La Commissione europea può obbligare gli Stati membri a rimuovere tutte le piante potenzialmente infettate dal batterio Xylella fastidiosa, ancorché non presentanti sintomi d’infezione, qualora esse si trovino in prossimità delle piante già infettate. Questa misura è proporzionata all’obiettivo di protezione fitosanitaria nell’Unione ed è giustificata dal principio di precauzione, tenuto conto delle prove scientifiche di cui la Commissione disponeva al momento della sua adozione. Lo stabilisce una sentenza, nell’ambito di un procedimento accelerato, della Corte di giustizia dell’Unione europea del Lussemburgo.
La direttiva 2000/29 1 mira a garantire un elevato livello di protezione fitosanitaria contro l’introduzione di organismi nocivi nell’Unione, tra i quali la Xylella fastidiosa, batterio osservato per la prima volta in Europa nel 2013 su piante di olivo in Puglia.
Nel 2015, la Commissione europea ha adottato una decisione con la quale essa ha imposto agli Stati membri l’obbligo di procedere alla rimozione immediata delle piante ospiti del batterio Xylella,indipendentemente dal loro stato di salute, se situate in un raggio di 100 metri attorno alle piante infettate da tale batterio. Decisione che non prevede, di per sé, un regime di indennizzo. Il Servizio Agricoltura della Regione Puglia ha ordinato a diversi proprietari di uliveti nella provincia di Brindisi di abbattere gli ulivi infettati dal batterio Xylella, nonché tutte le piante ospiti – ancorché non presentanti sintomi di infezione da tale batterio – situate in un raggio di 100 metri attorno agli ulivi infetti. Investito della controversia, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) ha sospeso l’ordine di rimozione delle piante situate in prossimità degli ulivi infetti e ha interrogato la Corte di giustizia in merito alla validità della decisione della Commissione in rapporto al diritto dell’Unione. Con la sua sentenza odierna la Corte Ue conferma la validità della decisione della Commissione in rapporto alla direttiva, letta alla luce dei principii di precauzione e di
La Corte precisa, anzitutto, che l’obbligo di rimuovere “immediatamente” tutte le piante ospiti in un raggio di 100 metri attorno alle piante infette “non è in contraddizione con l’obbligo di eseguire un opportuno trattamento fitosanitario, comportante, ‘se del caso’, la rimozione della pianta”. Tale trattamento preliminare riguarda, infatti, “non la pianta in se stessa, bensì gli insetti ‘vettori’dell’infezione batterica e mira a limitare il rischio della diffusione di questi ultimi al momento della successiva rimozione della pianta”.
La Corte Ue sottolinea, inoltre, che, “sebbene i pareri scientifici non abbiano dimostrato l’esistenza di un sicuro nesso causale tra il batterio Xylella e il disseccamento rapido degli ulivi, risulta però da questi stessi pareri che esiste una correlazione significativa tra tale batterio e la patologia di cui soffrono gli olivi”.
Il principio di precauzione “può dunque giustificare l’adozione di misure di protezione, come la rimozione delle piante infette, e ciò quand’anche sussistano incertezze scientifiche al riguardo“. I dati scientifici hanno inoltre “evidenziato che la diffusione della Xylella dipende essenzialmente da alcune piccole cicale, la cui distanza di volo è limitata, in media, ad un centinaio di metri, e che le piante recentemente contaminate possono essere esenti da sintomi”. Tenuto conto di tali dati scientifici, “l’obbligo di rimozione delle piante ospiti situate in un raggio di 100 metri attorno ad una pianta infetta risulta una misura appropriata e necessaria per evitare la diffusione del batterio”.
Allo stesso modo, la Corte Ue considera che “la rimozione delle piante ospiti situate in prossimità delle piante infette è rigorosamente proporzionata all’obiettivo di protezione fitosanitaria perseguito”. Da un lato, tale misura “fa seguito all’adozione da parte della Commissione, nel 2014, di misure meno gravose che non hanno consentito di impedire la propagazione del batterio nella parte settentrionale della provincia di Lecce”. Dall’altro lato, “la Commissione ha rinunciato ad imporre la rimozione delle piante ospiti situate in prossimità delle piante infette in presenza di alcune circostanze, ossia quando, come nel caso della provincia di Lecce, l’eradicazione del batterio Xylella non è più possibile”. Inoltre, “l’adozione di misure meno gravose non risulta possibile, in quanto non esiste attualmente alcun trattamento che consenta di guarire in campo aperto le piante infette”. Tuttavia, la Corte evidenzia che, “se la situazione dovesse evolvere nel senso che, sulla scorta di nuovi dati scientifici pertinenti, l’eradicazione del batterio non richiedesse più di procedere alla rimozione di tutte le piante ospiti situate in prossimità delle piante infette, la Commissione dovrebbe modificare la propria decisione al fine di tener conto di tale evoluzione scientifica”. Infine, la Corte del Lussemburgo sottolinea che “il semplice fatto che né la direttiva né la decisione della Commissione prevedano un regime di indennizzo dei proprietari degli ulivi abbattuti non significa che il diritto all’indennizzo sia escluso”. Infatti, il rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione “potrebbe, in alcune circostanze, imporre il pagamento di una ‘giusta indennità’”. La decisione della Commissione “non può dunque essere considerata invalida per tale ragione”. (Dire)
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