Gianni Pittella, 58 anni, è deputato europeo dal 1999. Vicepresidente dell’Europarlamento per 5 anni e ora Presidente del gruppo parlamentare dei socialisti e democratici all’Europarlamento. Il gruppo S&D è l’unico che può contare su componenti che provengono da tutti i 28 Paesi dell’Unione. In questi giorni la vicenda Brexit è al centro dell’attenzione politica e delle borse di tutto il mondo. Siamo partiti da questo argomento nell’intervista esclusiva che ci ha rilasciato.
Brexit, il voto si sta avvicinando e le borse crollano. Paura giustificata?
Sicuramente il timore che ci sia una scelta per la Brexit non fa bene, non aiuta né l’economia né la società europea perché l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea rappresenta un colpo negativo per l’Europa ed è un disastro per i britannici.
Che posizione portano i partiti italiani in Ue. Ad esempio M5s è favorevole alla Brexit?
Sinceramente non ho letto dichiarazioni di deputati e colleghi dei 5 Stelle sul tema, ma il fatto che siano nel gruppo di Farage – che è il principale sostenitore della Brexit – la dice lunga su una posizione che mi sembra in contrasto poi con il lavoro che i colleghi 5 Stelle portano avanti in sede europea, spesso convergente con il nostro.
Nigel Farage ha dichiarato “Grillo e io faremo saltare questa Europa dominata da Berlino” in un’intervista che ha suscitato clamore, che ne pensa ?
È farcita di falsità e ipocrisia. La prima falsità si riferisce al tema dei migranti come veicolo del terrorismo. È una falsità dimostrata dai numeri e dalle prove. La seconda falsità riguarda il pericolo rappresentato dai migranti rispetto ai posti di lavoro britannici ed europei. Anche questo non è vero. Viviamo in una società in forte calo demografico e non sono i migranti a toglierci i posti di lavoro. Anzi, a volte tendono a occupare posti che implicano lavori rifiutati dai nostri giovani. La terza falsità riguarda il danno che avrebbe fatto l’Euro ai Paesi mediterranei dell’Europa. L’Euro non è stato il problema. Caso mai si è verificata la mancanza di un governo economico dell’Europa. La soluzione non è distruggere ma costruire una nuova governance economica, fiscale e monetaria.
Muri, Brexit e difficoltà di collocamento dei migranti nei Paesi dell’Unione. Cresce l’insofferenza e, in alcuni casi, la Destra estrema. Quanto è preoccupato il Governo di Bruxelles?
Certamente siamo preoccupati perché le spinte disgregatrici possono portare a un forte indebolimento delle istituzioni comunitarie quindi a non risolvere i problemi. Rispetto delle situazioni che sono sul tavolo, dal governo dei flussi migratori al superamento della crisi economica, alla costituzione di una vera agenda sociale per i cittadini europei, c’è chi, come noi, punta a dare soluzioni concrete, spesso scontrandoci con alcuni Governi che sono recalcitranti (penso quelli dell’Est europeo) e c’è chi invece punta al massacro, alla disgregazione e alla costruzione di macerie. Cosa sarebbe l’Europa oggi senza il collante istituzionale che rappresenta l’Unione Europea? E’ certamente correggibile ma altrettanto certamente essenziale per tenere in piedi una realtà che – non dimentichiamolo mai – è stata caratterizzata da conflitti sanguinari al suo interno e che finalmente, grazie all’Unione Europea, ha trovato un lungo periodo di pace e di armonia.
Cosa pensa del Parlamento europeo e dei suoi burocrati? Non si esagera con restrizioni e regolette mentre, ad esempio, il piano Junker è ancora in alto mare?
Lei li chiama burocrati io preferisco chiamarli “civil servants”. Comunque, che ci sia un eccesso di burocrazia, non tanto nel Parlamento europeo, quanto nelle altre istituzioni europee, è vero ed è un problema che cerchiamo di risolvere. Lo stesso Junker si muove per migliorare la situazione. Per questo stiamo lavorando insieme tra Parlamento, Commissioni e Consiglio per una migliore legislazione, una legislazione meno appesantita da regole e regolette.
Ma sulla burocrazia europea il sentire comune non è certo positivo…
Sì, ma sicuramente il punto non è quello della distruzione quanto quello del miglioramento. C’è una diversa risposta ai problemi. Sulla burocrazia c’è chi dice “poiché ce n’è tanta, sfasciamo tutto” e chi invece, come noi, cerca di andare verso una migliore regolamentazione, una legislazione più agevole e snella. L’obiettivo è quello di migliorare il rendimento dell’Unione Europea.
Sul piano Junker?
Le piace un’Europa a trazione tedesca, situazione che viene denunciata da più parti?
No, l’Europa non può essere a trazione né tedesca né francese né olandese. L’Europa deve essere un’istituzione trainata dallo sforzo congiunto di tutti gli attori statali nel loro complesso e quelli parlamentari. Il Parlamento europeo ha un ruolo decisivo. Nella realtà che viviamo, con 28 Paesi membri, pensare che ci siano uno, due o tre stati che facciano da motore è assolutamente sbagliato.
La Sinistra europea ha perso la strada? Che identità dovrebbe avere?
Noi abbiamo vissuto un lungo tempo nel quale, dopo il crollo del muro di Berlino e davanti a una globalizzazione senza precedenti ci siamo quasi seduti pensando che la globalizzazione e le forze del libero mercato potessero da sole risolvere i problemi. E’ stato un grave errore, non abbiamo saputo ridefinire quel compromesso socialdemocratico che invece aveva garantito alle forze socialiste progressiste in Europa un saldo rapporto con i cittadini. Dobbiamo partire dai più deboli, perché sono le persone più esposte alle conseguenze negative della globalizzazione. E difendere i valori dell’uguaglianza, equità, solidarietà, della giustizia e della difesa – senza se e senza ma – dei diritti dei cittadini, e anche dei migranti.
E il partito democratico a Bruxelles?
Il partito democratico è una grande, forse la più grande novità degli ultimi anni e il suo ingresso nel partito socialista europeo ha dimostrato come quest’ultimo si rafforzi nel momento in cui amplia i suoi confini e supera l’ortodossia tradizionale socialdemocratica. Ci sono altri riformismi – come quello cattolico o ambientalista – che, a pieno titolo, possono far parte della famiglia del socialismo europeo, già ne fanno parte e possono ancora farne parte.
Lei alle primarie per la segreteria del Pd si è candidato. Ha vinto Renzi e poi è andato al Governo. Che bilancio per il Pd?
Il partito democratico ha dimostrato di avere una leadership reale e vera. È l’unico partito italiano organizzato democraticamente. Certo c’è sempre la possibilità di migliorare e io sono convinto che i dirigenti nazionali del partito democratico vorranno farlo anche con un miglior radicamento sul territorio, anche attraverso decisioni che riguardano alcune realtà in cui si è manifestata un’inadeguatezza. Come Napoli ad esempio e come in altri territori. Ma non c’è dubbio che il partito democratico rappresenti una forte innovazione nel sistema politico e uno strumento democratico essenziale anche per sostenere la grande opera riformatrice che sta portando avanti il governo Renzi.
Sta parlando anche di riforma costituzionale e di referendum?
Sì, l’Italia è chiamata a dare una risposta che io mi auguro sia fortemente positiva a una vera scommessa innovatrice rivoluzionaria come la riforma costituzionale con il referendum. Bisognerà rispondere alla domanda: vogliamo una riforma che modernizza il Paese, che fa spendere meno al Paese, che velocizza il processo legislativo? Mi aspetto una valanga di sì. Renzi ha avuto il grandissimo merito di aver portato avanti una riforma che ad altri non è riuscita. Finalmente qualcuno ha deciso di metterci la faccia e di rischiare sulla propria pelle per dare all’Italia quella riforma storica che mancava.
All’interno del Pd non manca però l’opposizione. La Sinistra Dem sul referendum non è affatto tenera…
Bisogna tentare in ogni modo di lavorare unitariamente. Nella minoranza Pd ci sono atteggiamenti che francamente sanno di pregiudizio. Il fatto che ci sia una dialettica è un fatto normale e di arricchimento. Se però la dialettica è alimentata da un pregiudizio, si svolge un ruolo negativo che danneggia la capacità complessiva del partito democratico.
Come vede le elezioni amministrative da Bruxelles?
Non sono concluse, aspettiamo il secondo turno. Per ora ci sono luci e ombre. Ci sono stati centinaia di Comuni conquistati direttamente dal partito democratico o con coalizioni, ma ci sono state anche alcune defaillance come Napoli. Ma complessivamente non c’è dubbio che la consistenza del partito democratico non sia venuta meno.
Dario Tiengo© tribunapoliticaweb.it
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