“In quanto rappresentanti del popolo italiano nel suo Parlamento, dobbiamo esprimere il nostro allarme per le crescenti minacce alla sopravvivenza delle organizzazioni indipendenti per i diritti umani in Egitto. In particolare, vi chiediamo con urgenza di rinunciare alla richiesta di congelamento dei beni in merito alla quale si attende la decisione di un giudice domenica prossima, 17 luglio, contro i difensori dei diritti umani Gamal Eid, Direttore dell’Arab Network for Human Rights Information (ANHRI); Hossam Bahgat, fondatore della Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR); Mostafa el-Hassan, Direttore dell’ Hisham Mubarak Law Center (HMLC);Bahey el-Din Hassan, Direttore del Cairo Institute for Human Rights Studies (CIHRS) e due impiegati del CIHRS; e Abd el-Hafiz Tayel, Direttore Esecutivo del Center for the Right to Education”. E’ quanto scrivono in una lettera inviata al presidente Egiziano Abdel Fattah el-Sisi, Pia Locatelli, presidente del Comitato Diritti umani della Camera e Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti umani del Senato.
“Questa procedura di congelamento dei beni – prosegue la lettera – segnata da molte irregolarità procedurali – è stata avviata da un giudice investigativo nella causa numero 173 del 2011, nota come la “causa sui fondi stranieri”, ed è un elemento chiave della crescente repressione dei gruppi egiziani indipendenti per i diritti umani dal 2015.
Ciò è allarmante, in particolare nella situazione in cui versa il vostro paese. Crediamo che in Egitto, come in Italia e ovunque, la crescente minaccia del terrorismo aumenti al contrario il bisogno vitale di una società civile libera e attiva, interlocutore capace di proporre riforme e proposte, e di giocare un ruolo cruciale per aiutare a stabilizzare l’Egitto e a rafforzare la sua sicurezza.
E invece purtroppo assistiamo a un approccio contrario, da parte del Ministro Egiziano della Solidarietà Sociale, del Procuratore della Repubblica e del Governo nel suo insieme. Siamo particolarmente turbati, fra l’altro, dal divieto di viaggio imposto nel corso del 2016 ad almeno 15 autorevoli difensori dei diritti umani egiziani, e dall’accanimento giudiziario nei confronti dello staff di molte organizzazioni per i diritti umani, attuato attraverso numerosi ordini di comparizione per interrogatori in merito alla causa numero 173. L’ordine di chiusura emesso contro Al Nadeem Centerfor Rehabilitation of Victims of Violence è stata un’altra misura particolarmente preoccupante, data la situazione dei diritti umani in Egitto.
In base all’articolo 75 della Costituzione Egiziana, per il quale “i cittadini hanno il diritto di formare organizzazioni non governative ed istituzioni su base democratica, che acquisiranno personalità legale a seguito di notifica”; dell’impegno assunto dall’Egitto nel 2015 di fronte al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, a conclusione della sua Revisione Periodica Universale; dell’articolo 22 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR) della quale l’Egitto è contraente; dell’articolo 13 della Dichiarazione ONU sui Difensori dei Diritti Umani, che l’Egitto ha sottoscritto nel 1998, e di altri impegni internazionali dell’Egitto, vi chiediamo di chiudere immediatamente la causa numero 173, abbandonando tutte le misure ad essa associate come il congelamento dei beni in discussione il 17 luglio.
Infine, ci appelliamo a voi perché cominci una nuova fase nelle vostre relazioni con la società civile in Egitto, e ci aspettiamo progressi positivi in merito alla annunciata revisione del quadro legale per le organizzazioni non governative, per quanto riguarda la registrazione e i fondi – ci auguriamo basata su un dialogo aperto e inclusivo con tutti gli attori coinvolti, incluse le organizzazioni indipendenti per i diritti umani”.
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