Il presidente onorario dell’associazione culturale “Ambasciatori della fame”, Geremia Mancini, riscopre, nei suoi studi, uno dei figli d’Abruzzo emigrati dimenticati. Si tratta di Salvatore Presutti nato a Pratola Peligna (L’Aquila) il 5 agosto del 1889 da papa’ Rocco e mamma Giovanna. Sin da bambino si mostro’ assai vivace ed intraprendente. Ma la famiglia non navigava nell’oro e allora il padre decise, nel 1903, di mandarlo da un cugino che viveva, da qualche anno, in America. Per anni Salvatore raccontera’ di quel viaggio che significo’ per lui l’addio, per sempre, ad affetti e cose di quella terra’ che lui amera’ per sempre: l’Abruzzo.
L’ultimo abbraccio a Napoli con i suoi genitori, il viaggio sul Piroscafo “Nord America” e infine l’arrivo ed Ellis Island. I primi tempi furono assai duri. Per lui inizio’ e da subito la conoscenza con il duro lavoro, lustrascarpe, panettiere, fattorino e infine l’incontro con i mestieri che gli segneranno, in positivo, l’intera esistenza: cameriere e cuoco. Salvatore intanto aveva imparato, studiando presso una Chiesa cattolica, la nuova lingua e soprattutto aveva capito la realta’ di quella nazione che aveva iniziato ad apprezzare. Abile e veloce nel servire, socievole ed accattivante con i clienti divenne in breve il preferito. Lavoro’ anche sette giorni su sette pur di guadagnare di piu’. Gia’ sognava di aprire un proprio ristorante. Quando Salvatore ha oramai 20 anni – ricorda Mancini – l’anziano titolare di una “birreria” lo chiamo’ proponendogli ottimi guadagni. Per alcuni anni tutto ando’ per il meglio ma l’arrivo del proibizionismo fece crollare tutto. Provo’ a fare di quel locale un negozio di alimentari ma la cosa non funziono’. Rischio’ di finire nel giro del contrabbando. Ma poi decise, per fortuna, con i pochi risparmi e con l’aiuto della giovane moglie Rosina Gualtieri , sposata nel 1914, di aprire un ristorante tutto suo a Columbus , capitale dell’Ohio, nel popoloso e storico quartiere “Italian Village” .
Il ristorante prosegue Mancini – non poteva che portare il suo nome “Presutti’s Restaurant” e divenne, nel breve, il ritrovo dell’ intera comunita’ di italo-americani. Successivamente lo sara’ per tutti. Una meta imprescindibile per chiunque volesse gustare l’ottima cucina dei Presutti. Salvatore si attrezzo’ per importare direttamente dall’Italia i migliori prodotti: olio, vino, formaggi e persino i famosi confetti di Sulmona. Negli anni Trenta fu necessario avere un locale piu’ ampio e la famiglia decise di sacrificare la propria casa. Cosi’ il ristorante divenne il “Presutti’s Villa”: con ampi saloni, un grande bar, una cucina super attrezzata e un vasto ed accogliente giardino. Salvatore e Rosina conobbero finalmente la meritata agiatezza. Entrambi erano proverbialmente generosi e non mancarono mai di offrire pasti gratuiti ai piu’ bisognosi o di rifornire le mense dei poveri. Divennero cosi’, per tutti, “Papa’ Salvatore” e Mamma Rosina”.
Nel ristorante negli anni passarono celebri attori, grandi sportivi e potenti personaggi dell’imprenditoria e della politica. Per tutti era “Il Principe in cucina” (questa definizione gli fu consegnata dal sindaco di Columbus James J. Thomas). Il celebre attore Bob Hope degli “spaghetti fatti in casa” di Mamma Rosina disse: “un giorno spero di trovarli anche in paradiso”. Durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale l’animo di Salvatore e Rosina fu molto combattuto. Da una parte il loro primo figlio Alfred Rocco e dall’altra i figli dei loro parenti rimasti in Italia. Passata la guerra il ristorante continuo’ ad essere meta privilegiata di avventori che venivano da ogni parte. Alla fine degli anni Cinqunata il “mitico” golfista Arnold Palmer divenne un assiduo frequentatore del “Presutti’s Villa”.
La sala del caminetto, dove il loquace Salvatore si intratteneva con i clienti, era riservata solo a pochi intimi. Negli anni i Presutti, padre e figli, furono chiamati a far parte di varie ed importanti associazioni, fondazioni e consigli di amministrazione. Il “Presutti’s Villa” e i loro proprietari erano oramai una vera istituzione. Nel 1963 mori’ “Mamma Rosina” e Salvatore dira’: “Senza di lei nulla sara’ piu’ come prima”. Dodici anni dopo, il 15 novembre del 1975, mori’ anche Salvatore. Fu ritrovato sulla sua poltrona, accanto al caminetto, con nelle mani il libro a lui dedicato “Passage to America” scritto da Michael Harden. Il ristorante gli sopravvisse per poco. Nel 1981 un violento incendio mando’ in fumo tutto.
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