“Sì. Serve una figura che si occupi del Pd a tempo pieno. E serve una direzione collegiale. Il partito è stato volutamente lasciato senza guida. Lo si ritiene non importante oppure si scarica su di esso la colpa quando le elezioni vanno male. È tutto puntato sul leader e il suo entourage, neanche collaboratori. Renzi non convoca la segreteria, che pure è un organo totalmente omogeneo. Si riunisce solo con un gruppo di suoi amici”. Lo dice Massimo D’Alema in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.
Renzi ha perso la sintonia con la base? “Con la base e con il Paese. Una parte molto grande dell’elettorato di sinistra non si riconosce nel Pd, non lo sente come proprio, non si mobilita. Ho fatto campagna elettorale, là dove mi hanno chiamato. Ho trovato anche qualcuno che diceva: non dovete disturbare Renzi, ma anche tanti con un sentimento di avversione. Lui non si è limitato a rottamare un gruppo dirigente; sta rottamando alcuni milioni di elettori”. “Ha mai seguito una direzione del Pd?- aggiunge- Sono momenti di propaganda. Il capo fa lunghi discorsi, cui seguono brevi dichiarazioni di dissenso; poi parlano una cinquantina di persone che insultano quelli che hanno dissentito. Non c’è ascolto, non c’è confronto. Non esiste la possibilità di trovare convergenze o accordi”.
ORFINI? FACCIO AUTOCRITICA, L’HO ALLEVATO MALE – A Roma il commissario del Pd è un suo allievo, Orfini. “Sono pronto all’autocritica: diciamo che l’ho allevato male… Da anni il Pd non mi chiede nulla, e all’improvviso apprendo dai giornali che dovrei fare un appello alla vigilia del voto per una causa palesemente disperata. E addirittura si riscopre che sono un ‘fondatore del Pd’”.
VOTERO’ NO A REFERENDUM – Al referendum di ottobre “voterò no. Troverò il modo di spiegare le ragioni di merito”. Le ragioni, aggiunge, “non sono molto diverse da quelle per cui votai no, nel 2006, alla riforma di Berlusconi. Che per certi aspetti era fatta meglio. Anche quella prevedeva il superamento del bicameralismo perfetto e la riduzione dei parlamentari. Ma riduceva anche i deputati. E stabiliva l’elezione diretta dei senatori; non faceva del Senato un dopolavoro. Sarebbe stato meglio abolirlo”. Ma se vince il No si apre una crisi di sistema. “E perché? Quando fu bocciata la riforma Berlusconi non si aprì alcuna crisi”. L’Italicum è incostituzionale? “Secondo me sì. Non sono un giudice costituzionale, ma la sentenza della Corte sollevava due questioni: il diritto del cittadino di scegliere il proprio rappresentante; e il carattere distorsivo del premio di maggioranza, quando è troppo grande. La risposta dell’Italicum è molto parziale e deludente. I sistemi ultramaggioritari funzionano quando i poli sono due. Ma quando sono tre, o quattro, perché nessuno può escludere che nasca un polo alla sinistra di Renzi, il ballottaggio diventa una roulette in cui una forza che al primo turno ha preso il 25% si ritrova con la maggioranza assoluta dei parlamentari; per giunta scelti dal capo. Occorre un ripensamento profondo di questo sistema”. (Dire)
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