerà di fronte ad una platea di 750 fundraiser provenienti da tutto il mondo di come aumentare l’impatto sociale di una buona causa attraverso le immagini: e al termine della plenaria, alle ore 15:30, rimarrà a disposizione dei giornalisti.
Regista, produttrice, filantropa, attivista: difficile trovare una donna impegnata su più fronti! Tuttavia, molti si fermano al cognome: Disney. Com’è convivere con una tale eredità?
Molti potrebbero pensare sia un vantaggio, ma è stato anche un bel peso vivere nell’ombra di mio nonno, Roy, e di mio zio, Walt. Pensa che quando ero alla Columbia University, per non sembrare diversa dai miei compagni, una volta mi sono fatta lasciare dal taxi a 10 isolati di distanza! Forse è anche per questo che sono entrata nel mondo del cinema relativamente tardi: non volevo che le persone mi giudicassero solo attraverso il mio cognome. E anche quando ho deciso di fare cinema, sentivo sempre un livello di aspettative incredibilmente alto. Ma poi ho imparato a convivere con questa cosa, e ho pensato che la mia posizione potesse essere utile per fare qualcosa di significativo, per provare a cambiare le cose, per portare avanti i temi che mi stanno più a cuore. Questo a volte mi ha portato a scontrarmi con la mia famiglia: non è un segreto che abbiano idee in generale più conservatrici delle mie. Ma a modo loro, hanno portato avanti i valori in cui credevano: esattamente come me.
Nella plenaria iniziale, che terrai assieme ad un’altra donna di successo, Yvette Alberdingk-Thijm, Executive Director di Witness.org, affronterai il tema dello storytelling. Perché questa scelta?
Nella nostra cultura odierna, enormemente influenzata da canali come Youtube e social media come Facebook e Instagram, non c’è dubbio che essere capaci di raccontare una storia attraverso le immagini rappresenta “il nuovo fundraising”. Purtroppo la maggior parte delle nonprofit, sotto questo punto di vista, risulta ancora carente. Per questo ho pensato potesse essere utile parlare ad una platea di fundraiser europei di storytelling, mettendo a disposizione la mia esperienza non solo come Presidente della Daphne Foundation e della Peace is Loud, ma anche quella, più recente, da regista.
In cosa sbagliano, le nonprofit, quando si parla di storytelling?
Anche la più piccola organizzazione ha delle storie da raccontare: occorre saper riconoscere quali sono quelle che possono funzionare, e soprattutto come raccontarle. La diffusione dei social media sta cambiando radicalmente il modo in cui viene fatta raccolta fondi: noi fundraiser abbiamo il dovere di saperci adattare alla nuova realtà, così da ottenere più donazioni da destinare alla nostra buona causa e avere un impatto sociale maggiore. Mostreremo ad esempio il modo in cui il documentario che ho prodotto, Pray the Devil Back to Hell, ha avuto un impatto sulla legittimazione dei diritti delle donne in aree lontane dai riflettori dei media. Perché in fondo, cos’è il cinema se non l’arte di raccontare storie?
Durante la tre giorni del Festival del Fundraising, terrai anche un workshop su questo argomento. Cosa dobbiamo aspettarci?
Vogliamo trasformare il workshop in un momento altamente interattivo: non saliremo semplicemente in cattedra, chi desidera partecipare sarà coinvolto attivamente. L’obiettivo? Imparare a costruire una strategia media innovativa, di modo da curare e condividere le storie delle nostre nonprofit nella maniera più efficace. Cercheremo di focalizzarci su come sfruttare le grandi potenzialità dei diversi canali di diffusione, come le più nuove applicazioni per cellulare o le varie piattaforme media, per raggiungere il maggior numero di persone possibili. Andremo ad analizzare casi di successo, per comprendere come creare uno storytelling più stimolante, che spinga veramente chi guarda le nostre immagini all’azione.
I suoi interventi saranno sicuramente i più seguiti di quest’edizione del Festival: ma c’è qualche sessione che non vuoi proprio perderti?
Sinceramente, da filantropa e presidente di due organizzazioni nonprofit, non vedo l’ora di poter confrontare la mia esperienza con quella dei fundraiser europei. Sono molto curiosa del tavolo di discussione tenuto da Sharylin Hale Donne e Fundraising, visto che il tema dei diritti delle donne mi trova sempre in prima linea, o “Partners with Money”, condotta da Chris Carnie, che si focalizzerà sulle nuove fondazioni del mondo arabo: avendo prodotto un documentario come The Trials of Spring , sul ruolo delle donne nella Primavera Araba, è un tema che sento particolarmente vicino. E ancora la plenaria finale con Kumi Naidoo, storico direttore esecutivo di Greenpeace, la sessione “Avrei voluto pensarci io!” a cui parteciperanno rappresentanti di charity attive su scala mondiale come UNHCR e Oxfam, l’intervento di Simon Fedrigo di Unicef sul donor care… Penso proprio non ci sarà tempo per annoiarsi!
[…] Abigail Disney: “Vogliamo davvero cambiare le cose? Raccontiamo le nostre storie!” […]