Oltre il 40% delle sofferenze bancarie relative alle imprese è legato al mattone. Sul totale di finanziamenti concessi dagli istituti di credito e non rimborsati dalle aziende, pari a più di 156 miliardi di euro, oltre 63 miliardi si riferiscono infatti al settore delle attività immobiliari e a quello delle costruzioni. Le attività immobiliari pesano per oltre il 13% (20 miliardi) sui crediti deteriorati e le costruzioni per oltre il 27% (42 miliardi).
Nella classifica dei comparti che più faticano a rimborsare i finanziamenti alle banche figura poi l’industria (attività manifatturiere) col 23% (36 miliardi) e il settore auto (vendita e assistenza) col 17% (27 miliardi). Gli arretrati del settore agricolo “coprono” il 4% (6,2 miliardi), mentre i crediti deteriorati del turismo valgono il 3,8% (6 miliardi). Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il totale delle sofferenze delle aziende (imprese e imprese familiari) vale 156,7 miliardi, mentre il totale generale dei prestiti non rimborsati ammonta a 198,3 miliardi in crescita di 6,7 miliardi negli ultimi 12 mesi. “E’ un’emergenza sulla quale richiamiamo l’attenzione da anni e oggi, con una nuova tempesta sui mercati finanziari, sta di nuovo esplodendo. Non si perda tempo, servono sforzi da parte di tutti, anche con denaro pubblico, per risolvere il nodo delle sofferenze che è in prima battuta un problema del settore bancario, ma che in realtà rappresenta un ostacolo per le imprese soprattutto per accedere a nuovo credito” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia relativi ad aprile scorso, complessivamente le sofferenze che fanno capo alle aziende e alle imprese familiari valgono 156,7 miliardi. I prestiti non rimborsati legati al mattone ammontano complessivamente a 63,3 miliardi pari al 40,41% del totale: 3,4 miliardi sono riconducibili a imprese familiari (3,1 miliardi dalle costruzioni e 360 milioni da attività immobiliari) e 59,8 miliardi ad aziende (39,6 miliardi dalle costruzioni e 20,1 miliardi da attività immobiliari). Al comparto dell’agricoltura e della pesca, poi, fanno capo 6,2 miliardi di sofferenze (4,00% del totale): 3,3 miliardi sono di imprese familiari e 2,9 miliardi di aziende). Il settore delle estrazioni di minerali pesa per appena 469 milioni (0,30%) dei quali 17 milioni sono di imprese familiari e i restanti 452 milioni di aziende più grandi. Valgono 36,01 miliardi (22,97%), poi, le sofferenze delle attività manifatturiere con 1,7 miliardi a “carico” di imprese familiari e 34,2 miliardi di aziende maggiori. Le forniture di energia elettrica e gas valgono 654 milioni (0,42%), quelle di acqua e gestioni rifiuti 866 milioni (0,55%). Un peso rilevante è quello dell’automotive, con 26,9 miliardi di sofferenze (17,22%): si tratta dei concessionari di automobili e auto oltre che dell’assistenza post vendita con le imprese familiari che hanno arretrati per 3,9 miliardi e le aziende maggiori per 23,01 miliardi. Gli altri comparti: trasporto e magazzinaggio 3,8 miliardi (2,47%), turismo 6,06 miliardi (3,87%), informazione e comunicazione 1,9 miliardi (1,23%), attività professionali e scientifiche 3,5 miliardi (2,24%), noleggio e agenzie di viaggio 3,3 miliardi (2,15%).
Complessivamente, le rate dei finanziamenti non rimborsati sono passate dai 191,6 miliardi di aprile 2015 ai 198,3 miliardi di aprile 2016 (+3,52%) in aumento di 6,7 miliardi; a gennaio scorso le sofferenze ammontavano a 202,05 miliardi. Nel dettaglio, la quota di crediti deteriorati che fa capo alle imprese è salita da 136,3 miliardi a 140,7 (+3,21%) in aumento di 4,3 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 35,5 miliardi a 37,4 miliardi (+5,16%) in salita di 1,8 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 416 milioni da 15,5 miliardi a 15,9 miliardi (+2,67%). Le “altre” sofferenze (Pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 4,07 a 4,1 miliardi (+2,95%) con 120 milioni in più. Le sofferenze nette sono passate da 82,2 miliardi di aprile 2015 a 83,9 miliardi di aprile 2016 in aumento di 1,6 miliardi (+2,04%). Ad aprile 2015 le sofferenze corrispondevano al 13,64% dei prestiti bancari (1.405,8 miliardi), percentuale salita al 14,07% ad aprile scorso, quando i finanziamenti degli istituti erano passati a 1.409,8 miliardi. Rispetto alla fine del 2010 le sofferenze sono più che raddoppiate: in poco più di cinque anni, da dicembre 2010 ad aprile 2016, sono salite da 77,8 miliardi a 198,3 miliardi in salita di quasi 120 miliardi. A fine 2011 erano a 107,1 miliardi; alla fine del 2012 a 124,9 miliardi.
In 12 mesi giù di 16 miliardi i prestiti alle aziende, sale il credito al consumo di 21 miliardi. Parallelamente c’è la questione dei rubinetti del credito che faticano a riaprirsi. Lo stock dei finanziamenti al settore privato è lievemente cresciuto da aprile 2015 ad aprile 2016 di 4,8 miliardi (+0,34%): il totale dei prestiti è salito da 1.405,08 miliardi a 1.409,8 miliardi. Un risultato legato all’aumento delle erogazioni alle famiglie sostenute da una dinamica in forte accelerazione del credito al consumo, comparto salito di 21,8 miliardi in un anno da 60,9 miliardi a 82,7 miliardi (+35,91%): si tratta dei prestiti erogati per una finalità specifica, in particolare per l’acquisto di automobili, elettrodomestici, televisori, tablet, smartphone, computer, arredamento per la casa e viaggi. Lieve crescita anche per i mutui di 4,5 miliardi da 357,9 miliardi a 362,5 miliardi (+1,28%), mentre si registra un calo di 5,6 miliardi per i prestiti personali scesi da 179,5 miliardi a 173,9 miliardi (-3,15%). Complessivamente i finanziamenti alle famiglie sono saliti di 20,8 miliardi da 598,4 miliardi a 619,2 miliardi (+3,48%). Resta in generale negativo il quadro per le imprese che hanno visto calare i finanziamenti di 15,9 miliardi da 806,6 miliardi a 790,6 miliardi (-1,98%). Le aziende nell’ultimo anno hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di quasi tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 16,06 miliardi (-5,43%) da 296,03 miliardi a 279,9 miliardi e quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) di 15,5 miliardi (-4,13%) da 376,05 miliardi a 360,5 miliardi, mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni), in controtendenza, sono cresciuti di 15,6 miliardi (+11,61%) da 134,5 miliardi a 150,2 miliardi.
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