«Chiediamo che le sanzioni che toccano la vita quotidiana di ogni siriano siano immediatamente abolite»: questol’appello che religiose e religiosi siriani indirizzano ai parlamentari e ai sindaci d’Italia e d’Europa
In Italia, il Comitato Basta sanzioni alla Siria formato da attivisti di diversi gruppi sta diffondendo l’appello, sta facendo pressione sui politici e ha avviato una petizione che tutti i cittadini possono firmare, qui: https://www.change.org/p/parlamentari-sindaci-basta-sanzioni-alla-siria-e-ai-siriani.
Le sanzioni varate nel 2011 dal Consiglio d’Europa scadono alla fine di maggio 2016 e non devono essere rinnovate. Il loro impatto sulla popolazione è molto più grave di quello che si vuole far credere. Oltretutto, paradossalmente, qualche anno fa sono state sospese per le aree controllate dall’opposizione (ora in gran parte in mano all’Isis e ad Al Nusra/Al Qaeda).
La guerra e le sanzioni non lasciano altro scampo ai siriani che la fuga. Lo spiega l’appello di religiose e religiosi siriani, impegnati ogni giorno a soccorrere le popolazioni, i superstiti di Aleppo come i milioni di sfollati interni.
Per informazioni: 329-1534578; 347-3628674; 331-2053435
Qui di seguito l’appello dei religiosi siriani: Basta sanzioni alla Siria e ai siriani
Nel 2011 l’Unione Europea ha varato le sanzioni contro la Siria, presentandole come “sanzioni a personaggi del regime”, che imponevano al Paese l’embargo del petrolio, il blocco di ogni transazione finanziaria e il divieto di commerciare moltissimi beni e prodotti. Una misura che dura ancora oggi, anche se, con decisione alquanto inspiegabile, nel 2012 veniva rimosso l’embargo del petrolio dalle aree controllate dall’opposizione armata e jihadista, allo scopo di fornire risorse economiche alle cosiddette “forze rivoluzionarie e dell’opposizione”.
In questi cinque anni le sanzioni alla Siria hanno contribuito a distruggere la società siriana condannandola alla fame, alle epidemie, alla miseria, favorendo l’attivismo delle milizie combattenti integraliste e terroriste che oggi colpiscono anche in Europa. E si aggiungono a una guerra che ha già comportato 250.000 morti, oltre sei milioni di sfollati interni e oltre quattro milioni di profughi. .
La situazione in Siria è disperata. Carenza di generi alimentari, disoccupazione generalizzata, impossibilità di cure mediche, razionamento di acqua potabile, di elettricità. Non solo, l’embargo rende anche impossibile per i siriani stabilitisi all’estero già prima della guerra di spedire denaro ai loro parenti o familiari rimasti in patria. Anche le organizzazioni non governative impegnate in programmi di assistenza sono impossibilitate a spedire denaro ai loro operatori in Siria. Aziende, centrali elettriche, acquedotti, reparti ospedalieri sono costretti a chiudere per l’impossibilità di procurarsi un qualche pezzo di ricambio o benzina.
Oggi i siriani vedono la possibilità di un futuro vivibile per le loro famiglie solo scappando dalla loro terra. Ma, come si vede, anche questa soluzione incontra non poche difficoltà e causa accese controversie all’interno dell’Unione europea. Né può essere la fuga l’unica soluzione che la comunità internazionale sa proporre a questa povera gente.
Così sosteniamo tutte le iniziative umanitarie e di pace che la comunità internazionale sta attuando, in particolare attraverso i difficili negoziati di Ginevra, ma in attesa e nella speranza che tali attese trovino concreta risposta, dopo tante amare delusioni, chiediamo che le sanzioni, che toccano la vita quotidiana di ogni siriano siano immediatamente sospese. L’attesa della sospirata pace non può essere disgiunta da una concreta sollecitudine per quanti oggi soffrono a causa di un embargo il cui peso ricade su un intero popolo. Non solo: la retorica sui profughi che scappano dalla guerra siriana appare ipocrita se nello stesso tempo si continua ad affamare, impedire cure, negare acqua potabile, lavoro, sicurezza, dignità a chi rimane in Siria.
Così ci rivolgiamo ai parlamentari e ai sindaci di ogni Paese affinché l’iniquità delle sanzioni alla Siria sia resa nota ai cittadini dell’Unione Europea (oggi assolutamente ignari) e diventi, finalmente, oggetto di un serio dibattito e di conseguenti deliberazioni.
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