In Nigeria quattro donne sono state sgozzate dai miliziani di Boko Haram in un villaggio del nord-est. E’ accaduto venerdì intorno alle 19, ma solo oggi ne dà notizia il portale africano ‘Jeune Afrique’, secondo il quale le vittime – tra i 27 e i 45 anni – sono state raggiunte nelle proprie case da una quindicina di miliziani, e uccise a sangue freddo perchè i loro mariti si erano rifiutati di unirsi alle file dei jihadisti. I quattro uomini erano inoltre sospettati di lavorare come informatori per le autorità locali. La notizia arriva nel giorno in cui sulla stampa nigeriana appare il rapporto annuale diffuso dall’Ufficio statunitense per l’antiterrorismo e il contrasto all’estremismo violento, in cui si fa il punto anche sulla lotta a Boko Haram da parte della Nigeria e degli altri paesi del Sahel: Ciad, Niger e Camerun. Il quadro descritto in riferimento al 2015 non è roseo: sebbene molti territori siano stati sottratti al controllo dei miliziani, “attraverso attacchi continui e non coordinati” dei diversi eserciti coinvolti, emerge tuttavia che questa minaccia “ancora non e’ stata sconfitta”.
“Le forze militari regionali hanno realizzato molti progressi nel 2015 nel deteriorare la capacità di controllo del gruppo sul territorio, soprattutto in seguito alle elezioni del Presidente nigeriano Buhari. A questo però, Boko Haram ha risposto intensificando gli attacchi asimmetrici”, ossia gli atti di terrorismo: rapimenti, uccisioni, attacchi bomba – ricorrendo anche ai bambini kamikaze – che prendono di mira sia i civili che i militari, e che secondo ‘Jeune Afrique’ hanno causato migliaia di morti e feriti, e oltre 2 milioni e mezzo di rifugiati. Il principale punto debole individuato dal rapporto risiede nella cooperazione tra i diversi servizi di intelligence, definita “inadeguata“, e lo scambio di informazioni, “troppo limitato”, a fronte di un “esteso” lavoro di coordinamento tra i ministeri e le agenzie per l’antiterrorismo. Oltre a questo, l’Ufficio americano suggerisce al governo nigeriano la necessità di dotarsi di strumenti legislativi più efficaci, di rafforzare il controllo delle frontiere, di intensificare la lotta alla corruzione e migliorare la gestione delle risorse finanziarie. Si lamenta infine l’assenza di un database coi dati biometrici dei terroristi e di un programma di formazione specifico per i magistrati chiamati a giudicare questo tipo di reati, soprattutto alla luce della Legge sul terrorismo del 2011. Questa consiste in un pacchetto di misure che, tra le altre cose, prevede anche la pena di morte per chi commette i crimini più efferati. (Dire)
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