Il 3 giugno si è tenuta a Parigi una riunione in vista della Conferenza Internazionale sul Medioriente che proprio la Francia sponsorizza da mesi con l’aperto sostegno della Palestina. Le ragioni dietro a questa iniziativa le ha ricordate il Ministro degli Esteri francese, Jean-Marc Ayrault: “le speranze per una ‘soluzione dei due Stati’ sono in serio pericolo”, per questo “dobbiamo agire, urgentemente”.
Alla discussione hanno partecipato rappresentanti del Quartetto per il Medioriente, della Lega Araba e di oltre 20 Stati. Non erano presenti né i palestinesi, che hanno però definito quello del 3 giugno “un passo molto significativo”, né gli israeliani, che l’hanno aspramente criticato, sostenendo che “servirà solo a irrigidire le posizioni dei palestinesi, allontanando le prospettive di pace”. In particolare, il Ministero degli Esteri israeliano avrebbe accusato la comunità internazionale di cedere così alla volontà del Presidente palestinese Abu Mazen, consentendogli di sfuggire a negoziati bilaterali con Israele.
Ce ne sono stati molti di questi negoziati a partire dai primi anni 90. Sono tutti andati a finire male, l’ultima volta nell’aprile 2014, per l’indisponibilità di Israele a mettere in discussione la sua politica d’occupazione. Ayrault ha assicurato che obiettivo di questo mese è quello di “identificare garanzie per la sicurezza ed incentivi economici tali da incoraggiare una ripresa dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi entro il 2016”. Il Presidente Hollande ha invece insistito che la minaccia rappresentata dalle guerre in Medioriente rende la soluzione di questo conflitto ancora più urgente. Secondo Hollande, non fare niente sarebbe gravissimo, perché “la violenza è diffusissima, mentre la speranza diminuisce”. Per questo, il comunicato rilasciato alla fine della riunione ha ribadito che lo status quo non è più sostenibile, indicando nell’espansione degli insediamenti israeliani una fonte di grande preoccupazione, e rilanciando l’Iniziativa di Pace Araba che prevede il ritiro di Israele dai territori occupati nel 1967.
II – La posizione dell’Italia
Il Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, era a Parigi. L’Italia ha interpretato questa iniziativa con l’obiettivo di “rilanciare il sostegno internazionale alla soluzione a due Stati”, sostenendo che “il contenzioso israelo-palestinese, in stallo da alcuni anni, rischia di passare in secondo piano nel contesto geopolitico regionale attuale in cui l’emergenza terrorismo di matrice jihadista appare come la priorità della comunità internazionale. In quest’ottica, la ministeriale di Parigi si propone di far avanzare una riflessione condivisa, onde spingere le Parti a riavviare il percorso negoziale”.
Il Ministro degli Esteri ha voluto “rassicurare Israele che qui nessuno sta mettendo in piedi un meccanismo per imporre dall’esterno la pace alle due parti: la pace va fatta tra Palestina e Israele, oggi c’è uno stallo, a questo stallo cerchiamo di porre rimedio con un impegno della comunità internazionale”. Gentiloni ha osservato che “negli ultimi anni la situazione sul terreno si è aggravata (…) Naturalmente non ci nascondiamo le difficoltà, ci sono posizioni diverse, se si vuole arrivare a una conferenza di pace bisognerà fare dei passi avanti concreti nei prossimi mesi. Non saranno passi semplici da portare avanti”.
III – La fiducia dei palestinesi
Secondo Saeb Erekat, Segretario del Comitato Esecutivo dell’OLP e Negoziatore Capo per la Palestina, “il solo fatto che 26 Paesi si siano incontrati a Parigi con l’Unione Europea, la Lega Araba e le Nazioni Unite è un passo molto significativo”, che offre “una prospettiva più ampia” del moribondo tracciato bilaterale. “L’Iniziativa Francese è il barlume di speranza che la Palestina attendeva e ci fidiamo che fornisca una cornice chiara, con parametri definiti, per la ripresa dei negoziati”, ha dichiarato Erekat alla BBC, dicendosi d’accordo con il Presidente Hollande quando individua il problema da affrontare adesso: “se continuiamo a fallire con il processo di pace, se il governo di Israele continua con la politica degli insediamenti e l’imposizione di fatti compiuti, il giorno dopo sarà il giorno degli estremisti”.
In una dichiarazione ufficiale il leader dell’OLP ha insistito sulla necessità di un meccanismo che – entro limiti di tempo prefissati – metta fine all’occupazione israeliana cominciata nel 1967, e risolva concordemente al diritto internazionale tutte le questioni relative allo status ancora pendenti. “Siamo andati avanti per più di vent’anni con negoziati bilaterali con Israele, la potenza occupante, ma loro continuano a violare tutti gli accordi che abbiamo firmato. Anzi, in questo periodo il numero degli insediamenti illegali israeliani è aumentato da 200.000 a più di 600.000 unità. Non si può realizzare un futuro migliore per questa regione se il popolo palestinese non è trattato con dignità, eguaglianza e giustizia. La comunità internazionale ha la responsabilità di smettere di trattare Israele come uno Stato al di sopra della legge”. In quest’ottica, “l’approccio multilaterale dell’Iniziativa Francese è necessario a garantire un chiaro meccanismo di realizzazione e monitoraggio (…) Non si tratta di inventarsi niente, basta mettere in atto ciò di cui i palestinesi hanno pieno diritto. E’ necessario ormai da tempo che il popolo palestinese viva in libertà e sicurezza”.
IV – L’immediata rappresaglia d’Israele
E’ lo stesso Erekat a segnalare come, al di là delle dichiarazioni stizzite con cui ha accolto l’Iniziativa Francese, Israele abbia reagito mettendo un piede sull’acceleratore degli insediamenti con l’annuncio di nuove costruzioni a Ramat Shlomo, a Nord di Gerusalemme Est Occupata. Così facendo, ha detto il Negoziatore Capo per la Palestina, “Israele continua a boicottare la volontà del mondo insistendo con l’espansione delle colonie illegali nella Palestina Occupata. Questo è un insulto alla credibilità della comunità internazionale e ai suoi sforzi di raggiungere la pace e la sicurezza per i palestinesi, gli israeliani e l’intero Medioriente”. L’ultima approvazione del piano per le costruzioni nella capitale della Palestina, in barba al diritto internazionale e alle risoluzioni dell’ONU, serve, secondo Erekat, “a ricordare alla comunità internazionale che deve considerare Israele responsabile dei crimini che continua a commettere contro la terra e il popolo di Palestina”. Non è più accettabile, ha aggiunto il leader dell’OLP, “che i leader mondiali e soprattutto l’Unione Europea siano d’accordo a parole con la ‘soluzione dei due Stati’ mentre nei fatti continuano a garantire l’impunità di Israele”.
V – La distanza degli Stati Uniti
C’è da dire che nemmeno gli Stati Uniti hanno mostrato grande entusiasmo per l’Iniziativa Francese, che di fatto interromperebbe il monopolio della mediazione tra le due parti che Washington detiene da un paio di decenni. Il Segretario di Stato John Kerry ha infatti chiarito di aver deciso di assistere all’incontro di Parigi solo per ascoltare le idee della Francia e degli altri. L’intenzione era “di non portare nessuna proposta specifica”, non sapendo ancora se e quale ruolo avere nell’ambito di questa iniziativa, sul cui possibile esito, peraltro, gli USA non avrebbero un’opinione precisa.
I limiti dei negoziati bilaterali sponsorizzati dagli Stati Uniti derivano innanzitutto dalla disparità di condizioni tra le forze di occupazione e il popolo occupato.
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