“Nel corso della crisi, le micro imprese, quelle con meno di 10 addetti, sono anche riuscite a incrementare l’occupazione: 375mila posti di lavoro in più fra il 2011 e il 2015. Fra le spiegazioni vi è anche il ruolo delle piccolissime imprese nell’assorbire l’occupazione espulsa altrove, rappresentando uno sbocco occupazionale alternativo al lavoro alle dipendenze”. E’ quanto si legge in un documento sulle micro imprese presentato all’assemblea di Rete imprese.
“È questa la parte della struttura produttiva italiana che si è dimostrata più flessibile rispetto agli effetti della crisi e dove si sono concentrate le iniziative di microimprenditorialità da parte di molti lavoratori rimasti al di fuori dei circuiti produttivi”.
L’analisi sottolinea poi come “le nuove tecnologie richiederanno un aumento dell’istruzione e delle competenze della forza lavoro. Già nel corso degli anni passati la quota dei laureati nella struttura occupazionale delle Pmi italiane è decisamente aumentata con una crescita del 25 per cento dei laureati per il complesso delle Pmi, pari a 530 mila occupati in più nel 2015 rispetto al 2007″. Inoltre, “sebbene l’economia italiana presenti tuttora un gap molto ampio in termini di addetti alla ricerca e sviluppo rispetto alle maggiori economie, il segmento delle Pmi sta rapidamente colmando le distanze: il numero di addetti ha difatti registrato un incremento del 48 per cento, pari a circa 16mila addetti in più rispetto al 2007”. (Dire)
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