Le donne sono un caso di resilienza e di resistenza nelle aree rurali, ma anche le interpreti di un’agricoltura che guarda al futuro, avendo saputo coniugare nel tempo la multifunzionalità con la tutela delle tradizioni. Il loro apporto per la tenuta del settore è decisivo, così come la funzione di “sentinelle” del territorio. Oggi le aziende agricole a guida femminile sono quasi mezzo milione, vale a dire oltre il 30% del totale: di queste 6 su dieci sono radicate nel luogo d’origine, dove hanno sviluppato l’attività agricola creando occupazione e salvaguardando al contempo sapori e culture locali. E’ quanto è emerso nel corso dell’iniziativa “Insieme alle donne per il bene comune: dalla salvaguardia al recupero dei territori”, organizzata all’Orto Botanico di Roma da Donne in Campo-Cia, alla presenza del viceministro alle Politiche agricole Andrea Olivero.
Il settore primario, quindi, si conferma per l’universo femminile un “campo” fertile per fare impresa: il 10% circa del totale delle imprenditrici oggi opera in questo settore, a fronte di una quota che tra gli uomini si ferma al 6,6%, e si stima che da qui al 2020 le donne saranno alla guida del 40% delle imprese agricole. Inoltre, nelle aziende “rosa” la multifunzionalità si concretizza negli ambiti più creativi: le fattorie didattiche (33,6%), gli agriturismi (32,3%), le attività ludiche e sociali (31,1%), la trasformazione dei prodotti (29,2%), la produzione di energia verde (16,3%). Con il risultato che i ricavi sono più alti in media del 15% rispetto alle imprese a conduzione maschile. “Le donne, insomma, sono sempre più protagoniste e costituiscono un anello particolarmente forte del tessuto economico del Paese -ha spiegato la presidente di Donne in Campo Mara Longhin-. Non solo, offrono risposte concrete alla sempre più accentuata carenza di welfare. Risposte come gli agri-asili, le fattorie didattiche e quelle sociali che includono persone disabili, anziani e migranti. In questo modo mantengono vive comunità rurali curando la terra e il paesaggio, rammendando il tessuto sociale, recuperando e difendendo la biodiversità”. L’Italia infatti -è emerso durante l’evento di Donne in Campo della Cia- custodisce tra le pieghe del paesaggio rurale un patrimonio di biodiversità fatto di sapori unici e inimitabili, spesso inscindibili dal territorio: si tratta degli oltre 5.000 prodotti agroalimentari tradizionali, che per volumi ed estensione territoriale non rientrano nei parametri delle Dop e delle Igp, ma che rappresentano la storia e la spina dorsale dell’agroalimentare italiano. Ma di queste migliaia di specialità della terra, 1 su 4 rischia l’estinzione.
Dalla castagna “ufarella” del casertano al formaggio “rosa camuna” della Valcamonica, dalla fava di Leonforte dell’ennese al sedano nero di Trevi, dalla pera “cocomerina” alle mille varietà di grani antichi: produzioni ignorate dai canali ufficiali della Gdo e anche più vulnerabili di fronte alla minaccia del consumo di suolo. Eppure, queste antiche specialità diventano l’impegno e il fiore all’occhiello dell’attività femminile in agricoltura: un vero e proprio ruolo di “custodia” e “bioresistenza” che si traduce in opportunità economica con l’Agricatering delle Donne in Campo, ovvero l’offerta di servizi di catering a filiera corta, dove tutto nasce direttamente dal lavoro nei campi senza intermediazioni valorizzando i prodotti locali e di stagione e le ricette antiche. “Abbiamo bisogno di una triplice sostenibilità: ambientale, economica e sociale -ha affermato il viceministro alle Politiche agricole Andrea Olivero- e l’imprenditoria femminile è davvero una delle basi fondamentali da cui partire per raggiungere questo obiettivo. La sfida della sostenibilità è prioritaria e le donne la sostengono con un lavoro che è culturale da un lato e pratico dall’altro. Nella convinzione che l’agricoltura, e l’agricoltura sostenibile, porta benefici non solo a se stessa ma a tutti”. “Le donne sono un’enorme risorsa per il settore e uno dei driver vincenti per lo sviluppo, la tenuta e la crescita del Paese -ha concluso il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Il loro sempre maggior coinvolgimento nel mondo del lavoro è indispensabile. Anche perché le donne dimostrano, nei numeri, di saper fare impresa. E di saperlo fare bene”.
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